CRACK MUTUI: LE COLPE DEI MEDIA NELLA CRISI GLOBALE
Il rischio e la disuguaglianza sociale, anzi, il rischio e il dominio, il rischio e il potere sono due lati della stessa medaglia. (da "Conditio humana" di Ulrick Beck Laterza, 2008 ? le colpe dei media nella crisi globale - giovanni valentini ( Repubblica, La del 11/10/2008 ) Stampa - Guida Pagina 34 - Commenti IL SABATO DEL VILLAGGIO LE COLPE DEI MEDIA NELLA CRISI GLOBALE GIOVANNI VALENTINI Dobbiamo fare autocritica, noi giornalisti in generale e quelli che si occupano di economia in particolare, ognuno per la propria parte di responsabilità nella crisi globale che sta investendo i mercati e soprattutto le casse o le tasche dei cittadini, lavoratori, contribuenti e piccoli risparmiatori. Autocritica per non aver denunciato abbastanza la "deregulation" selvaggia del capitalismo e la mancanza o carenza dei controlli; per non aver protestato con maggiore forza contro la deriva di una finanza avventurosa e spregiudicata; per non essere stati ancor più allarmisti e non aver messo in guardia i consumatori con sufficiente insistenza dai pericoli della "società mondiale del rischio", come la definisce l´autore citato qui sopra. Chi più chi meno, forse avremmo potuto e dovuto fare tutti qualcosa di più, in qualità di comunicatori professionali, commentatori ed esperti. Avremmo dovuto attaccare e criticare ancora di più. Alzare la voce. Mettere sotto accusa qualche "banchiere eccellente", invece di innalzarlo sul piedistallo della retorica e dell´agiografia. Anche noi, insomma, abbiamo le nostre colpe da assumerci. Eppure, dal fronte delle associazioni dei consumatori, non erano mancati i segnali di allarme e di avvertimento. Basta prendere - per esempio - il libro pubblicato nei mesi scorsi da Elio Lannutti, presidente dell´Adusbef e senatore dell´Italia dei Valori, intitolato "La Repubblica delle banche". Un saggio documentato e incisivo, quasi profetico, sui fatti e misfatti del sistema bancario italiano; una denuncia accorata contro gli inganni e i raggiri ai danni del popolo dei correntisti. Ma la colpa maggiore dell´informazione non attiene tanto al piano delle notizie, delle inchieste, delle analisi o dei commenti. Quanto alla sfera sociale e culturale, vale a dire al modello di sviluppo che il moderno sistema della comunicazione - e in primo luogo quello televisivo - generalmente propone e propina all´opinione pubblica. Un modello fondato sul consumismo esasperato, sull´edonismo ossessivo, sull´arricchimento facile, e quindi sul credito o meglio sull´indebitamento a breve e lungo termine. è questa la responsabilità principale dei mass media, per la quota che spetta loro nella crisi globale che stiamo attraversando. Quando la tv fa ingrassare i bambini, a forza di propagandare snack, merendine e quant´altro; promuove il mito della velocità e il vizio del bere, con gli spot spettacolari delle auto lanciate nel deserto o sui tornanti di montagna e con la pubblicità seducente dei superalcolici; istiga la volgarità e la violenza, con i film, telefilm, serial e reality show, allora i consumi e i costumi del pubblico risultano inevitabilmente condizionati dalla sua grande capacità di suggestione, di imbonimento e di persuasione occulta. E senza demonizzare una risorsa fondamentale per tutta l´informazione, non si può che fare appello al senso di responsabilità e autodisciplina di tutti coloro che operano nella comunicazione di massa. Altrettanto deve valere per il capitalismo e per il mercato. Questi sono i capisaldi della democrazia economica. Ma evidentemente occorrono regole più rigide, controlli e controllori più rigorosi, per evitare che gli "animal spirits" prevalgano sull´interesse collettivo, compromettendo il bene comune. Ha ragione questa volta Walter Veltroni a dire che la situazione attuale è colpa della destra e naturalmente non solo di quella italiana. E ancor più ha ragione Barack Obama ad accusare l´amministrazione Bush e la politica repubblicana per tutto ciò che sta accadendo negli Stati Uniti e nel mondo. La crisi globale è una disfatta per l´establishment che ha guidato l´America negli ultimi otto anni, subendo il terribile attacco alle due Torri e scatenando la guerra in Iraq. Nel saggio citato all´inizio, il sociologo Ulrich Beck - autore già nel 1986, l´anno del disastro di Chernobyl, di un altro libro intitolato "La società del rischio" - dedica una larga parte all´allarme ambientale su scala planetaria. "Il rischio mondiale - osserva - è il medium comunicativo non voluto, non intenzionale, obbligatorio in un mondo di contrasti inconciliabili, nel quale ognuno ruota intorno a se stesso". E aggiunge: "I pericoli che minacciano il mondo non guardano in faccia nessuno. Non conoscono confini, sovranità, autorità politica, potere". Ecco un altro terreno - quello dell´emergenza climatica e della difesa dell´ambiente - su cui i mass media hanno il dovere di fare ora quello che non hanno fatto, o non hanno fatto completamente, per prevenire e fermare lo tsunami economico-finanziario che travolge le nostre sicurezze e alimenta le nostre paure. Né allarmismi né catastrofismi, si potrebbe riassumere in uno slogan. Ma la lezione di questi giorni insegna che nel circuito della comunicazione c´è bisogno di segnali forti per sensibilizzare e mobilitare tempestivamente l´opinione pubblica, in modo da contrastare l´egoismo e la voracità degli speculatori. (sabatorepubblica.it) Il rischio e la disuguaglianza sociale, anzi, il rischio e il dominio, il rischio e il potere sono due lati della stessa medaglia. (da "Conditio humana" di Ulrick Beck Laterza, 2008 ? pag. 223) Pagina 34 - Commenti IL SABATO DEL VILLAGGIO LE COLPE DEI MEDIA NELLA CRISI GLOBALE GIOVANNI VALENTINI Dobbiamo fare autocritica, noi giornalisti in generale e quelli che si occupano di economia in particolare, ognuno per la propria parte di responsabilità nella crisi globale che sta investendo i mercati e soprattutto le casse o le tasche dei cittadini, lavoratori, contribuenti e piccoli risparmiatori. Autocritica per non aver denunciato abbastanza la "deregulation" selvaggia del capitalismo e la mancanza o carenza dei controlli; per non aver protestato con maggiore forza contro la deriva di una finanza avventurosa e spregiudicata; per non essere stati ancor più allarmisti e non aver messo in guardia i consumatori con sufficiente insistenza dai pericoli della "società mondiale del rischio", come la definisce l´autore citato qui sopra. Chi più chi meno, forse avremmo potuto e dovuto fare tutti qualcosa di più, in qualità di comunicatori professionali, commentatori ed esperti. Avremmo dovuto attaccare e criticare ancora di più. Alzare la voce. Mettere sotto accusa qualche "banchiere eccellente", invece di innalzarlo sul piedistallo della retorica e dell´agiografia. Anche noi, insomma, abbiamo le nostre colpe da assumerci. Eppure, dal fronte delle associazioni dei consumatori, non erano mancati i segnali di allarme e di avvertimento. Basta prendere - per esempio - il libro pubblicato nei mesi scorsi da Elio Lannutti, presidente dell´Adusbef e senatore dell´Italia dei Valori, intitolato "La Repubblica delle banche". Un saggio documentato e incisivo, quasi profetico, sui fatti e misfatti del sistema bancario italiano; una denuncia accorata contro gli inganni e i raggiri ai danni del popolo dei correntisti. Ma la colpa maggiore dell´informazione non attiene tanto al piano delle notizie, delle inchieste, delle analisi o dei commenti. Quanto alla sfera sociale e culturale, vale a dire al modello di sviluppo che il moderno sistema della comunicazione - e in primo luogo quello televisivo - generalmente propone e propina all´opinione pubblica. Un modello fondato sul consumismo esasperato, sull´edonismo ossessivo, sull´arricchimento facile, e quindi sul credito o meglio sull´indebitamento a breve e lungo termine. è questa la responsabilità principale dei mass media, per la quota che spetta loro nella crisi globale che stiamo attraversando. Quando la tv fa ingrassare i bambini, a forza di propagandare snack, merendine e quant´altro; promuove il mito della velocità e il vizio del bere, con gli spot spettacolari delle auto lanciate nel deserto o sui tornanti di montagna e con la pubblicità seducente dei superalcolici; istiga la volgarità e la violenza, con i film, telefilm, serial e reality show, allora i consumi e i costumi del pubblico risultano inevitabilmente condizionati dalla sua grande capacità di suggestione, di imbonimento e di persuasione occulta. E senza demonizzare una risorsa fondamentale per tutta l´informazione, non si può che fare appello al senso di responsabilità e autodisciplina di tutti coloro che operano nella comunicazione di massa. Altrettanto deve valere per il capitalismo e per il mercato. Questi sono i capisaldi della democrazia economica. Ma evidentemente occorrono regole più rigide, controlli e controllori più rigorosi, per evitare che gli "animal spirits" prevalgano sull´interesse collettivo, compromettendo il bene comune. Ha ragione questa volta Walter Veltroni a dire che la situazione attuale è colpa della destra e naturalmente non solo di quella italiana. E ancor più ha ragione Barack Obama ad accusare l´amministrazione Bush e la politica repubblicana per tutto ciò che sta accadendo negli Stati Uniti e nel mondo. La crisi globale è una disfatta per l´establishment che ha guidato l´America negli ultimi otto anni, subendo il terribile attacco alle due Torri e scatenando la guerra in Iraq. Nel saggio citato all´inizio, il sociologo Ulrich Beck - autore già nel 1986, l´anno del disastro di Chernobyl, di un altro libro intitolato "La società del rischio" - dedica una larga parte all´allarme ambientale su scala planetaria. "Il rischio mondiale - osserva - è il medium comunicativo non voluto, non intenzionale, obbligatorio in un mondo di contrasti inconciliabili, nel quale ognuno ruota intorno a se stesso". E aggiunge: "I pericoli che minacciano il mondo non guardano in faccia nessuno. Non conoscono confini, sovranità, autorità politica, potere". Ecco un altro terreno - quello dell´emergenza climatica e della difesa dell´ambiente - su cui i mass media hanno il dovere di fare ora quello che non hanno fatto, o non hanno fatto completamente, per prevenire e fermare lo tsunami economico-finanziario che travolge le nostre sicurezze e alimenta le nostre paure. Né allarmismi né catastrofismi, si potrebbe riassumere in uno slogan. Ma la lezione di questi giorni insegna che nel circuito della comunicazione c´è bisogno di segnali forti per sensibilizzare e mobilitare tempestivamente l´opinione pubblica, in modo da contrastare l´egoismo e la voracità degli speculatori. (sabatorepubblica.it)11/10/2008
Documento n.7534