Trib. Firenze. 1023 . Condanna Carifirenze per bo0nd Cirio

in Sentenze e testi di legge
REPUBBLICA ITALIANA IL TRIBUNALE DI FIRENZE In persona del giudice Angelo Antonio Pezzuti, ha pronunciato IN NOME DEL POPOLO ITALIANO la seguente SENTENZA nella causa iscritta nel ruolo generale nell’anno 2003 al numero 18352, tra -------------- rappresentati e difesi dall’avvocato e CASSA DI RISPARMIO DI FIRENZE S.p.A. rappresentata e difesa dall’avvocato e dall’avvocato ** Svolgimento del processo 1. e hanno chiesto la condanna della società Cassa di Risparmio di Firenze al pagamento della somma di 27.347,35 euro, previo accertamento della nullità del “contratto di compravendita e/o collocamento delle obbligazioni” “Cirio Holding con scadenza 6.2.2004 con rendimento 6,25%”. 2. A sostegno della domanda gli attori hanno dedotto che la banca convenuta aveva proceduto a tale operazione finanziaria in “ violazione delle norme imperative di cui al TUIF” e in “totale assenza della documentazione chiesta ad substantiam dalla Legge”. 3. Parte attrice ha chiesto, in via subordinata, l’annullamento del contratto o la risoluzione del medesimo per inadempimento dell’istituto di credito convenuto. In ogni caso e hanno chiesto la condanna della società Cassa di Risparmio di Firenze “ al risarcimento del danno morale e/o biologico ed esistenziale”. 4. La società Cassa di Risparmio di Firenze si è costituita e ha chiesto il rigetto della domanda asserendo che gli attori, investitori esperti, erano stati edotti dei rischi conseguiti all’investimento nei limiti in cui essi fossero rilevabili all’epoca dell’acquisto. 5. La causa è stata istruita solo con la produzione di documenti ed è stata trattenuta per la decisione sulle seguenti conclusioni. Conclusioni delle parti 6. Per e : “come in atto di citazione e successive memoria autorizzata depositata il 19.05.04”. Nell’atto introduttivo del giudizio gli attori hanno concluso chiedendo al Tribunale di “1. In Via principale riconoscere e dichiarare la nullità del contratto di compravendita e/o collocamento delle obbligazioni per cui è causa per violazione delle norme imperative di cui al TUIF e in relazione all’art. 1418 c.c. e per totale assenza della documentazione chiesta ad substantiam dalla Legge, condannando per effetto, la Banca convenuta alla restituzione integrale della somma di € 27.347,35, oltre interessi e rivalutazione monetaria. 2. In Via subordinata, riconoscere e dichiarare l’annullamento del medesimo contratto ai sensi dell’art. 1427 e seguenti c.c., condannando, per effetto, la Banca convenuta alla restituzione integrale della somma di € 27.347,35 oltre interessi e rivalutazione monetaria. 3. In via ulteriormente subordinata, riconoscere e dichiarare il grave inadempimento della Banca convenuta, per tutti i comportamenti posti in essere all’atto della collocazione delle obbligazioni, e risolvere il contratto de quo, nonché, per l’effetto, condannare la Banca convenuta alla restituzione dell’investimento e comunque al risarcimento del danno pari alla somma investita, oltre interessi e rivalutazione monetaria, ed al risarcimento del danno morale e/o biologico ed esistenziale, che si indica, in via equitativa, in € 2.500 per ogni attore.”. Tali conclusioni non risultano modificate con la memoria depositata il 19 maggio 2004. 7. Per la società Cassa di Risparmio di Firenze: “nel merito e in via istruttoria come in comparsa di risposta”. In comparsa di risposta la società convenuta ha chiesto al Tribunale di “respingere le domande tutte formulate dagli attori in quanto infondate in fatto e in diritto”. Le eccezioni sulla carenza di legittimazione e di interesse 8. Preliminarmente va rilevato che il difensore della società convenuta, in memoria di replica, ha eccepito la carenza di “legittimazione attiva” degli attori. La legittimazione ad agire consiste nella titolarità del potere e del dovere – rispettivamente per la legittimazione attiva e per quella passiva – di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, secondo la prospettazione offerta dall’attore, indipendentemente dall’effettiva titolarità, dal lato attivo o passivo, del rapporto stesso. Nel caso in esame la legittimazione attiva va riconosciuta agli attori per il solo effetto della loro affermazione di titolarità del diritto fatto valere in giudizio. 9. Comunque, dal prosieguo delle argomentazioni esposte nella stessa memoria di replica, emerge che la società convenuta ha inteso contestare non tanto la legittimazione attiva in capo agli attori quanto la carenza di interesse a proporre il giudizio. Tale difetto di interessi sarebbe determinato dal fatto che “gli odierni attori non hanno venduto i titoli in contestazione, i quali peraltro mantengono ancora ad oggi un valore di Mercato”. 10. Tali argomentazioni non sono comprensibili. Il Tribunale rileva in capo agli attori un preciso interesse ad eliminare gli effetti giuridici conseguenti a un contratto ritenuto invalido, con conseguente recupero delle somme indebitamente versate in sua esecuzione. Normativa da applicare 11. Stabilisce l’art. 21 del decreto legislativo n°58 del 1998 che nella prestazione dei servizi di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati e acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati e adottare misure idonee a salvaguardare i diritti dei clienti sui beni affidati. 12. A sua volta il regolamento della Consob n° 11522 del 1998, dopo aver chiarito, all’art. 26, che gli intermediari autorizzati devono operare nell’interesse degli investitori e dell’integrità del mercato mobiliare e in modo coerente con i principi e le regole generali del decreto legislativo n° 58 del 1998, specifica che, essi, prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, devono: a) chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. b) Consegnare agli investitori il documento sui rischi generali degli investimenti in strumenti finanziari. 13. Gli intermediari autorizzati, inoltre, non possono effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento. 14. Ancora il terzo comma dell’ art. 29 del regolamento richiamato precisa che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. Valore della normativa Consob 15. I criteri generali, contenuti nella normativa in esame, concretano dei canoni di comportamento immediatamente precettivi, anche a prescindere dalla loro assunzione e specificazione in norme regolamentari. 16. E’ opinione ormai consolidata quella che individua nei regolamenti della Consob, non solo un’espressione di potestà ontologicamente normativa, ma anche una fonte idonea ad incidere con modalità particolarmente incisive sulla sfera giuridica soggettiva dei destinatari delle norme. 17. Si tratta, insomma, di disposizioni costitutive di diritto, che vanno ad integrare l’ordinamento giuridico generale, a condizionare l’autonomia negoziale ad incidere sui rapporti interpretativi, a costituire un parametro generale ed estratto della validità degli atti e dei comportamenti realizzati dagli operatori del mercato. 18. Prescindendo dal problema della collocazione nella sistematica delle fonti e dall’esito della risoluzione di eventuali antinomie, insomma, l’efficacia esterna delle norme prodotte dalla Consob nell’esercizio della sua potestà regolamentare non differisce, in quanto ad effetti prodotti sull’agire dei privati, dalle norme che derivano dall’ermeneusi di una legge o di un regolamento governativo. 19. Tali regole sono, insomma, parte integrante dell’ordinamento generale: salva l’eventuale illegittimità della disposizione che le prevede o la loro natura indipendente, nulla osta a che simili norme possano costituire fonte di invalidità o di inefficacia di un negozio giuridico, ovvero fattispecie astratta con cui confrontare un comportamento colpevole o doloso ad esse contrario e in relazione alla quale stabilire la responsabilità del suo autore. 20. Ad eguale conclusione si perverrebbe anche qualora si volesse addirittura escludere l’efficacia dei regolamenti della Consob sui rapporti interprivati. Secondo questa posizione, infatti, la violazione degli obblighi sanciti dai “provvedimenti” della Consob comporterebbe , ex se, le sole conseguenze interdittive e sanzionatorie. La mancata ottemperanza ad obblighi e divieti sanciti in via regolamentare determinerebbe, in ogni caso, effetti indiretti sui rapporti negoziali posti tra privati: sarebbe comunque sufficiente ad integrare la colpa inerente al neminem laedere, a determinare un’inversione dell’onere della prova nell’ambito della responsabilità contrattuale ed a provocare la nullità di contratti per assenza di elementi essenziali prestabiliti per via di fonte primaria. Obbligo di richiedere all’investitore le informazioni necessarie 21. Nella fattispecie in esame la società Cassa di Risparmio di Firenze non ha osservato le descritte regole di comportamento. 22. L’art. 28 del richiamato regolamento della Consob prevede, come si è visto, che prima di iniziare la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati devono chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio. 23. La società convenuta non ha fornito alcuna scritta o orale del fatto che i propri funzionari abbiano chiesto a e tali notizie. Ciò basta, di per sé, a rendere le operazioni illegittime. Obbligo di fornire le informazioni necessarie sull’investimento 24. Il secondo comma dell’art. 28 del regolamento richiamato precisa che gli intermediari autorizzati devono fornire all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi, e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento. 25. Ritiene il giudicante che la società convenuta non abbia fornito la prova neppure dell’espletamento di tale obbligo. Invero l’ordine d’acquisto sottoscritto dagli investitori recano la dizione “Si dà atto che mi avete fornito le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità della presente operazione”. 26. Anche qualora si voglia ritenere che con la produzione di tale dichiarazione la banca convenuta abbia dimostrato di aver illustrato agli attori il rischio delle operazioni finanziarie intraprese, occorre comunque rilevare che, tramite esse, non è dato comprendere e stabilire il tipo, la natura e la portata delle informazioni fornite. 27. Siamo, infatti, in presenza di una dichiarazione del tutto generica. La sola indicazione della “rischiosità” non costituisce certo un’informazione adeguata sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della operazione. 28. Siamo pertanto in presenza di una clausola di mero stile tale da non esonerare l’istituto dall’onere di fornire la prova positiva del tipo di informazione concretamente dato. 29. Peraltro la clausola in questione ove ritenuta valida e significativa, sarebbe anche inefficace alla luce del disposto di cui all’ art. 149 bis n. 18 c.c. traducendosi, di fatto, se non accompagnate dalla dimostrazione di un’effettiva e completa informazione, in una limitazione per la difesa del consumatore e di responsabilità per il professionista. 30. Orbene deve ritenersi che la banca avrebbe dovuto fornire una completa informazione circa i rischi connessi a quella specifica operazione che i clienti intendevano porre in essere (obbligo imposto anche dal primo comma dell’art. 11 della direttiva 93/22 CEE del 10-5-1993), dovendo l’intermediario finanziario agire con la diligenza dell’operatore particolarmente qualificato nell’ambito di un rapporto in cui gli è imposto di tutelare l’interesse dei clienti obbligo implicante indicazione, non generica, della natura altamente rischiosa dell’investimento secondo la valutazione operata dalle maggiori agenzie specializzate in materia, dato questo che la banca è tenuta a conoscere e , quindi, a comunicare al cliente al fine di consentirgli di effettuare una scelta consapevole, dovendosi in proposito ritenere che la valutazione del titolo da parte del mercato costituisca fattore rilevante in quanto idoneo ad influenzare il processo decisionale dell’investitore. Circa l’iniziativa dell’operazione 31. Del tutto irrilevante è la circostanza evidenziata dall’istituto di credito negli atti difensivi e anche sugli ordini sottoscritti dagli attori secondo cui l’acquisto delle obbligazioni argentine sarebbe stata richiesta espressamente dal cliente. 32. Gli obblighi sanciti dal legislatore a carico dell’istituto bancario fanno sì che il suo compito non è circoscritto a quello di una supina mera ricezione degli ordini, ma a un’attività molto diversa e ulteriore attività che in sostanza in quella che si può definire una consulenza. 33. Basti richiamare il terzo comma dell’art. 29 del regolamento della Consob laddove è previsto che gli intermediari autorizzati, quando ricevono da un investitore disposizioni relative ad una operazione non adeguata, lo informano di tale circostanza e delle ragioni per cui non è opportuno procedere alla sua esecuzione. 34. Peraltro l’obbligo di indicare che l’operazione non è adeguata per il cliente richiede necessariamente e preliminarmente la raccolta del medesimo di tutte le informazioni utili per procedere a tale valutazione, sicché in difetto di tali comportamenti da parte dei funzionari bancari rimane poco rilevante la circostanza che l’operazione sia stata suggerita dal cliente o proposta dall’intermediario. Obbligo di trasparenza 35. Sulla base della norma sopra richiamata la banca è tenuta, nella prestazione dei servizi di investimento e accessori, a comportarsi con “trasparenza”. L’imposizione di tale obbligo a carico dell’intermediario significa anche che i moduli presentati ai clienti bancari per la sottoscrizione devono essere redatti con chiarezza, al fine di consentire agli stessi una chiara e immediata rilevanza della portata e dei rischi dell’operazione. 36. La regola della trasparenza dispiega i suoi effetti, non solo sul piano contenutistico, ma anche sulle modalità di comunicazione, che devono garantire chiarezza e comprensibilità ed essere adeguate alle tecniche di contatto utilizzate con la clientela. 37. Nel caso in esame il modulo sottoscritto da e da non risponde a tale requisito. Essi. Infatti, recano l’annotazione “Si dà atto che mi avete fornito le informazioni necessarie e sufficienti ai fini della completa valutazione del grado di rischiosità della presente operazione” in caratteri minuti e non facilmente distinguibili dal resto del testo e inseriti in un solo periodo contenente altre disposizioni. 38. Nel modulo poi si leggono cinque preposizioni precedute ognuna di esse da una casella bianca, senza alcuna indicazione in ordine alle modalità di compilazione. Nessuna di tali caselle risulta sbarrata. Tra le frasi in questione si legge “l’operazione non appare adeguata alla Vostra situazione finanziaria ed ai Vostri obiettivi di investimento” e quella “ l’operazione non appare adeguata alla Vostra situazione finanziaria ed ai Vostri obiettivi di investimento, in quanto eseguita su mercato non regolamentato”. La mancata opposizione di un segno di spunta sulla casella bianca apposta sulla destra rispetto a tali proposizioni lascia quasi intendere che la banca abbia ritenuto le operazioni in questione, pur indicate come ad “alto rischio”, come adeguate alle persone degli investitori 39. Il modulo in questione non è, quindi, né chiaro né trasparente ma confuso e contraddittorio. Non si può, infatti, ritenere che il rispetto dell’obbligo di trasparenza si esaurisca nella consegna di un tale ordine scritto. Non si può presumere che sia pienamente consapevole l’investitore, cui l’intermediario ha consegnato i suddetti documenti e questi non deve ritenere che il mero rispetto dell’obbligo in questione renda il cliente capace di tutelare da sé il proprio interesse e di assumersi i rischi dell’investimento compiuto. 40. Invero, l’intermediario deve comunque assicurare all’investitore la propria assistenza e la propria guida nella scelta delle operazioni da compiere, anche al di là delle asettiche e standardizzate informazioni riportate nel documento. 41. La “conoscenza” deve essere una conoscenza effettiva ed anche alla luce del dettato dell’art. 82, comma 3, del Regolamento Consob, l’intermediario (o il promotore) deve verificare che il cliente abbia compreso le caratteristiche essenziali dell’operazione proposta, non solo con riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali, ma anche con riferimento alla sua adeguatezza in rapporto alla situazione dell’investitore. Onere della prova 42. L’art. 23 del decreto legislativo n° 58 del 1998, al sesto comma, specifica che, nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta. 43. La diligenza richiesta all’intermediario è quella specifica esigibile dagli intermediari professionali del settore (in applicazione della regola generale sancita dall’art. 1176 comma 2 c.c.). Il riferimento alla diligenza contenuto in questo norma non costituisce una mera ripetizione della regola codicistica, ma vuole significare che la posizione dell’intermediario sul mercato determina uno specifico affidamento di chi entra in contatto con lui nelle sue qualità e abilità professionali. 44. Funzione essenziale della norma è quella di trasferire sull’intermediario la prova dei fatti che rientrano nella sua sfera di controllo, si attribuisce al contraente dotato della migliore conoscenza delle dinamiche di mercato il compito di individuare le circostanze che hanno determinato un pregiudizio economico per l’investitore. 45. Nel caso in esame, invece, la società Cassa di Risparmio di Firenze non ha fornito, peraltro alcuna dimostrazione di avere adottato nella conclusione e nell’esecuzione dei contratti per cui è causa la necessaria diligenza, secondo le norme sopra illustrate. Nullità degli ordini 46. La normativa richiamata è posta a tutela dell’ordine pubblico economico e, dunque, si sostanzia in norme imperative, la cui violazione impone la reazione dell’ordinamento attraverso il rimedio della nullità del contratto, anche a prescindere da un’espressa previsione in tal senso da parte del legislatore ordinario. 47. Questo principio è stato sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 7 marzo 2001 n. 3272), secondo cui “in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità, non è rilevante ai fini della nullità dell’atto negoziale in conflitto con il divieto, in quanto vi sopperisce l’art. 1418, comma 1, c.c. che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere a disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità”. 48. Pertanto, un contratto di investimento, concluso senza l’osservanza delle regole di condotta dettate dalla normativa richiamata, deve essere dichiarato nullo, perchè contrario all’esigenza di trasparenza dei servizi finanziari che è esigenza di ordine pubblico. 49. I principi di condotta imposti a carico degli intermediari finanziari dalla legge speciale, imprimono ai comportamenti dovuti una logica che non può essere letta riduttivamente, nel quadro della disciplina del mandato e , quindi, nell’ottica di un semplice inadempimento contrattuale. 50. Infatti se a questa figura giuridica si può per taluni aspetti riferirsi, questo deve essere fatto tenendo presenti quei contenuti normativi che, connotandola attribuiscono alla fattispecie elementi differenziatori individuati nella complessità di obblighi posti a carico dell’intermediario. 51. La prospettiva da cui muove la disciplina del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria e nella quale sono confluite regole già vigenti e regole di nuova coniazione, riguarda, in generale, la regolamentazione del mercato finanziario con particolare attenzione alla tutela degli interessi pubblici sottesi alle regole. La protezione offerta agli investitori è considerata solo di riflesso. 52. Nella vigenza della legge n° 1 del 1991, parte della dottrina aveva attribuito ai canoni di diligenza , di correttezza un carattere ridondante o , addirittura, meramente ripetitivo delle disposizioni codicistiche. Sennonché gli interventi del legislatore successivi al recepimento della direttiva n° 22 del 1993 della Cee concorrono ad attribuire autonoma e specifica rilevanza alla previsione contenuta nell’art. 21 del decreto legislativo n° 58 del 1998. Infatti, se nel contesto della legge precedente gli obblighi di diligenza e correttezza risultavano espressamente finalizzati alla “cura dell’interesse del cliente”, con l’art. 17 d.lgs. 415/1996 e con l’art. 21 T.U.F. (norme ispirate alla disciplina comunitaria), tali obblighi sono imposti anche e soprattutto “nell’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. 53. Ne consegue che correttezza e diligenza, di cui alla disciplina dei servizi di investimento, esprimono concetti più ampi di quelli sottesi alle norme codicistiche, “operando non soltanto nel quadro di un rapporto obbligatorio con l’investitore per la tutela del soddisfacimento del suo interesse, ma anche più in generale (e in via di principio) in relazione allo svolgimento dell’attività economica come canone di condotta volto a realizzare una leale competizione e a garantire l’integrità del mercato”. Pertanto, nel contesto della nuova normativa la diligenza e la correttezza sono canoni di condotta riconducibili alle pratiche del commercio e agli usi imprenditoriali, mentre nel contesto codicistico non possono mai prescindere dall’esistenza di un rapporto giuridicamente rilevante tra due parti definite e precisamente individuate. 54. Ne consegue, pertanto, che l’ordine di acquisto del 7 marzo 2002 relativo alle obbligazioni Cirio Hold 6,250 sottoscritto esclusivamente da va dichiarato nullo. Rimborso 55. La società Cassa di risparmio di Firenze va, quindi, condannata al rimborsare agli attori le somme impiegate nell’acquisto di tali titoli. Ne consegue, pertanto, che la società convenuta va condannata a pagare agli attori la somma di 27.347,35 euro, sostenuta per l’acquisto delle obbligazioni in questione (vedi doc. n° 3 prodotto da parte attrice). Oltre agli interessi nella misura legale con decorrenza dal 2 dicembre 2003 (data di notificazione della domanda), dovendosi presumere la buona fede dell’accipiens. Anche nell’ipotesi di specie trova applicazione il principio per cui la buona fede si presume in difetto di specifiche prove contrarie e può ritenersi esclusa solo dalla prova della consapevolezza, da parte dello stesso accipiens dell’inesistenza di un suo diritto al pagamento effettuato a suo favore. 56. Con l’entrata in vigore della l. 26 novembre 1990 n. 353 il saggio di interessi legali deve ritenersi determinato secondo le oscillazioni dell’inflazione. Sono pertanto venuti meno i presupposti posti a base del risarcimento del maggior danno derivante dal deprezzamento della moneta e della cumulabilità con gli interessi. La norma di cui al primo comma dell’art. 1224 c.c. ha recuperato l’originaria funzione di assicurare un risarcimento minimo e forfetario, indipendentemente da qualsiasi prova di danno, con la conseguenza che non sussiste più spazio al riconoscimento di altri danni forfetariamente calcolati, legati al tasso d’inflazione, ferma restando, per il creditore, la possibilità di chiedere e dimostrare il maggior danno. 57. Il maggior danno da svalutazione monetaria va provato e, pur essendo vero che, in difetto di prove specifiche, soccorre il potere del giudice di far ricorso a criteri presuntivi in ordine alla possibilità d’impiego del denaro, coerenti con la situazione personale e professionale del creditore, non si può prescindere dall’assolvimento, da parte del creditore stesso, quanto meno di un onere di allegazione che consenta al giudice di verificare se, tenuto conto di dette qualità personali e professionali, il danno richiesto possa essersi verosimilmente prodotto. 58. Il creditore non può, infatti, ritenersi esonerato dall’allegazione e prova, ancorché nell’ambito della categoria di appartenenza, degli elementi in forza dei quali il danno ulteriore può essere quantificato, atteso che, con particolare riguardo alla molteplicità delle categorie predette, il ricorso ad elementi presuntivi, o a fatti di comune esperienza non può certo tradursi automaticamente in parametri fissi comunque applicabili e deve ritenersi consentito soltanto in stretta correlazione con le qualità e le condizioni della categoria cui appartiene il creditore, e che esclusivamente alla luce di tali dati personalizzati, che l’interessato ha l’onere di fornire, sussistono i presupposti per una valutazione, secondo criteri di probabilità e normalità, delle modalità di utilizzazione del denaro e, quindi, degli effetti, nel caso concreto, della sua ritardata disponibilità. 59. Nel caso in esame, pertanto, non avendo e in alcun modo dedotto e provato il maggior danno conseguente alla mancata restituzione della somma dovuta, la domanda di risarcimento va rigettata. 60. e hanno anche, chiesto la condanna della società Cassa di Risparmio al risarcimento “del danno morale e/o biologico ed esistenziale”. Nessuna dimostrazione hanno, tuttavia, fornito gli attori di aver ricevuto dal comportamento della banca un danno ulteriore consistito in un turbamento della propria persona o, comunque, un’ingiusta lesione di un valore inerente alla persona, costituzionalmente garantito. 61. La vicenda descritta dagli attori , in mancanza di qualsiasi deduzione e prova, deve essere ricondotta in un ambito strettamente patrimoniale, senza alcuna particolare implicazione in ordine alla sfera intima della personalità e senza rilevanti ripercussioni sull’assetto morale della persona. Spesa del giudizio 62. In applicazione del principio stabilito dall’art. 91 c.p.c. la società Cassa di Risparmio di Firenze va condannata anche al rimborso delle spese processuali che, tenuto conto della natura e del valore della controversia, dell’importanza e del numero delle questioni trattate e all’attività svolta dal difensore innanzi al giudice, si liquidano in complessivi 3.487,62 euro oltre alle spese forfetarie, all’I.V.A. e c.p.a., di cui euro 1.115 per diritti ed euro 2.210 per onorario, e infine euro 522,62 quali spese effettivamente sostenute. per questi motivi Il Tribunale, definitivamente decidendo, condanna la società cassa di Risparmio di Firenze a pagare a e a la somma di 27.347,35 euro oltre agli interessi nella misura legale con decorrenza dal 2 dicembre 2003 ed al rimborso delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 3.487,62 oltre alle spese forfetarie, all’I.V.A. e al c.p.a. Così deciso il 24 marzo 2005 in Firenze.

01/06/2005

Documento n.4755

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