Mutui a tasso variabile antecedenti il 1996. Da Avv. Cecilia Ruggeri

in Sentenze e testi di legge
MUTUI L'Avv. Cecilia Ruggeri, coordinatore dei legali Adusbef per la Regione Piemonte, ha scoperto che molti contratti di mutuo a tasso variabile (o con una componente variabile), sottoscritti tra la fine degli anni ottanta e la prima metà degli anni novanta, contengono delle clausole di determinazione dei tassi di interesse che non rispettano i limiti imposti dalla Legge 7 marzo 1996 n. 108, in tema di usura. Più precisamente i contratti di cui si discute – pur se sottoscritti in epoca precedente all'entrata in vigore della citata Legge 108/1996 e dunque non sottoposti ai vincoli previsti da tale normativa, che vale soltanto dal momento dell'entrata in vigore in avanti – rinviano, per la determinazione del tasso di interesse che il cliente deve pagare alla banca, ad una pattuizione successiva che, come tale, avrebbe dovuto rispettare i limiti imposti dalla legge antiusura. Ma questi limiti, spesso, non sono stati rispettati! Da tale circostanza discende che, ai sensi dell'art. 1815 comma II c.c., in relazione alle rate di mutuo sulle quali la banca ha applicato un tasso di interesse eccedente il tasso di usura, il cliente avrà diritto ad ottenere in restituzione l'intero ammontare degli interessi pagati. In definitiva, alla luce di quanto sopra esposto, i contratti per cui può essere utile rivolgersi ai legali Adusbef per un controllo circa la legittimità dei contenuti sono: a) quelli sottoscritti prima del 1996; b) a tasso variabile (o con una componente variabile che segue una a tasso fisso); c) quelli che contengono una clausola di determinazione degli interessi di questo genere: “il tasso a debito della parte Mutuataria potrà essere modificato semestralmente dalla Banca in dipendenza delle variazioni intervenute nel Prime Rate ABI...(omissis)...la Banca comunicherà alla parte mutuataria, entro i mesi di giugno e dicembre, a mezzo lettera o avviso di pagamento ogni variazione di tasso [...] La parte Mutuataria avrà tuttavia la facoltà di non accettarla; in tal caso essa dovrà provvedere entro 20 giorni dalla data di ricezione della predetta lettera o del predetto avviso al versamento di quanto dovuto, intendendosi il contratto risolto; in mancanza di tale versamento la variazione del tasso si intenderà accettata dalla parte Mutuataria ad ogni effetto”. I risultati sinora ottenuti in Tribunale, come si può arguire dalla sentenza in commento sono, peraltro, incoraggianti.
REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano Il Giudice Unico del Tribunale Ordinario di Torino, sezione sesta civile, in persona del dott. Antonio Rapelli, ha pronunciato la seguente sentenza nella causa n. r.g.c. promossa da , residente in ed ivi elettivamente domiciliato in Corso Inghilterra n. 39, presso lo studio dell'avv.to Cecilia Ruggeri, che lo rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine dell'atto di citazione;  attore - contro , in persona del procuratore , ed elettivamente domiciliato in ,che la rappresenta e difende in forza di procura speciale a margine della comparsa di costituzione e risposta; - convenuta - Conclusioni dell'attore: “ Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, salvis iuribus, contrariis reiectis, nel merito: previa verifica dell'illecita applicazione di interessi usurai in relazione alle rate di mutuo corrisposte da dall'entrata in vigore della L. 108/1996 sino all'ultimo pagamento effettuato il , condannare al pagamento in favore dell'attore della somma di ˆ 31.432,01 in quanto corrisposta in violazione del divieto di usura (relativamente alla quota di mutuo concessa a tasso variabile), ovvero di quell'altra somma accertando in corso di causa, oltre ad interessi legali e rivalutazione monetaria dal momento di ogni singolo pagamento sino al saldo definitivo. Con vittoria delle spese e degli onorari di giudizio”. Conclusioni della convenuta: “ Voglia l'Ill.mo Tribunale, contrariis reiectis, in via principale, rigettare tutte le pretese attoree in quanto infondate in fatto e diritto, assolvendo parte convenuta da ogni domanda avversaria; in via subordinata,e nella denegata ipotesi di accoglimento delle avversarie domande, pronunciare la compensazione del preteso credito di parte attrice con il credito vantato dall'esponente in dipendenza della violazione, da parte della stessa parte attrice, dei doveri di buona fede e correttezza nella conclusione e nell'esecuzione del contratto in questione, nella misura da determinarsi in corso di causa o, comunque, da liquidarsi in via equitativa dal giudice. Il tutto con vittoria di onorari, diritti e spese di giudizio, oltre IVA e CPA e rimborso forfetario ex art. 15 t.p.”. SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO Con citazione notificata il conveniva innanzi questo Tribunale la Banca , esponendo di avere concluso, il ed unitamente al proprio coniuge, un contratto di mutuo (a cui accedeva una garanzia ipotecaria) con la Banca ( a cui era successivamente subingredita nei relativi rapporti detta convenuta ) per un importo di lire 215 milioni, da restituire in 29 rate semestrali a tasso variabile, regolarmente pagate seppure per importi comprensivi di interessi che talvolta avevano ecceduto il c.d. “ saggio soglia”; evidenziava in proposito che , fatta eccezione per un primo periodo, a decorrere dalla scadenza della seconda rata era prevista la facoltà della mutuante di modificare semestralmente il tasso di interessi, adeguandolo (come in effetti era avvenuto) alla variazione di determinati indici e comunicando tale sua decisione alla parte mutuante, da reputarsi da quest'ultima implicitamente accettata qualora non avesse manifestato il proprio dissenso in proposito; rimarcava che a tale periodica rinegoziazione dei saggi andava ricondotta la conforme volontà delle parti sul punto, e che l'usurarietà o meno delle singole aliquote doveva essere verificata avuto riguardo alle singole cadenze semestrali; sul presupposto che gli interessi corrisposti in relazione a determinate semestralità ( indicate analiticamente anche con riferimento ai singoli importi ) avessero ecceduto la “soglia” di cui sopra, instava per la restituzione delle somme (corrispondenti a complessivi ˆ 31.432,01) corrispondenti a detti interessi, non dovuti “in toto ai sensi dell'art. 1815 cpv. c.c.. La Banca si costituiva in giudizio, contestando gli assunti di controparte e sostenendo che nel caso di specie il contratto di mutuo (che appunto contemplava la possibilità di adeguamento periodico degli interessi) era stato stipulato in data anteriore all'entrata in vigore della l. 108/96, la quale aveva appunto novellato l'art. 1815 c.c. nei termini invocati dall'attore, ma appunto non applicabile alla concreta fattispecie, e che l'eventuale rifiuto del mutuatario in ordine al tasso tempo per tempo comunicatogli andava interpretato come l'esercizio del diritto di recesso contrattualmente accordato; domandava di conseguenza il rigetto della domanda nei suoi confronti avanzata; nel contesto della successiva memoria instava in subordine per la compensazione dell'eventuale credito restitutorio dell'attore con un proprio controcredito discendente dalla violazione dei doveri di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto “de quo”. Senza il compimento di attività istruttoria ulteriore rispetto alle produzioni documentali, la causa veniva trattenuta a sentenza sulle conclusioni in epigrafe riprodotte. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Per una migliore comprensione delle problematiche che informano la presente vicenda processuale, si ritiene opportuno riprodurre le previsioni che qui vengono in rilevo e contenute nel contratto di mutuo stipulato con atto a rogito notaio tra la Banca quale mutuante da un lato, e quali mutuatari. A fronte della erogazione a mutuo della somma di lire 215 milioni (il dato è desunto dalla citazione, essendo la copia del citato rogito versata in atti priva della terza pagina), venne concordata la restituzione in ventinove rate semestrali (scadenti a fine giugno e dicembre di ogni anno) in conformità “al piano di ammortamento allegato sotto la lettera B)” (anch'esso mancante nella copia in questione, e con la previsione (art.5) di “interessi posticipati calcolati al tasso semestrale inizialmente stabilito nella misura del 5,625%, peraltro “valido solo per l'eventuale periodo di preammortamento e per i primi sei mesi di ammortamento”, potendo “successivamente ed indipendentemente dalle condizioni iniziali... essere dalla Banca modificato semestralmente a partire dal 1 luglio 1996”, che lo avrebbe “determinato sommando al tasso base, calcolato come specificato all'art. 6 delle Condizioni generali, uno spread di 0,50 punti percentuali su base d'anno”. A loro volta, “le condizioni generali” (allegate anch'esse al rogito) contemplavano che, “nel caso di mutui in lire, se il contratto non” prevedeva “espressamente il tasso fisso per tutta la durata del rimborso, il tasso a debito della parte mutuataria” potesse “essere modificato semestralmente dalla banca in dipendenza delle variazioni intervenute nelle prime rate A.B.I.”, sulla base della “ media aritmetica semplice , arrotondata all'ottavo di punto più vicino delle rilevazioni quindicinali.. antecedenti la semestralità soggetta a rivedibilità, maggiorata di un punto percentuale”. L'attore sostiene che , in relazione ad alcune semestralità già venute a maturazione (la seconda del 2001, entrambe quelle relative al 1999, 2002, 2003 e 2004) il sopra riprodotto criterio di computo alla stregua del quale poteva atteggiarsi il “ius variandi” accordato all'istituto di credito ( e di cui quest'ultimo si era in effetti avvalso) avrebbe determinato l'applicazione di saggi di interesse che, rapportati alle singole frazioni di capitale a cui accedevano, esorbitavano dalla c.d. “soglia” imposta dall'art. 2 c. 4° l. 7.3.1996 n. 108, ed erano quindi da reputare a tutti gli effetti usurari, ed in quanto tali non dovuti nella loro interezza e di conseguenza ripetibili. Nessuna contestazione ha mosso la convenuta in ordine ai conteggi esposti nel contesto dell'atto introduttivo ed ivi pagina 6, contenente un prospetto illustrativo e riepilogativo da cui si desume un ammontare complessivo degli interessi in parola pari ad ˆ 32.432,01, anche se la sommatoria dei vari addendi è stata dall'attore indicata in una cifra errata, ed inferiore di mille euro. Può pertanto ritenersi pacifica la circostanza dell'avvenuta corresponsione in favore dell'istituto di credito (a titolo di interessi ed in relazione alle semestralità di cui sopra) della complessiva somma di ˆ 31.432,01, eccedente (nei singoli importi che hanno concorso a comporla) i limiti tempo per tempo rilevati oltre i quali erano integrate le caratteristiche dell'usurarietà. Peraltro, l'eventuale accoglimento della domanda restitutoria avanzata da deve essere circoscritto (nella statuizione positiva e terminativa del presente processo) alla metà della somma in questione (e cioè ad ˆ 15.716,00), posto che da un lato il mutuo in questione risulta contratto oltre che da anche da un'altra persona, e dall'altro (dovendosi presuntivamente imputare il pagamento dei singoli importi semestrale ad ambedue i mutuatari in quote paritarie) non constano i presupposti per ravvisare un'ipotetica solidarietà attiva relativamente al credito posto a fondamento di detta domanda. 2. La convenuta ha obiettato che, per verificare la sussistenza o meno di detto profilo di illiceità e quindi l'applicabilità della sanzione comminata al capoverso dell'art. 1815 c.c., occorre avere riguardo all'epoca di conclusione del contratto “de quo”, risalente come si è visto al 1995 e quindi stipulato anteriormente all'entrata in vigore della l. 108/96, che appunto introduceva una nozione oggettiva del tasso usurario ed altresì novellava la norma codicistica in questione. Una siffatta conclusione sarebbe inoltre corroborata (sempre alla stregua della prospettazione della convenuta), dal tenore dell'art. 1 c. 1° d.l. 29.12.2000 n. 394 (convertito con l. 28.2.2001 n. 24), il quale prevede che si possano intendere “usurari gli interessi che superano il lime stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”. Chi scrive non condivide un siffatto assunto, quantomeno avuto riguardo alle peculiarità del caso di specie, dovendosi anzitutto rimarcare (conseguentemente all'esposizione tratteggiata al punto precedente) che il contratto di mutuo in parola non conteneva l'individuazione specifica di alcun saggio di interesse neppure qualora integrato dalle “condizioni generali”, bensì rinviava sul punto ad indici e criteri aritmetici del tutto non determinabili “ex ante” ed anzi sostanzialmente aleatori, in quanto di futura (oltre che periodica) verificazione. Proseguiva inoltre l'art. 6 delle citate “condizioni generali dei contratti di mutuo con garanzia ipotecaria” predisposte dalla Banca , prevedendo ( al 3° comma ) che “la banca” avrebbe comunicato “alla parte mutuataria, entro i mesi di giugno e dicembre, a mezzo di lettera o avviso di pagamento ogni variazione di tasso, che” avrebbe avuto “effetto il successivo 1° luglio o 1° gennaio”, ed altresì (al comma immediatamente successivo) che “la parte mutuataria” avrebbe avuto “tuttavia la facoltà di non accettarla”, dovendo “in tale caso essa... provvedere entro 20 giorni dalla data di ricezione della predetta lettera o del predetto avviso al versamento di quanto dovuto, intendendosi il contratto risolto”, ed intendendosi “in mancanza di tale versamento la variazione del tasso ... accettata dalla parte mutuataria ad ogni effetto”. A parere del decidente, la mancata adesione del mutuatatario all'esercizio del “ ius variandi” da parte della mutuante ( resa manifesta solo “per facta concludentia” ed a seguito dell'integrale estinzione, nel termine contemplato, della residua esposizione debitoria del primo, che così sostanzialmente decadeva dal beneficio del termine per la restituzione) integrava una condizione risolutiva meramente potestativa, e non (come invece asserito dalla convenuta) l'esplicazione di un diritto di recesso accordato alla controparte dell'istituto di credito. In caso contrario, una volta decorso inutilmente (senza il versamento del residuo) lo “spatium deliberandi” accordato al mutuatario, all'inerzia di quest'ultimo la “lex contractux” attribuiva una valenza di “silenzio assenso” e di acquiescenza (rectius: di adesione implicita) alla determinazione unilaterale assunta dalla mutuante in merito all'individuazione del saggio di interesse da applicare con riferimento al rateo semestrale di più ravvicinata scadenza. Può quindi concludersi affermando che il contratto in questione dovesse venire integrato tempo per tempo da ulteriori pattuizioni di dettaglio già originariamente disciplinate nelle loro modalità di formazione e manifestazione, alla cui stregua veniva doveva con cadenze periodiche a conformarsi la concorde volontà delle parti interessate circa le singole aliquote di interessi che avrebbero volta per volta connotato l'onerosità del mutuo, pattuizioni che si ponevano in alternativa alla sopra delineata condizione risolutiva. Deve pertanto farsi riferimento ai vari momenti (che qui non interessa collocare cronologicamente con puntualità, essendo sufficiente rilevare che gli stessi sono tutti posteriori alla vigenza della l. 108/96) in cui il mutuatario manifestò, con il suo comportamento concludente, la tacita accettazione della proposta di variazione comunicatagli dalla mutuante, per verificare (e ciò in ossequio proprio all'interpretazione imposta con il d.l. 394/00) se il tasso di interessi oggetto delle singole convenzioni così perfezionate (plurime e reiterate nel tempo, ma autonome dall'altra e tutte rispetto al vero e proprio contratto di mutuo) era oppure non contenuto nell'ambito della “soglia” di liceità. L'accertamento in proposito è negativo, nei termini già illustrati in chiusa al punto 1. Del pari, il decidente non condivide l'assunto esplicitato dalla società convenuta (per la prima volta nel contesto della memoria), a tenore del quale la irrepetibilità delle somme da essa percepite a titolo di interessi, in costanza di esecuzione del rapporto ed in ipotesi anche illegittimamente, sarebbe sancita dall'art. 2034 c.c., il quale giustificherebbe la “soluti retentio” venendo in rilievo, “ex latere debitoris”, l'adempimento di una obbligazione naturale. Invero , l'operatività e l'applicazione della norma dinanzi citata potrebbero forse essere riferite all'avvenuto pagamento spontaneo di “interessi in misura ultralegale, pattuita indebitamente ..”, ma non “nel caso di una banca che abbia proceduto” all'applicazione di interessi usurari e quindi in termini di assoluta illiceità (anche penale): così ritiene (sebbene con riferimento “all'addebito” di interessi “sul conto corrente del cliente per... esclusiva iniziativa e senza alcuna autorizzazione da parte del cliente medesimo”, ma con enunciazione di principio estensibile anche al caso di specie) Cass., sez. I, 9.4.1984 n. 2262. A maggior ragione non è ravvisabile alcuna doverosa giustificazione di carattere morale o sociale, allorquando si sia trattato di saggi di interessi concordati addirittura “contra legem”, imposti dal contraente c.d. “forte” in violazione di norme imperative. Le argomentazioni che precedono consentono altresì di escludere la ravvisabilità di un profilo risarcitorio (articolato dalla convenuta a livello di mera eccezione) a carico dell'attore e discendete dalla asserita sua violazione di doveri di correttezza e di buona fede nell'esecuzione del contratto in parola. La Banca deve quindi essere condannata a restituire a la somma di ˆ 15.716,00, oltre interessi dal 28.02.2005 (dì della notifica della domanda giudiziale ed ai sensi dell'art. 2033 c.c. e dovendosi presumere la buona fede della convenuta allorquando ricevette i singoli pagamenti) e sino al saldo. L' esito della controversia (tradottasi nell'integrale riconoscimento delle proposizioni giuridiche formulate dall'attore, ma in un accoglimento parziale del “petitum” di quest'ultimo) impone di accollare alla convenuta le spese processuali (liquidate in favore di e nel loro intero ammontare come in dispositivo, in via equitativa in assenza di nota) solamente in una misura pari ai due terzi. P.Q.M. definitivamente pronunciando e disattesa ogni diversa domanda, istanza ed eccezione; in parziale accoglimento della domanda avanzata dall'attore, condanna la Banca a rimborsare a la complessiva somma di ˆ 15.716,00, oltre interessi al saggio legale con decorrenza dal 28.02.2005 e sino al saldo; condanna altresì la società convenuta a rimborsare all'attore i due terzi delle spese processuali sostenute da quest'ultimo per il presente processo, liquidate nel loro intero ammontare in ˆ 470,00 per esposti, ˆ 1.550,00 per diritti ed ˆ 3.400,00 per onorari, oltre spese generali c.p.a. ed i.v.a. come per legge sui singoli importi imponibili. Torino, lì 18 febbraio 2007 IL GIUDICE Antonio Rapelli

20/07/2007

Documento n.6701

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