Corte di Cassazione e tutela della privacy: “l’oscuramento” dei dati identificativi nelle sentenze

in Sentenze e testi di legge
Corte di Cassazione - Ufficio del Massimario Relazione 5 luglio 2005 Corte di Cassazione e tutela della privacy: “l’oscuramento” dei dati identificativi nelle sentenze Sommario: 1.– La questione: pubblicità della sentenza e tutela della privacy.2.– Sguardo retrospettivo: la disciplina anteriore al Codice di protezione dei dati personali. 3.– In generale, i trattamenti per ragioni di giustizia nel d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196. 4.– L’anonimizzazione dei dati identificativi degli interessati nel Codice sulla privacy. 5.– Modalità e ambito di protezione dei dati sensibili. In particolare, i rapporti con la libertà di stampa. 1. – La questione: pubblicità della sentenza e tutela della privacy. La presente relazione[1] affronta la questione dei limiti e delle modalità di anonimizzazione dei dati identificativi degli interessati nelle sentenze e negli altri provvedimenti giurisdizionali di ogni ordine e grado, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali; d’ora in poi, Codice). Il tema – da collocare, per ragioni sistematiche e ricostruttive, nel più ampio contesto del trattamento dei dati personali per ragioni di giustizia – investe un aspetto centrale della disciplina del Codice, nel quale sono coinvolti aspetti che si pongono in rapporto dialettico: la pubblicità delle sentenze e il rispetto della sfera privata di chi vi ha preso parte. Da una parte vi sono l’interesse e l’esigenza della pubblicità, intesa come dimensione coessenziale del processo. La pubblicità è momento ineliminabile del fair trial, rappresentando sia un “elemento organizzativo delle attività processuali” a garanzia degli interessi fondamentali degli interessati, sia un “elemento di controllo esterno sull’operato delle corti a tutela di interessi di carattere meta-individuale, come la trasparenza e l’imparzialità delle procedure giudiziarie”[2]. Accanto all’interesse dei terzi a conoscere e controllare le modalità di amministrazione della giustizia vi è il diritto alla privacy, posto a presidio della intimità, della riservatezza, dell’identità e della dignità della persona. Tuttavia questo diritto – che pure non si consuma una volta che, con il processo, il soggetto ha fatto ingresso nella sfera pubblica – non si traduce né si risolve in una difesa ad oltranza della sfera privata, tale da renderla segreta ed inaccessibile a terzi (right to be let alone); piuttosto, sollecita un’esigenza di bilanciamento con le esigenze di massima trasparenza che contraddistinguono il fenomeno processuale. 2. – Sguardo retrospettivo: la disciplina anteriore al Codice di protezione dei dati personali. La legge 31 dicembre 1996 n. 675 (Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali) non conteneva una disciplina ad hoc sul trattamen

12/07/2005

Documento n.4855

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