ROBIN HOOD FA CILECCA – LE NUOVE TASSE SBANDIERATE DA TREMONTI “COLPIRANNO” BEN POCO I COLOSSI DEL PETROLIO

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ROBIN HOOD FA CILECCA – LE NUOVE TASSE SBANDIERATE DA TREMONTI “COLPIRANNO” BEN POCO I COLOSSI DEL PETROLIO COME MORATTI E GARRONE – E ANCHE L’ENI PAGHERÀ SOLO 350 MILIONI SU 19 MILIARDI DI UTILE… Vittorio Malagutti per “L’espresso” Il nuovo allenatore dell'Inter José Mourinho può stare tranquillo. Il suo stipendio, 9 milioni l'anno, è salvo. Le tasse supplementari escogitate da Giulio Tremonti, improvvisamente a suo agio nei panni del Robin Hood nostrano, avranno l'effetto di un buffetto sui profitti dei petrolieri d'Italia. Quindi nessun sacrificio in vista (si fa per dire) per il mister portoghese, come ha invece suggerito ironicamente qualche giorno fa il ministro dell'Economia. Nei prossimi anni il patron nerazzurro Massimo Moratti riuscirà a mantenere senza troppi problemi il suo costoso giocattolo calcistico alimentato dalle raffinerie targate Saras. Va ancora meglio per i Garrone, quelli della Erg, padroni, tra l'altro, anche della Sampdoria di Antonio Cassano. Dall'alto del super incasso (1,35 miliardi) garantito dai russi della Lukoil per il 49 per cento dell'impianto di Priolo, la famiglia genovese può permettersi di guardare con un certo distacco le tasse supplementari annunciate mercoledì 18 giugno dal governo. Certo, i petrolieri protestano. Considerano le nuove imposte una misura iniqua. Addirittura una "patrimoniale mascherata" sulle scorte petrolifere aziendali, che d'ora in poi dovranno essere calcolate in modo da far emergere, anche ai fini fiscali, la rivalutazione innescata dal vertiginoso aumento del prezzo del greggio. In questo clima c'è perfino chi pronostica battaglie legali, perché lo Stato obbliga le aziende a mantenere una certa quota di riserve strategiche per poi tassarle pesantemente. Insomma, il copione viene rispettato fino in fondo. Il ministro diventa Robin Hood e gli imprenditori si lamentano. Come sottolinea lo studioso di problemi energetici Giancarlo Pireddu, da pochi giorni in libreria, insieme a Stefano Agnoli, con il volume 'Il prezzo da pagare', già alla fine del 2006 l'Authority per l'energia aveva deciso un taglio degli incentivi pubblici (Cip6) per la produzione di elettricità da fonti cosiddette assimilate (gli scarti di raffineria). Il provvedimento ha avuto un impatto vistoso, dell'ordine di qualche decina di milioni, nei conti 2007 di alcune aziende come la Saras, la Erg e l'Api dei Brachetti Peretti. All'epoca però non andavano ancora di moda le crociate contro i petrolieri e la notizia è passata quasi sotto silenzio. Adesso invece l'annuncio delle tasse di Tremonti ha fatto scalpore. Conti alla mano, però, sembra difficile parlare di stangata. Il nuovo metodo di calcolo delle scorte avrà effetto solo sulla cassa aziendale e non sulle poste di bilancio, e quindi sull'utile finale, che sono già costruite come vuole il ministro. Erg e Saras sarebbero quindi costrette a sborsare una somma compresa tra i 40 e 70 milioni di euro ciascuna. Per l'Eni il sacrificio in termini di maggiori esborsi potrebbe aggirarsi sui 350 milioni. Poi va considerata la stretta sull'Ires, l'imposta sul reddito delle società che, dopo il taglio a suo tempo introdotto dal governo Prodi, ora torna dal 27,5 al 33 per cento per i petrolieri e anche per i grandi produttori di energia elettrica. L'aumento dell'aliquota dovrebbe avere un impatto limitato sui conti di Erg e Saras, entrambe quotate in Borsa. L'azienda dei Garrone, che ha mandato in archivio il 2007 con profitti lordi per circa 300 milioni di euro, nella peggiore delle ipotesi potrebbe vedere aumentare la sua bolletta fiscale di una trentina di milioni, ovvero il 10 per cento circa del reddito. Per la Saras invece, che l'anno scorso ha fatto segnare utili lordi per 420 milioni, ci sarebbero da pagare all'Erario circa 20 milioni di euro, meno del 5 per cento sui ricchissimi profitti aziendali. Con i suoi 19 miliardi di utile operativo il gruppo Eni dovrebbe in teoria subire conseguenze pesanti per effetto dell'aumento dell'Ires annunciato da Tremonti. In realtà, il colosso petrolifero guidato da Paolo Scaroni è una multinazionale che paga in Italia solo 2,3 miliardi di tasse su un totale di 9,2 miliardi. Nel 2007 l'Ires pesava non più di 1,9 miliardi. Risultato: secondo molti analisti, il conto finale per l'Eni, su questa specifica imposta, non dovrebbe superare i 200 milioni. Poi c'è l'aumento delle royalty sulle estrazioni di greggio nazionale. Il nuovo balzello dovrebbe valere circa 150 milioni e colpisce solo il gruppo a controllo pubblico, perché Erg e Saras raffinano e commerciano petrolio, ma non lo estraggono. Alla fine, quindi, tra royalty e Ires l'azienda di Scaroni farebbe un sacrificio di 350 milioni. Non è una zavorra insopportabile, se si considera che l'utile netto consolidato ha superato i 10 miliardi di euro. Per ironia della sorte l'utile del 2007 è aumentato rispetto al 2006 proprio per effetto del minor carico fiscale. Adesso si torna indietro. Le tasse aumentano di nuovo. E c'è il rischio supplementare che l'Eni possa essere costretta a limare i dividendi per gli azionisti. Primo fra tutti lo Stato che, forte di una quota del 30 per cento sul capitale, ha appena incassato una supercedola da 1,4 miliardi. Come dire, la mano pubblica preleva più tasse, ma riceve meno dividendi. I privati invece, da Garrone a Moratti, sono in una botte di ferro, anzi, d'oro. Erg e Saras negli ultimi anni hanno garantito un flusso costante di decine di milioni nelle casse delle società di famiglia dei soci di comando. E queste ultime, a quanto risulta dagli ultimi bilanci, sono davvero a prova di fisco. L'accomandita dei Moratti l'anno scorso ha pagato 1,8 milioni di tasse su 90 milioni di profitti. E la San Quirico, finanziaria dei Garrone, nei conti del 2006, gli ultimi disponibili, è andata addirittura in credito con l'Erario per 1,5 milioni su un utile di 31 milioni. Il calcio ha fatto la sua parte. Le perdite della Sampdoria sono state trasferite alla capogruppo per alleggerire il carico fiscale. Dagospia 27 Giugno 2008

27/06/2008

Documento n.7380

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