Trib. Bari. Bond argentini: condannata banca. Da Avv. M. Melpignano

in Sentenze e testi di legge
REPUBBLICA ITALIANA - IN NOME DEL POPOLO ITALIANO - Il Tribunale di Bari, Seconda Sezione Civile, composto dai signori magistrati: 1. Dott. Luigi DILALLA - Presidente 2. Dott. Nicola MAGALETTI - Giudice 3.Dott.Luigi AGOSTINACCHIO –Giudice Relatore ha pronunziato la seguente SENTENZA nella causa civile di primo grado iscritta nel registro generale affari contenziosi col numero d’ordine 11790 dell’anno 2004 TRA Banca (omissis), in persona dell’amministratore delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata (omissis) rappresentata e difesa dall’avv. (omissis), in virtù di procura in calce alla copia dell’ingiunzione di pagamento notificata in data 18.10.2004 OPPONENTE contro (omissis), elettivamente domiciliati in Bari alla Via (omissis) presso lo studio dell’ avv. (omissis), dal quale sono rappresentati e difesi in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta del 13.12.2004 OPPOSTI * * * * * * * * * * * All’udienza collegiale deIl’11/05 2005, fissata per la discussione ex art 12 D.L.vo n. 5/2003, la causa veniva riservata per la decisione sulle conclusioni rassegnate rispettivamente dagli opposti, nella istanza di fissazione di udienza ex art. 8 D.L.vo n. 5/2003, e dall’opponente, nella nota di precisazione ex art. 10 I comma della medesima normativa. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con ricorso ex artt. 633 e ss.gg. c.p.c. depositato in data 2 giugno 2004, i Sigg.ri (omissis), in proprio e quale erede del coniuge (omissis) deceduto il 1.6.2001, nonché i figli (omissis) chiedevano l’emissione di ingiunzione di pagamento nei confronti della Banca (omissis) per la somma di € 201.418,18, " pari all’importo versato per l’acquisto nullo di obbligazioni Argentina scadenti rispettivamente il 18.3.04 per € 129.114,22 £(250.000.000) ed il 3.1.207 per € 72.303,96 £( 140.000.000 ) ", oltre agli interessi decorrenti dalla data dei versamenti fino al soddisfo. A sostegno della domanda monitoria assumevano : a) che in data 27.2.95 i coniugi (omissis) avevano stipulato con la Banca di Roma S.p.A. un contratto di gestione individuale degli investimenti, finalizzato alla negoziazione di valori mobiliari; b) che in esecuzione del suddetto rapporto contrattuale, in data 12.12.96 e 3.1.97 l’istituto di credito aveva effettuato due distinti acquisti di "titoli Argentina" , rispettivamente per £. 140.000.000 e £.250.000.000, in esecuzione di altrettanti ordini telefonici impartiti dal sig. (omissis); c) che tali ordini di negoziazione non erano però mai stati sottoscritti, né ratificati dagli investitori; d) che la banca non aveva rilevato il profilo di rischio dei contraenti, né illustrato loro i prospetti informativi afferenti ai titoli obbligazionari de quibus; e) che l’istituto di credito aveva sistematicamente ed ingiustificatamente disatteso le varie richieste dei ricorrenti, dirette ad ottenere l’invio del "profilo di rischio e gli ordini di acquisto dei titoli sottoscritti dagli investitori"; d) che le due operazioni finanziarie poste in essere rispettivamente il 12.12.96 e 3.1.97, erano quindi da considerarsi inesistenti, ovvero nulle per violazione della normativa di ordine pubblico dettata a tutela della trasparenza del risparmio. Con decreto n. 8504 emesso il 29.9.2004 e notificato il 18.10 successivo, il Presidente della II^ Sezione Civile del Tribunale di Bari ingiungeva alla Banca di Roma S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, di pagare, entro quaranta giorni ed in favore dei ricorrenti (omissis) -"la prima per la metà e tutti per l’altra metà nei limiti delle rispettive quote ereditarie" - l’intera somma richiesta per le dedotte causali, con gli interessi legali al netto degli importi a tale titolo già percepiti, e le spese della procedura. Avverso detto provvedimento monitorio la Banca (omissis) proponeva formale opposizione, con citazione notificata il 15.11.2004, lamentando: a) la mancanza di prova scritta del credito, non essendo stato documentato dai ricorrenti il versamento dei fondi necessari alla negoziazione dei titoli obbligazionari di cui al ricorso monitorio; b) l’incertezza del credito medesimo, fondato su assunti fumosi e privi di riscontri; c) la validità degli ordini di acquisto impartititi telefonicamente dal sig. (omissis), dante causa dei ricorrenti, rispettivamente in data 12.12.96 e 25.9.97, richiedendosi la forma scritta ad substantiam solo per il contratto base di gestione individuale degli investimenti, e non anche per i singoli ordini di negozíazione dei valori mobiliari; d) l’incompatibilità della domanda monitoria con la condotta assunta dagli investitori nel corso del rapporto contrattuale, che avevano di fatto ratificato l’operato dell’opponente; e) l’inesigibilità dei doveri di informazione a carico dello stesso istituto di credito, in particolare dell’obbligo di rilevazione del profilo di rischio degli investitori, perché introdotto dal legislatore in epoca successiva al contratto del 27.2.95. Su tali premesse chiedeva all’adito Tribunale di "revocare, dichiarare nullo e/o inefficace, ovvero annullare iI decreto ingiuntivo opposto", con vittoria di spese e compensi difensivi. I creditori opposti si costituivano ritualmente in giudizio ex art. 5 D.L.vo n. 5/2003, con la comparsa di risposta depositata in cancelleria il 20.12.2004, previamente comunicata via fax e notificata tramite ufficiale giudiziario, rispettivamente al procuratore costituito ed al domiciliatario. In via preliminare, eccepivano il passaggio in giudicato dell’ opposto provvedimento monitorio. Ciò perché, trattandosi di controversia non soggetta al rito societario, la vocatio in ius operata ex art. 2 D.L.vo n. 5/2003 senza l’indicazione dell’udienza a comparire, aveva a loro dire determinato la nullità della domanda, con conseguente decorso del termine perentorio per la proposizione dell’opposizione. Nel merito deducevano l’infondatezza delle avverse doglianze, insistendo, in particolare, per la “ non conformità a diritto dell’ordine di acquisto bonds Argentina a mezzo telefono". Concludevano, quindi, chiedendo: a) in via principale, la declaratoria di inammissibilità della opposizione, in conseguenza dell’avvenuto passaggio in giudicato dell’opposto decreto ingiuntivo; b) in via subordinata, il rigetto della opposizione, previo accertamento incidentale della nullità dei negozi di acquisto impartiti telefonicamente; c) "in via ancor più gradata e ove del caso riconvenzionale" la condanna dell’opponente alla restituzione della somma di € 201.418,18, con gli interessi ed il maggior danno. II tutto con vittoria di spese ed onorari di causa. NeI corso del giudizio veniva rigettata l’istanza di concessione della provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c., formulata dagli opposti con apposita istanza del 20.12.2004. Con decreto del 14.2.2005, il giudice relatore fissava l’udienza collegiale di discussione per l’11 5 successivo, contestualmente ammettendo la prova testimoniale richiesta dall’opponente nella propria memoria di replica ex art. 6 D.L.vo n. 5/2003 del 13.05.2005. Alla detta udienza le parti rinunciavano a tale mezzo istruttorio, essendo le circostanze oggetto di prova assolutamente pacifiche ed incontestate; onde il collegio riservava la decisione della causa, sulle conclusioni rassegnate dai procuratori costituiti. MOTIVI DELLA DECISIONE L’opposizione è infondata e non può, quindi, trovare accoglimento. Va innanzitutto esaminata la questione preliminare relativa alla corretta individuazione del rito applicabile alla fattispecie in esame, a fronte della eccezione sollevata dagli opposti nel proprio atto di costituzione in giudizio e ribadita, poi, in sede di precisazione delle conclusioni. Orbene ed in relazione a tale specifico aspetto, questo Tribunale ritiene che la presente controversia stata correttamente instaurata nelle forme del rito societario ai sensi del D.L.vo n. 5/2003. Infatti, l’art. 1 di tale decreto, nell’individuare l’ambito di applicazione delle nuove norme, al comma I lett. d) dispone espressamente che le stesse si applicano a tutte "le controversie relative a rapporti in materia di intermediazione mobiliare da chiunque gestita, servizi e contratti di investimento, ivi compresi i servizi accessori, fondi di investimento, gestione collettiva del risparmio e gestione accentrata di strumenti finanziari, ivi compresa la cartolarizzazione dei crediti, offerte pubbliche di acquisto e di scambio, contratti di borsa". E poiché la vicenda contrattuale da cui trae origine il credito dedotto nel presente giudizio è senz’altro riconducibile alla tipologia di rapporti appena descritti, la scelta del rito operata dall’opponente appare sicuramente corretta. Di contro, l’eccezione di passaggio in giudicato dell’opposto decreto, quale conseguenza della pretesa inapplicabilità del rito societario alla fattispecie de qua, va senz’altro disattesa. Passando all’esame del merito, le risultanze processuali inducono a confermare la valutazione già operata dal presidente di sezione del tribunale al momento della emissione del decreto ingiuntivo - sia pure implicitamente ed all’esito di una cognizione sommaria - circa la nullità degli ordini di acquisto impartiti telefonicamente in data 12.12.96 e 3.1.97. Tale convincimento poggia sulle seguenti considerazioni. Vengono innanzitutto in rilievo gli artt. 1 e 2 delle condizioni generali allegate al contratto di gestione degli investimenti stipulato in data 27.2.95, i quali si occupano del conferimento degli ordini di negoziazione e delle relative modalità. La prima di tali disposizioni, pur prevedendo, in via generale, che gli ordini di acquisto siano normalmente conferiti per iscritto, ammette anche la possibilità dell’ordine di negoziazione impartito telefonicamente; stabilendo, in tal caso, che la relativa prova è data dall’annotazione sui registri dell’ istituto di credito. L’art. 2, invece, con riferimento alle operazioni finanziare poste in essere al di fuori dei mercati regolamentati - categoria cui possono ricondursi gli acquisti dei c.d. bonds argentini essendo tale circostanza pacifica ed incontestata - richiede, espressamente, che il relativo ordine sia impartito per iscritto dal cliente. Poiché, tuttavia, la disposizione in esame non contempla alcuna specifica sanzione per l’ipotesi in cui il suddetto requisito di forma non sia in concreto rispettato, si prospettano, a riguardo, due soluzioni alternative. In primo luogo, potrebbe farsi riferimento alla disciplina dettata dal c.c. per l’autorizzazione del mandatario. Ciò in quanto, il contratto di gestione individuale dei patrimoni, recentemente tipizzato dal legislatore (art. 24 TUIF 58/98), è stato per lungo tempo considerato una specie della più generale figura del mandato, a cui ancora si rinvia per colmare le lacune nella attuale disciplina di tale figura negoziale. In particolare, viene in rilievo l’art. 1711 c.c., a norma del quale l’atto non autorizzato, eccedendo i limiti fissati nel mandato, resta a carico del mandatario, se il mandante non lo ratifica. Applicando tale disposizione alla fattispecie in esame, quindi, si deve ritenere che la banca, non avendo rispettando lo specifico requisito di forma contemplato dal citato art. 2 delle condizioni generali di contratto, abbia commesso un abuso del mandato gestorio. Sul piano delle conseguenze di tale condotta, è noto che il negozio stipulato dal mandatario eccedendo i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei confronti del mandante, salvo ratifica da parte di quest’ultimo. Nel caso di specie, peraltro, non possono ravvisarsi, nella condotta del cliente, i caratteri della ratifica c.d. per facta concludentia. Infatti, poiché tanto il contratto base di gestione, quanto i singoli acquisti al di fuori dei mercati regolamentati, richiedono espressamente la forma scritta ad substantiam, anche la ratifica per produrre gli effetti che le sono propri, deve necessariamente rispettare i medesimi requisiti di forma. Conclusivamente, ove si aderisse a tale prima soluzione, l’abuso del mandato gestorio dovrebbe essere sanzionato con l’inopponibilità nei confronti del mandante del negozio così posto in essere; con l’ulteriore conseguenza che gli effetti di tale negozio non possono che prodursi unicamente nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico con l’obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivargliene. Diversamente opinando, si potrebbe ritenere che il contratto di gestione del 27.2.1995, nella misura in cui richieda espressamente la forma scritta per gli acquisti effettuati al di fuori dei mercati regolamentati, abbia sostanzialmente recepito la disciplina legislativa di riferimento, con tutte le relative conseguenze. A tale seconda opzione ermeneutica il collegio ritiene di dover prestare adesione, in base alla semplice considerazione che un contratto, avente ad oggetto un’attività di intermediazione mobiliare quale quella di gestione individuale degli investimenti, non può restare indifferente alla normativa dettata dal legislatore per la disciplina di siffatta materia, atteso il carattere imperativo delle relative disposizioni . Nel caso di specie, tale normativa va individuata nella L 02/01/1991 n. 1 (c.d. legge SIM) la quale, essendo stata parzialmente abrogata con l’art. 66 del D. L.vo n. 415/96 - quindi in epoca successiva al contratto di gestione del 27.2.95 si applica necessariamente a tale negozio, in base al principio generale "tempus regit actum". In particolare, l’art. 11 della legge citata prevede: a) al comma 2 che "Le società di intermediazione mobifiare possono eseguire le negoziazioni di cui al comma 1 fuori dei mercati regolamentati soltanto quando il cliente lo abbia ordinato o autorizzato preventivamente per iscritto e ciò consenta di realizzare un miglior prezzo per il cliente stesso."; b) al comma 11 che "Sono nulli i patti in deroga alle disposizioni del presente articolo." A ciò si aggiunga che lo stesso regolamento Consob 2 luglio 1991 n.5387, applicabile al contratto di gestione in oggetto in forza dell’espresso richiamo contenuto nell’art. 14 delle citate condizioni generali, stabiliva espressamente che " il contratto con il cliente deve .....individuare espressamente le operazioni che l’intermediario non può compiere senza la preventiva autorizzazione del cliente e le modalità di manifestazione di detta autorizzazione. In ogni caso, gli acquisti di valori mobiliari non negoziati su mercati regolamentati sono preventivamente e singolarmente autorizzati per iscritto" . Orbene, l’applicabilità di tali principi alla fattispecie in esame, in forza delle considerazioni testé enunciate, consente di concludere nel senso della radicale nullità degli ordini di acquisto impartititi telefonicamente in data 12.12.96 e 25.9.97, confermando in pieno la valutazione operata dal tribunale in sede monitoria. Infatti l’opponente non ha prodotto nessun documento da cui si possa in qualche modo inferire l’intervenuta autorizzazione scritta in ordini agli acquisti del 12.12.96 e 3.1.97. Anzi, essendosi limitata a sostenere con vigore la tesi della validità degli ordini telefonici, ha implicitamente ammesso l’assenza di siffatta autorizzazione. Giova, tuttavia, precisare che gli ordini telefonici de quibus si inseriscono, nella dinamica del contratto di gestione degli investimenti del 27.2.95, come singole modalità di attuazione di tale negozio. Sicché la dichiarata nullità, inficiando unicamente le singole operazioni finanziarie poste in essere in attuazione di tali ordini, non è suscettibile di travolgere l’intero rapporto sottostante, non ricorrendo i presupposti a tal fine richiesti dall’art. 1419 I comma c.c.. Fatta tale precisazione, può essere esaminato il profilo relativo alla sussistenza o meno delle condizioni per la emanazione del provvedimento monitorio al momento della presentazione della relativa istanza. A tale proposito, giova subito chiarire che, attraverso l’opposizione a decreto ingiuntivo, viene attivato un ordinario giudizio di cognizione in cui il giudice non deve limitarsi a stabilire se l’ingiunzione sia stata emessa legittimamente in relazione alle condizioni previste dalla legge per l’emanazione del provvedimento monitorio, dovendo invece accertare il fondamento della pretesa azionata con il ricorso per ingiunzione. Pertanto, ove il credito risulti fondato, egli deve accogliere la domanda indipendentemente dalla circostanza della regolarità, sufficienza e validità degli elementi probatori alla stregua dei quali l’ingiunzione è stata emessa, restando irrilevanti, ai fini di tale accertamento, eventuali vizi della procedura monitoria che non importino l’insussistenza del diritto fatto valere per il tramite di essa. L’eventuale mancanza delle condizioni che legittimano l’emanazione del provvedimento ingiuntivo, infatti, come anche l’esistenza di eventuali vizi nella procedura relativa, possono assumere rilevanza solo sul regolamento delle spese della fase monitoria, in quanto il riconoscimento del diritto azionato del creditore, all’esito della cognizione piena che caratterizza i1 giudizio ordinario, può passare attraverso la revoca o la conferma del decreto ingiuntivo opposto (cfr. ex multis Cass. Civ., sez. I 16.03.2004 n. 5311; Cass. civ. sez. II 12.05.2003 n. 7188). Tanto premesso, questo tribunale ritiene che nella fattispecie in esame l’ ingiunzione di pagamento in danno dell’istituto odierno opponente sia stata legittimamente emessa. Si può cioè, ritenere, che la documentazione allegata al fascicolo della fase monitoria, anche perché proveniente dallo stesso istituto di credito, fosse idonea a soddisfare le condizioni minime richieste dalla legge per 1’emissione del decreto ingiuntivo. Per quanto riguarda, specificamente, l’indefettibile requisito della prova scritta del credito dedotto, vengono in rilievo le cedole bancarie esibiti dai ricorrenti. Tali documenti, invero, provano il fatto storico del1’avvenuto accreditamento, su1 conto del cliente, dei frutti prodotti dai titoli; tuttavia, con specifico riferimento ad operazioni di mercato - nella specie i due acquisti di bonds argentini - finanziate dagli stessi investitori. Quanto, invece, alla certezza della pretesa monitoria, il collegio ritiene che la copia del contratto di gestione del 27.2.95, con la allegata regolamentazione, unitamente ai due ordini telefonici del 12.12.96 e 3.1. 9 7 , fosse sicuramente idonea a consentire una valutazione sommaria in merito alla nullità degli stessi. Alla luce delle suesposte considerazioni, va quindi confermato il decreto ingiuntivo opposto e rigettata la presente opposizione. Ai sensi dell’art. 91 c.p.c. , le spese del presente procedimento, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, d’ufficio in assenza di nota specifica P.Q.M. IL TRIBUNALE, definitivamente pronunziando sulla opposizione proposta con citazione notificata il 15.11.2004 dalla Banca (omissis) contro (omissis) avverso il decreto ingiuntivo n. 8504 del 29.9.2004, così provvede nel contraddittorio delle parti: - Rigetta l’opposizione e, per l’effetto, - Conferma il decreto ingiuntivo in oggetto; - Condanna l’opponente a pagare in favore degli opposti le spese del giudizio, liquidate in complessivi € 5276,00 (di cui €1541,00 per diritti, €3735,00 per onorario) oltre al rimborso forfetario del 12,5 % su diritti ed onorari, nonché oltre I.V.A. e CAP secondo legge. Così deciso in Bari, i1 giorno 26 maggio2005. IL PRESIDENTE Dr. Luigi DILALLA L’ESTENSORE Dr. Luigi AGOSTINACCHIO N.B. Il presente provvedimento è stato redatto con la collaborazione dell’uditore giudiziario dr. Francesco Pellecchia. DEPOSITATA IN CANCELLERIA 20 GIU 2005 DIRETTORE DI SEZIONE

31/10/2005

Documento n.5218

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