BANCHE: ANCHE IL MONTE E' A RISCHIO SCALATA. E' EVITABILE IL BOTTINO A BOTIN ?
IL MONTE DEI PASCHI FA GOLA AL SANTANDER - Riuscirà il cattolico montiniano Giovanni Bazoli aD ANTICIPARE SUL TEMPO il fervente opusdeiano Emilio Botin? – LE MOSSE DI DRAGHI E DI TREMONTI… Paolo Madron per "Il Sole 24 Ore" Riuscirà il cattolico montiniano Giovanni Bazoli a dissuadere il fervente opusdeiano Emilio Botin dal varcare il Mediterraneo con le sue formidabili armate? L'antefatto. In un dopocena moscovita di qualche giorno fa, presenti molti degli alti papaveri della nomenklatura industrial- finanziaria del Paese di Putin e Medvedev, il padre-padrone del Santander ha confidato a un paio dei presenti che avrebbe festeggiato il nuovo anno regalandosi qualcosa in Italia. La cosa incuriosì gli astanti, che divertiti provarono a indovinare l'oggetto del desiderio: un quadro di Raffaello, una Ferrari, una tenuta in Toscana (fuocherello)? Come sempre in questi casi la curiosità scatena la fantasia allontanando dagli esiti più ovvi e scontati. Che mai avrebbe infatti potuto regalarsi un banchiere che già ha molto collezionato in tal senso? Semplice: un'altra banca. Botin, evidentemente a suo agio nell'allegro convivio, non ha avuto remore nel fare nomi. Trattasi del Montepaschi, in quello che, se accadesse, diventerebbe per gli italiani una sorta di beffardo contrappasso: verrebbero comprati dalla banca da cui hanno appena comprato, e non a prezzi di saldo,quell'Antonveneta che il Santander aveva ricevuta in dote dallo spezzatino di Abn Amro. Ce n'è abbastanza perché chi deve preoccuparsi, tifosi dell'italianità in primis, cominci a farlo. Naturalmente a Siena qualcuno sottolinea che spesso a cena, e più ancora nei conciliaboli di fine pasto, le parole corrono in libertà come le intenzioni che quasi sempre finiscono per non varcare la stanza dove uno le ha pronunciate. Ma se a rivelarle è colui che oggi, grazie al fatto di aver scansato la tempesta che ha fatto strame di banche, è il più potente banchiere del pianeta, forse preoccuparsi è lecito. Anche perché il Santander, storicamente, ha con il nostro sistema un conto in sospeso che risale ai tempi della sua partecipazione nel Sanpaolo dove, come del resto è puntualmente accaduto ad altri gruppi spagnoli (Bilbao, Abertis) che si erano lasciati tentare dall'avventura italiana, è sempre stato tenuto rudemente fuori dai giochi. Ora può essere arrivato il momento di prendersi la rivincita, e a spese di una banca la cui struttura patrimoniale è tra le più deboli. E lo è oggettivamente, non per colpa del bravo avvocato banchiere che la guida, quel Giuseppe Mussari la cui sfortuna nella storia recente può essere paragonata soltanto a quella di Marco Tronchetti Provera che comprò Telecom alla vigilia del tragico 11 settembre. L'acquisto della popolare padovana, 9 miliardi di euro che molti all'epoca giudicarono eccessivi anche di fronte alla indubbia bontà strategica di un'acquisizione che portava la banca senese a impiantarsi nel cuore del ricco e produttivo Nord-Est, è stato fatto che già i mercati stavano affondando, ma non avevano ancora toccato il drammatico fondo di quella che poi si sarebbe rivelata, almeno sinora, una crisi senza fondo.Come se non bastasse, il robusto decisionismo con cui i partner europei sono andati in soccorso del loro sistema creditizio ha reso di riflesso il patrimonio delle banche italiane inadeguato ad affrontare i morsi della crisi. Di questi tempi, il loro Tier 1 somiglia molto alla sorte di quei telefonini e computer che appena escono sul mercato sono già ineluttabilmente superati dal modello che già si preannuncia pronto a sostituirli. Nella fattispecie, il Montepaschi vanta un 5,1 che dovrebbe diventare 6 a fine anno, ovvero un coefficiente buono in tempi normali, ma adesso vista la malaparata del tutto inadeguato.Oltralpe, ma anche oltreoceano, all'intervento dello Stato si è accompagnata una frenetica ondata di fusioni e acquisizioni che in alcuni casi, come in America, hanno completamente ridisegnato la mappa del potere finanziario. In Italia, almeno per ora, non si è fatto né l'uno né l'altro, limitandosi a discutere se e con che modalità il Governo debba intervenire. Nel modo invasivo che avrebbe voluto Giulio Tremonti, l'uomo che per non dimenticare usa come portapenne un barattolo di pelati Cirio, deciso anche a punire i banchieri che hanno sbagliato nei comportamenti e nelle previsioni, o in quello molto più soft e consensuale del premier Silvio Berlusconi, preoccupato dal calo di popolarità? Siccome ai banchieri (tranne a uno che a questo giornale lo ha esplicitato con adamantina chiarezza), sia la prima che la seconda ipotesi non piace proprio, l'unico modo per evitare (o procrastinare) l'intervento della mano pubblica è quello di dare il via a un ulteriore processo di aggregazione. Non è dunque un caso nelle scorse settimane si sia parlato di matrimoni tra banche popolari, e addirittura di uno tanto clamoroso quanto sontuoso tra Mediobanca e UniCredit, l'unico istituto che sinora ha ammesso le difficoltà e provveduto a varare un robusto aumento di capitale.Ora, complice qualche incontro romano dove i protagonisti hanno toccato con mano che eventuali nozze tra Intesa e Mps bipartisanamente non dispiacciono alla politica, si dovrebbe procedere con le simulazioni tecniche. Da una parte Mussari, cui serve un colpo di coda per tirar fuori Rocca Salimbeni dall'impaccio, dall'altra Giovanni Bazoli di cui qualcuno, stranamente in questa Italia di rumori e veleni, ha già annunciato (smentito) l'imminente pensionamento. E al vertice del triangolo Mario Draghi, governatore liberista e refrattario all'aggrottar di ciglia del suo predecessore, al quale però non dovrebbe dispiacere di veder realizzata, sotto il suo mandato, una terza grande fusione bancaria. Da celebrare però in una lotta contro il tempo, perché Natale è vicino, Capodanno pure, e Botin anche nel tiepido deliquio di un dopocena non è certo uomo che parla a vanvera.04/11/2008
Documento n.7573