Tribunale di Napoli. Sentenza contro Banco di Napoli - 1/4/2003 causa 2953

in Sentenze e testi di legge

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO TRIBUNALE DI NAPOLI

Quarta Sezione Civile La Dott.ssa Efisia Baciano, nelle funzioni di giudice unico, ha pronunciato la seguente: SENTENZA nella causa civile iscritta al n. 2953 del ruolo gen. degli affari contenziosi per l?anno 2001, avente ad oggetto: risarcimento danni TRA Michele M., rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Ledda e Daniele Carsana; -ATTORE- E BANCO DI NAPOLI s.p.a., rappresentato e difeso dall?avv. Prof. Michele Sandulli; -CONVENUTO- CONCLUSIONI DELLE PARTI Le parti concludevano come in atti ed in particolare come dalle comparse conclusionali e memorie di replica, che in questa sede si intendono per integralmente trascritte. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, Michele M. conveniva in giudizio il Banco di Napoli s.p.a.. Esponeva l?attore nel proprio atto di citazione: - che il Sig. M., in data 12.12.1991, aveva acquistato azioni del Banco di Napoli, per un importo complessivo pari a lire 12 milioni e che più specificamente il predetto, incoraggiato dalle brillanti prospettive di realizzo dell?investimento, descritto nel prospetto informativo, sulla base del quale l?Istituto emittente collocava le proprie azioni, aveva sottoscritto n. 3.000 azioni a lire 4.000 ciascuna, nonché n. 1.500 warrants; - che all?epoca, il Banco di Napoli, a seguito della sua trasformazione da istituto di diritto pubblico a s.p.a., aveva deliberato un massiccio aumento di capitale sociale, con l?emissione di nuove azioni offerte al pubblico sulla base del citato prospetto informativo, depositato alla Consob in data 7.11.91 e dalla stessa regolarmente approvato; - che la società, nel collocare le azioni di nuova emissione, aveva comunicato al pubblico: ?gli esperti hanno valutato il patrimonio di circa 3.500 miliardi. Tale valutazione non tiene conto dell?avviamento, ma unicamente dei cespiti e delle partecipazioni conferite? e ancora: ?? a seguito della nuova veste giuridica del Banco in società per azioni, avvenuta il 1° luglio 1991, il patrimonio netto della società ha raggiunto i 3.619,9 miliardi?; - che all?apparente solidità che l?Istituto , in base al,prospetto ed al collocamento delle azioni, vantava al dicembre 1991, faceva seguito, nel volgere di pochi anni, uno dei più gravi dissesti bancari verificatisi nel paese: nel 1996 la società perdeva l?intero capitale sociale, evidentemente per vizi e ?buchi? già presenti ben prima del collocamento al pubblico delle proprie azioni; - che, all?azionariato diffuso, una volta azzerato il capitale sociale e deliberata la ricostituzione sino a lire 2.283 miliardi ( assemblea del 30.7.96), veniva offerto, con lettera del 30.8.96, con la quale il banco informava dell?abbattimento di capitale a seguito di imprecisate perdite, un diritto di opzione, impraticabile, per l?assoluta incertezza sulle sorti del Banco; - che, in data 22.2.99, il p.m. chiedeva il rinvio a giudizio, sulla base di un esposto della Banca di Italia e dello stesso Banco di Napoli, di tutti gli organi amministrativi a partire dagli anni 1990-1991, per i reati di cui agli artt. 2621 c.c. n.1 e 2640 c.c. ed altro; - che, in particolare, veniva chiesto il rinvio a giudizio del comitato esecutivo, del collegio sindacale e dei dirigenti, per gli anni 1990-1991, perché gli stessi fraudolentemente esponevano nel bilancio del 1990, nelle relazioni allegate e nelle altre comunicazioni sociali, fatti non rispondenti al vero sulle condizioni economiche del Banco di Napoli, appostando, tra gli elementi dell?attivo ? crediti verso la clientela ad un valore superiore a quello di presumibile realizzo di almeno 339 mld ?, in maniera non proporzionata all?effettivo merito creditizio; ancora, perché ? esponevano nelle comunicazioni definitive alla Banca di Napoli s.p.a., in particolare dati non veritieri circa l?ammontare dei crediti incagliati, delle sofferenze e dei dubbi esiti, da ciò derivando la rappresentazione di minori perdite rispetto a quelle effettive, per almeno 339 miliardi; - che la detta richiesta di rinvio a giudizio si era basata sulle risultanze di tre consulenze tecnico-contabili; - che il risultato di dette consulenze era stato fatto proprio dallo stesso Banco di Napoli, che le aveva poste a fondamento dell?azione civile risarcitoria esperita nei confronti della società di revisione, la Price Waterhouse, che le aveva certificato i bilanci nel detto periodo, producendole nel relativo giudizio; - che dalla lettura delle dette consulenze emerge chiaramente la falsità dei bilanci a partire del 1990; - che lo stesso banco, nel giudizio nei confronti della Price Waterhouse, aveva assunto che i bilanci erano falsi a partire dal 1989-1991 e sino al 1994 e che a detta dichiarazione poteva attribuirsi valore confessorio, circa il fatto che il crack esploso nel 1996 avesse radici lontane, precedenti al prospetto del 1991; - che i dati emersi dall?inchiesta penale nei confronti degli organi sociali del banco, trovavano conferma nella relazione della Banca D?Italia, da cui risultava ? tra l?altro ? che l?attività aziendale, specie nell?assunzione dei rischi creditizi, era stata segnata da orientamenti gestionali e prassi operative contrastanti con i fondamentali principi di prudenza, correttezza e trasparenza; - che la Banca D?Italia nella propria relazione aveva altresì rilevato che il profondo degrado della struttura aveva radici profonde e le cause della crisi caratterizzavano già l?istituto nel 1990; - che, in forza di quanto sopra,, emergeva chiaramente che l?acquisto delle azioni da parte del M. , nel dicembre del 1991, era stato determinato da una falsa rappresentazione della situazione patrimoniale prospettatagli dall?Istituto emittente , i cui amministratori e dirigenti erano stati rinviati a giudizio per false comunicazioni sociali, aggravate dal danno di particolare gravità; - che con la legge n°77/83 art.12, il prospetto informativo è divenuto lo strumento centrale del sistema di informazione del pubblico voluto dal legislatore e realizzato attraverso la CONSOB e vigono prescrizioni precise in ordine agli obblighi di redazione dello stesso e alle sue caratteristiche quali, tra le altre, la diligenza e l?accuratezza; - che la violazione dei doveri di informazione che gravano su chi faccia appello al pubblico risparmio, determinino una duplice responsabilità, ai sensi degli art 1337-1338 c.c., con riguardo alla violazione dei rapporti obbligatori prenegoziali e , ai sensi dell?art 2043 c.c., concretandosi in una particolare figura di illecito, ovvero nell?interesse dei risparmiatori ad una informazione veritiera e completa sul titolo oggetto del loro investimento; - che la presentazione di floridi bilanci, unitamente a brillanti prospettive future di realizzo dell?investimento, da parte degli amministratori del banco di Napoli, in seguito rivelatesi artefatti e dissimulanti i germi di situazioni patologiche già in essere, aggravatesi nel corso degli anni ed esplose drammaticamente con il crack del 1996, delineano una chiara ipotesi di responsabilità ex artt 2043 e 2049 c.c.. Tanto rilevato, l?attore chiedeva : - che venisse accertata e dichiarata la responsabilità del Banco di Napoli per fatto illecito dei propri amministratori ex art 2043 e 2049 c.c., avendo gli stessi redatto documenti informativi non veritieri delineando una situazione patrimoniale ed economica della società del tutto distorta, in 0occasioner del collocamento al pubblico delle proprie azioni del dicembre 2001, al fine di trarre in inganno i risparmiatori inducendoli alla sottoscrizione dei titoli di nuova emissione; - che il Banco venisse condannato al risarcimento del danno subito dall?attore , sia quale danno emergente , sia quale lucro cessante , da valutarsi quest?ultimo attraverso la considerazione della media del rendimento dell?offerta tra gli anni 1992 ed il saldo, dei titoli di Stato e/o dei libretti di risparmio ; oltre rivalutazione ed interessi . - Il tutto , con la condanna di parte convenuta al pagamento delle spese di lite . Si costituiva il Banco di Napoli S.p.A e, nella propria comparsa , preliminarmente eccepiva l?intervenuta prescrizione del diritto vantato dall?attore ex art 2043 c.c. - Rileva sull?argomento il convenuto che detta azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato.. L?inizio del periodo della prescrizione, nel caso di specie, doveva individuarsi nel crollo della azioni del Banco che, notoriamente, risale al 1994; invero il mero aggravamento del danno si era verificato negli anni seguenti, non incideva sulla determinazione del termine di prescrizione. - Ancora rilevava il Banco di Napoli che il prospetto informativo di cui trattasi, previsto e redatto ai sensi della legge 216/74 e successive modifiche di cui alla legge n°77/83, fu pubblicato presso l?Archivio prospetti della Consob, il 7/11/91 n. 2125. Esso era stato redatto nel pieno rispetto delle prescrizioni di legge , tanto che fu inserito dalla Consob nel detto Archivio, senza richieste di ulteriori dati ed elementi. Al detto prospetto erano allegati il bilancio al 31/12/1990 e la situazione contabile al 30/6/91. I relativi dati erano stati verificati dal collegio sindacale e dalla società di revisione, ed erano stati utilizzati ai fini del conferimento della azienda bancaria da parte del Banc9o di Napoli ? Istituto di diritto pubblico, eseguita ai sensi dell?art 2343 c.c. , dai periti nominati dal Presidente del Tribunale. - Detti periti, in ordine ai crediti esposti nel bilancio al 31/12/1990 , concludevano che gli stessi erano da ritenersi congrui. In ogni caso , nelle avvertenze riportate sul prospetto, si precisava che l?offerta comportava gli elementi di rischio propri di un investimento in titoli azionari. Il contenuto veritiero del bilancio veniva poi avvalorato dalla circostanza che l?andamento ed i risultati del 1991 erano positivi. La crisi difatti aveva inizio solo successivamente ed era legata ad eventi esterni ed imprevedibili, quali avvenimenti economici, giudiziari e politici. La crisi in questione in sostanza, non aveva origine in irregolarità compiute dagli amministratori o in responsabilità ascrivibili al Banco, e risultava imprevista ed imprevedibile alla data di emissione del prospetto informativo. In ordine poi alla azione esperita nei confronti della propria società di revisione, la Price Waterhouse, rilevava il Banco che alcun valore confessorio poteva attribuirsi alle dichiarazioni ed agli assunti riportati dal Banco nell?ambito del detto giudizio, mancando del tutto, nel caso di specie, i presupposti della confessione quale l?animus confidenti e la destinazione delle dichiarazioni al soggetto che intende valersene nel giudizio. Ancora doveva rilevarsi che la relazione della Banca di Italia riguardava fatti successivi a quelli in esame. In ogni caso, il convenuto eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva, sussistendo la stessa, nel caso di specie, nei confronti degli amministratori della società, ex art. 2395 c.c. Per quanto poi concerneva il risarcimento richiesto, rilevava il convenuto che non poteva comunque essere accolta la domanda dell?attore relativa all?intero valore delle azioni sottoscritte, rilevando la circostanza che ? nel caso di specie ? si trattava di sottoscrizione di capitale a rischio. In ordine poi alla richiesta di risarcimento del lucro cessante, la stessa non poteva essere accolta in quanto, nel momento in cui il M. aveva investito in titoli azionari, se non avesse sottoscritto quelli del Banco di Napoli, avrebbe probabilmente sottoscritto azioni di altra società, il cui rendimento non avrebbe mai potuto essere certo, come quello derivante da un libretto di risparmio e dai titoli di stato, come indicati dall?attore. All?esito delle udienze di rito, ritenuta la causa matura per la decisione in quanto di natura documentale, questo giudice rinviava la stessa per la precisazione delle conclusioni. All?udienza del 28.11.2002 le parti precisavano le rispettive richieste ed il G.I. riservava la decisione della presente causa, concedendo i termini di cui all?art. 190 c.p.c. L?attore depositava la propria comparsa conclusionale e nella stessa si riportava nella sostanza a quanto già posto in evidenza nell?atto di citazione, rilevando in particolare che l?assunto sul quale il Banco di Napoli aveva fondato la propria azione nei confronti della società di revisione, se pure non voleva considerarsi come una confessione, costituiva comunque un indizio discrezionalmente valutabile dal giudice e comunque costituiva una denunzia giudiziale, fondata su documenti e perizie, da parte del nuovo Banco, verso le pregresse gestioni. Le affermazioni del Banco, nell?ambito del detto giudizio, trovavano in ogni caso conforto nelle perizie depositate in sede penale. Ebbene, una volta accertata l?infedeltà e l?incompletezza del prospetto, il successivo azzeramento del valore delle azioni vendute mediante prospetto e la riconducibilità delle ragioni dell?azzeramento a vizi della situazione patrimoniale dell?emittente (indipendenti da fattori esterni) al momento della pubblicazione del prospetto, doveva trovare applicazione il principio secondo il quale l?investitore doveva essere risarcito dell?intero capitale impiegato, in quanto se avesse saputo prima dell?acquisto delle falsità rappresentative del prospetto, si sarebbe astenuto del tutto dall?acquistare le azioni. Tanto, a maggior ragione, se il vizio originario era tale da determinare, nel prosieguo, l?azzeramento del capitale. Inoltre, in materia di responsabilità da prospetto, all?investitore è sufficiente provare la mancata attuazione del risultato dedotto in obbligazione e cioè l?incompletezza o inesattezza dell? informazioni pubblicate, mentre alla controparte spetta provare l?eventuale impossibilità non imputabile che la liberi dalla responsabilità. In ordine poi alla eccepita prescrizione dell?azione, rilevava l?attore che l?unico momento individuabile in concreto quale inizio della decorrenza del termine di prescrizione, poteva essere quello del ricevimento della lettera in data 30.8.96, con la quale veniva ufficializzato l?azzeramento del capitale sociale o al più nella data del 30.7.96, quale quella in cui era stato deliberato l?azzeramento. In ordine poi alla asserita carenza di legittimazione passiva, rilevava l?attore che sussisteva nel caso di specie una responsabilità diretta della società, dovendo il M. essere considerato quale terzo. Ancora rilevava che la documentazione prodotta dimostrava chiaramente la falsità e l?incompletezza dei dati influenti riportati nel prospetto. In ogni caso, per potersi configurare la responsabilità da prospetto, non era necessario che nello stesso venissero inserite false informazioni, essendo sufficiente che sussistessero lacune nell?informazione, che ben potevano integrare una violazione intenzionale dell?obbligo di informazione, potendosi altresì individuare la reticenza quale dolo. L?inversione dell?onere della prova applicabile al caso di specie comportava che il cliente attore doveva limitarsi a provare il danno subito e la riconducibilità dello stesso al comportamento dell?intermediario. Il Banco di Napoli nella propria comparsa conclusionale ribadiva le eccezioni già proposte nella comparsa di risposta e, nel merito , si riportava sostanzialmente a quanto già rilevato nella comparsa di costituzione e sottolineava l?infondatezza della pretesa risarcitoria azionata, risultando il prospetto informativo di specie redatto nel pieno rispetto della normativa vigente. L?attore depositava la memoria di replica e nella stessa insisteva per l?accoglimento della domanda formulata, ponendo in evidenza la fondatezza dei propri assunti e contrastando le osservazioni della controparte. Il Banco di Napoli depositava la memoria di replica ribadendo la irrilevanza della documentazione prodotta dall?attore in relazione agli assunti posti dallo stesso a fondamento della propria domanda, dovendosi escludere- dalle valutazioni di cui alla presente causa - gli eventi verificatisi successivamente alla redazione del prospetto informativo. MOTIVI DELLA DECISIONE Ritiene questo giudice che la domanda dell?attore sia fondata e debba pertanto essere accolta. Anzitutto, prima di entrare nel merito della vicenda in esame, devono prendersi in esame le eccezioni sollevate da parte convenuta. Per quanto concerne l?eccezione avente ad oggetto la propria carenza di legittimazione passiva, rilevava il Banco di Napoli che l?attore lamentava un danno derivante da responsabilità diretta degli amministratori e che tale fattispecie era espressamente prevista dall?art. 2395 c.c., che prevede l?azione individuale nei confronti degli amministratori, esperibile dal socio o dal terzo che lamentino un danno derivante da fatto doloso o colposo degli amministratori. A ciò il Banco argomentava che il socio non poteva agire nei confronti della società, per fatti imputabili all?organo amministrativo, nei confronti del quale poteva esperire una azione diretta. Orbene, ritiene questo giudice che detta eccezione non sia condivisibile in quanto la responsabilità degli amministratori si aggiunge a quella della società, che deve comunque rispondere dell?illecito extracontrattuale degli amministratori, in virtù del rapporto organico di cui l?attività di questi ultimi è espressione. Per quanto poi concerne l?eccezione relativa alla prescrizione del diritto fatto valere dall?attore e fondata sull?intervenuta decorrenza, dal verificarsi del danno, dei cinque anni previsti dall?art.2947 c.c., ritiene questo giudice che la stessa non sia fondata. Si deve invero tenere presente che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da fatto illecito inizia a decorrere, non dal momento in cui il fatto del terzo determina la modificazione che produce danno all?altrui diritto, ma dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all?esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile ( cfr. tra le altre: Cassazione civile sez. III, 12 agosto 1995, n. 8845). Ciò posto in via di principio, per quanto concerne il caso di specie si deve ritenere che il danno sia divenuto oggettivamente percepibile da parte dell?attore, solamente a seguito della nota ( cfr. in atti ), con cui gli si comunicava dell?intervenuto abbattimento del capitale sociale a cui era conseguito l?azzeramento dell?investimento ( assemblea del 30.7.96) e lo si invitava ad esercitare il diritto all?opzione. Tanto premesso, è opportuno ricordare quanto evidenziato dall?attore a fondamento della propria domanda. Ebbene, il M. riferiva che, in data 12.12.1991, incoraggiato dalle brillati prospettive di realizzo dell?investimento, descritte nel prospetto informativo depositato alla Consob in data 7.11.1991 e dalla stessa regolarmente approvato, sulla base del quale il Banco di Napoli, quale Istituto emittente, aveva collocato le proprie azioni, aveva sottoscritto n. 3000 azioni a lire 4.000 ciascuna, nonché n. 1.5000 warrants, per un importo complessivo pari a lire 12 milioni. Detto prospetto, sottolineava l?attore, era risultato infedele ed incompleto e le ragioni dell?azzeramento del valore delle azioni vendute mediante lo stesso, era riconducibile a vizi della situazione patrimoniale dell?emittente ( indipendenti da fattori esterni ), già esistenti al momento della pubblicazione del prospetto. In forza di ciò doveva trovare applicazione il principio secondo il quale l?investitore doveva essere risarcito dell?intero capitale impiegato in quanto, se avesse saputo, prima dell?acquisto, delle falsità rappresentate nel prospetto, si sarebbe astenuto del tutto dall?acquistare le azioni. Tanto, a maggior ragione, se il vizio originario era tale da determinare, nel prosieguo, l?azzeramento del capitale. Tanto premesso, è opportuno sin da ora precisare che, in via di principio, perché una domanda di risarcimento possa trovare accoglimento, incombe sull?attore l?onere di provare la sussistenza del danno subito, l?azione o la omissione che lo abbia determinato, il nesso causale tra la seconda ed il primo ed ancora la sussistenza dell?elemento psicologico in capo all?autore della suddetta condotta. Ebbene, nel caso di specie l?attore ha indicato quale danno subito l?azzeramento del valore delle azioni acquistate per complessivi 12 milioni di lire; ha individuato la condotta dell?autore dell?illecito nella presentazione di un prospetto informativo infedele ed incompleto; ha sottolineato la sussistenza del nesso causale tra il danno e la condotta, ponendo in luce che l?azzeramento del valore delle azioni vendute era riconducibile a vizi della situazione patrimoniale dell?emittente (indipendenti da fattori esterni), già esistenti al momento della pubblicazione del prospetto e che, se fosse stato a conoscenza della reale situazione, non avrebbe acquistato le dette azioni. In ordine poi all?elemento psicologico, ha rilevato l?attore che, nel caso di specie, vertendosi in materia di responsabilità del prospetto, la colpa si presume e che, all?investitore, è sufficiente provare la mancata attuazione del risultato dedotto in obbligazione e cioè l?incompletezza o inesattezza delle informazioni pubblicate. Si devono ora prendere in esame tutti gli aspetti sopra riportati, al fine di valutare se sussistano o meno i presupposti a fondamento della presente azione risarcitoria. Anzitutto, per quanto concerne il danno subito dall?attore, consistente nell?azzeramento del valore delle azioni acquistate per complessivi 12 milioni di lire, deve evidenziarsi che non vi è nella sostanza contestazione sul punto e che, in ogni caso, risultano documentati sia l?acquisto delle azioni per la detta somma (cfr. cedolino in atti), sia la delibera avente ad oggetto il detto azzeramento (cfr. verbale di assemblea del 30.7.96). Per quanto poi riguarda l?infedeltà e l?incompletezza del prospetto informativo, in forza del quale l?attore assume essersi determinato all?acquisto, ritiene questo giudice particolarmente significative, sia la ctu espletata nell?ambito di altra procedura civile, avente oggetto analogo alla presente (r,g, n.6752/1997 tra Tessival s.p.a. contro Banco di Napoli s.p.a.), sia le consulenze redatte nel corso del procedimento penale avente RG.N.R. n.17757/ R/94, pendente nei confronti degli appartenenti al comitato esecutivo, ai consigli di amministrazione nel corso degli anni dal 1990 al 1994. E? opportuno a questo punto chiarire che, come rilevato dalla Suprema Corte: ?il giudice di merito, in difetti di particolari divieti normativi, può utilizzare, per la formazione del proprio convincimento, anche prove e, più in genere, risultanze istruttorie (tra cui in particolare la consulenza tecnica), formate in un diverso giudizio, tra le stesse parti o anche tra altre parti, da considerare quali semplici indizi idonei a fornire utili e concorrenti elementi di giudizio (cfr.Cassazione civile sez.II, 20 dicembre 1994, n.10972). Ancora, negli stessi termini: ?il giudice del merito è libero di utilizzare, in mancanza di qualsiasi divieto di legge, anche prove raccolte in diverso giudizio fra le stesse parti od altre parti, come qualunque produzione delle parti stesse, e, quindi, può avvalersi pure di una consulenza tecnica ammessa in diverso procedimento e valutarne liberamente gli accertamenti ed i suggerimenti (cfr.Cassazione civile, sez.lav., 8 ottobre 1983 n.5851). Orbene, il ctu nominato nell?ambito della suddetta procedura civile, in ordine alla correttezza del Prospetto informativo predisposto dal Banco di Napoli, riferiva che lo stesso, pur apparendo conforme ai dettami di legge, esponeva in modo sintetico ed incompleto le notizie sull?andamento patrimoniale ed economico relativamente al periodo 1 gennaio-30 giugno 1991. Le voci dell?attivo e del passivo erano riportate senza alcun dettaglio e senza note di commento ed inoltre sarebbe stato opportuno evidenziare le voci c.d. ?critiche? del settore creditizio, come ad esempio quelle dei crediti c.d. ?in sofferenza?, non desumibili in modo diretto dai dati semestrali riportati nel Prospetto. L?obiettivo del Prospetto, evidentemente non raggiunto nel caso di specie, avrebbe dovuto essere quello di offrire uno strumento chiaro e comprensibile, anche per un investitore medio, che doveva essere posto in grado di valutare le conseguenze dell?investimento proposto, in termini di rischio-rendimento. Ebbene, il detto ctu doveva verificare tra l?altro se, all?epoca della redazione del Prospetto informativo, esistessero posizioni di credito che, ancorché inserite tra i crediti in bonis, lasciassero trasparire palesemente segnali di crisi aziendale, che avrebbero consigliato l?inserimento di dette pratiche tra quelle di ?dubbio esito?. All?esito delle relative valutazioni, il ctu aveva affermato ? sulla scorta di un esame effettuato su campione, in ordine a posizioni che al 31.12.1994 avevano una esposizione superiore al miliardo ? che i segnali di crisi aziendale, rilevati in una parte delle posizioni di credito esaminate, avrebbero dovuto consigliare, in applicazione dei principi basilari regolanti la redazione del bilancio di esercizio, l?inserimento delle stesse tra quelle di dubbio esito. Il ctu pertanto aveva riclassificato tra i crediti in sofferenza e quelli incagliati, con le dovute conseguenze in ordine ai calcoli delle quote di irrecuperabilità degli stessi, alcuni crediti che, alla fine del 1990, erano stati qualificati in bonis. Ciò quindi comportava una ?rivisitazione? del bilancio al 31.12.1990, inserito nel prospetto informativo, nel senso che gli utili di impresa riportati avrebbero dovuto essere inferiori di circa 40 miliardi (cfr. tabelle riportate nella detta relazione ed in particolare quella di cui alla pg.44). Anche dalla consulenza tecnica esperita nel corso del richiamato procedimento penale ( cfr. relazione Maniscalco Inturretta dep. Il 23.1.98), era emerso che le previsioni di perdita relative ai crediti esaminati a campione tra quelli superiori ai 4 mld. erano state sottostimate in quanto, molti di questi, erano stati nel bilancio erroneamente qualificati in bonis, mentre avrebbero dovuto essere inseriti tra le posizioni ad incaglio o a sofferenza. Il tutto, con una ripercussione sui risultati di esercizio per il 1990, ammontante a 7,7 mld. di lire. Il detto ctu, sempre con riferimento, per quanto qui rileva, all?esercizio del 1990, aveva rilevato anomalie da parte degli organi del Banco di Napoli, anche in tema di operazioni finanziarie nel settore titoli (cfr relazione pgg. 40 e ssgg.). Da ciò era derivata la necessità di operare rettifiche anche in ordine a detto settore, per l?ammontare di 33,7 miliardi di lire. Ebbene, la rettifica complessiva relativamente all?anno 1990 ammontava a 41,4 miliardi di lire, con una conseguente riduzione degli utili di esercizio previsti, da 158,5 miliardi di lire a 117,1 miliardi. Ciò posto, si deve tuttavia evidenziare che lo stesso ctu, dott. Maniscalco Inturretta, sempre al fine di quantificare i riflessi che avevano avuto sui dati di bilancio le anomalie rilevate in ordine ai criteri di valutazione adottati dal Banco per la determinazione del presumibile valore di realizzo dei crediti, depositava una successiva relazione, per la cui redazione aveva ampliato l?oggetto della propria indagine, sino a quel momento limitata ad una analisi su campione, sia nell?ambito del surrichiamato procedimento civile, sia nell?ambito dello stesso procedimento penale. Il detto consulente, nell?esaminare le ulteriori pratiche inerenti a posizioni di credito da considerarsi ?in sofferenza?, aveva utilizzato criteri presuntivi attenendosi all?individuazione degli scostamenti, in applicazione dei criteri normalmente accettati nella prassi bancaria, in ossequio i principi generali fissati dalla normativa civilistica e di settore per la redazione di bilanci delle aziende di credito. Orbene, l?ammontare delle rettifiche relativamente al 1990, veniva individuato dal ctu in 309 mld di lire; detto dato, sommato a quanto emerso dalla precedente relazione del 23.1.1998, portava ad una rettifica in negativo del complessivo ammontare di 372,7 miliardi di lire, con le relative ripercussioni in ordine alla quantificazione degli utili di esercizio (cfr. allegati 4 e 5 della relazione integrativa). In forza delle considerazioni espresse ritiene pertanto questo giudice che la situazione economica rappresentata nel bilancio non corrispondesse a quella reale e, di conseguenza, il Prospetto informativo di cui trattasi fosse infedele ed incompleto. A questo punto, per quanto concerne l?elemento psicologico, deve evidenziarsi che, nel caso in esame, gli elementi acquisiti nella presente procedure non permettono di ravvisare una condotta dolosa. Al più può ritenersi la sussistenza di una condotta contraddistinta dalla colpa che comunque, vertendosi in materia di responsabilità da prospetto, si presume, essendo sufficiente per l?investitore provare l?incompletezza o inesattezza delle informazioni pubblicate e ricadendo sull?Istituto bancario l?onere di provare di aver agito con la specifica diligenza richiesta (cfr. art.8 legge n. 415 del 23/7/96). Tanto considerato, si deve ora valutare se sussista nel caso in esame il nesso causale tra il danno dell?attore, ossia l?azzeramento del valore delle azioni acquistate, e la condotta attribuibile a parte convenuta, consistente nella redazione di un Prospetto informativo ed incompleto, fondato su una situazione patrimoniale dell?emittente già nella realtà seriamente compromessa. Ebbene, prima di entrare nel merito del suddetto aspetto, si devono tenere presente i principi elaborati sull?argomento dalla giurisprudenza. Anzitutto, deve considerarsi che: ?per stabilire la sussistenza del nesso causale tra fatto dannoso ed evento di danno il giudice non può fare ricorso né alla causalità naturalistica intesa in senso stretto (il che porterebbe a ritenere ?causa? di un evento tutta la sterminata serie di precedenti senza i quali il fatto non si sarebbe potuto verificare); né alla causalità statistica (impossibile da applicare per la mancanza di rilevazioni oggettive); né alla propria intuizione, anche se fondata sulla logica. Per accertare il suddetto nesso eziologico il giudice dovrà invece valutare tutti gli elementi della fattispecie, al fine di stabilire se il fatto era obiettivamente e concretamente ( cioè con riferimento a quel singolo caso contingente) idoneo a produrre l?evento ( cfr. Cassazione civile sez. III, 11 settembre 1998, n. 9037). Ancora: ?la determinazione del nesso causale fra la condotta e l?evento dannoso, deve essere effettuata alla stregua di criteri tendenzialmente certi e , per quanto possibile, controllabili, talché non è sufficiente la relazione causale ricostruita alla stregua della teoria ?condizionalistica? dell?evento, secondo la quale è causa ogni condizione dell?evento, ogni antecedente senza il quale l?evento non si sarebbe verificato, ma si devono evidenziare quelle cause che, alla stregua della teoria della causalità adeguata, sono normalmente idonee a determinare l?evento, avuto riguardo a tutte le particolari circostanze del caso concreto (cfr. Tribunale Milano, 30 novembre 1996). Nella sostanza quindi, al fine di stabilire se sussista o meno il nesso causale nel caso in esame, occorre avere riguardo al principio della cd. causalità adeguata o efficiente, in base al quale valutare se l?acquisto delle azioni da parte del M. e l?azzeramento del valore delle stesse, costituiscano gli effetti della falsità delle informazioni di cui al Prospetto informativo e della situazione economica già compromessa all?epoca del detto prospetto ed occultata nella stessa sede. Ebbene, ritiene questo giudice che, esaminate le specifiche circostanze del caso in esame, il detto nesso causale sia ravvisabile. Invero, può ritenersi che, avendo il prospetto riportato dati inesatti circa la sussistenza di utili, che nella realtà non c?erano, abbia indotto in errore l?attore, creando nello stesso false aspettative circa la redditività dell?investimento effettuato e verosimilmente determinandolo all?acquisto delle azioni. E? invero oggettivamente presumibile che il risparmiatore sia stato allettato dalla previsione di consistenti utili e che, se avesse conosciuto l?effettiva situazione del Banco di Napoli, si sarebbe astenuto dall?acquisto delle azioni, orientando diversamente il proprio investimento. Le informazioni contenute nel Prospetto, risultate successivamente inveritiere, stante la loro provenienza ed il fatto che erano state sottoposte a verifiche e controlli secondo legge, avevano quindi suscitato nell?attore uno speciale affidamento circa la loro veridicità . Ciò posto, una volta provata la falsità di dati significativi contenuti nel prospetto informativo, nei termini sopra riportati, sarebbe stato onere della banca provare che neppure una revisione attenta e professionale dei dati forniti dall?emittente le avrebbe consentito di scoprire le inesattezze lamentate dall?investitore. Tanto tuttavia non è avvenuto. A questo ,punto è bene precisare che, proprio per la natura del detto investimento, comprensivo di una certa quota di rischio e per l?iniziale andamento positivo delle azioni, non può ascriversi al piccolo risparmiatore la responsabilità di non aver adeguatamente controllato le oscillazioni del valore delle azioni acquistate, di non averle vendute nella loro fase ascendente, o comunque prima di arrivare all?azzeramento del loro valore, al fine di limitare il danno. Ancora deve rilevarsi che l?azzeramento del capitale costituisce il danno insorto a carico dell?attore a distanza di tempo, quale conseguenza causalmente riconducibile a comportamento colpevole del Banco di Napoli, consistente nell?aver redatto un Prospetto informativo atto a trarre in errore l?investitore ed a determinarlo all?acquisto delle azioni. Invero, se il Prospetto, così come redatto, non avesse indotto il M. all?acquisto delle azioni, questi non avrebbe subito il danno derivante dall?azzeramento delle stesse. Né può ritenersi che il detto azzeramento sia stato determinato da fattori sopravvenuti, con efficacia causativa esclusiva. Invero, come rilevato dal CTU Sciarelli (proc. to: Tessival S.p.A. c/ Banco Napoli), l?andamento della quotazione del Banco di Napoli si discostava, soprattutto a partire dal 1993 dalle medie di settore, con un trend sfavorevole che si accentuava drammaticamente verso la fine del periodo in esame. Non poteva comunque affermarsi che l?influenza di fattori di mercato indipendenti dall?entità del patrimonio aziendale ( cfr. tabella alla pagina 70 delle relazione) , fosse stata determinante. Invero , pur essendosi registrata una congiuntura particolarmente difficile nel 1992, gli andamenti dell?economia nel periodo 1991-1995 non si poteva ritenere avessero concorso al deprezzamento del valore delle azioni ordinarie del Banco di Napoli. In forza delle considerazioni sopra espresse è ritenuto pertanto superfluo l?esame di ulteriori aspetti della vicenda in esame, in quanto ininfluenti ai fini del decidere, il convenuto Banco di Napoli deve essere condannato al risarcimento in favore dell?attore della somma di euro 6197,48 ( lire 12 milioni ) alla quale dovranno aggiungersi, trattandosi di un debito di valore, rivalutazione di interessi come da dispositivo. Non si ritiene di dover liquidare ulteriori somme in favore dell?attore, con riferimento in particolare a quanto richiesto a titolo di lucro cessante, non avendo l?attore fornito alcun elemento probatorio concreto, atto a dimostrare quale sarebbe stato l?utilizzo effettivo del denaro e quale il relativo rendimento, che avrebbe dovuto comunque superare la rivalutazione della somma impiegata, già riconosciuta. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della convenuta e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. Il Tribunale, definitivamente pronunciando in ordine alla causa civile con numero R.G.2593/01 , pendente tra M. Michele ed il Napoli SpA, disattesa ogni altra domanda, così provvede: -accoglie la domanda dell?attore e per l?effetto condanna il convenuto Banco di Napoli al risarcimento , in favore dell?attore, della somma di euro 6197,48.detta somma deve essere rivalutata sulla base degli indici ISTAT dal fatto al soddisfo e devono alla stessa aggiungersi gli interessi sulla minor somma risultante dalla divisione della suddetta cifra per il coefficiente ISTAT relativo alla data del fatto, via via annualmente rivalutato sulla base degli stessi indici, con esclusione degli interessi sugli interessi legali, a far data dal giorno del fatto e sino a quelle della presente pronunzia, nonché gli interessi legali dalla data della presente sentenza sino al soddisfo; -condanna il convenuto al pagamento in favore di M. Michele delle spese di giudizio, così quantificate : euro 900,00 per spese, euro 1301,20 per diritti ed euro 1600,00 per onorario.Il tutto oltre rimborso spese generali, IVA e CAP come per legge. Napoli, 1/4/2003 IL GIUDICE UNICO

20/06/2003

Documento n.3274

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