Cassazione. Prescrizione decennale per aver pagato "male" un A/Circolare non trasferibile

in Sentenze e testi di legge
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. Alessandro CRISCUOLO - Presidente Dott. Gianfranco GILARDI - Consigliere Dott. Luciano PANZANI - Consigliere Dott. Sergio DEL CORE - Rel. Consigliere Dott. Maria Rosaria SAN GIORGIO - Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: BANCA di ROMA S.P.A., in persona del Funzionario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CASSIODORO 19, presso l’avvocato LUIGI JANARI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIAMPAOLO BRUNA, giusta delega in calce al ricorso; - ricorrente - contro FALLIMENTO RIVIERA MOTORI DI B. & P. S.N.C., in persona del Curatore Dr. M.D., elettivamente domiciliato in ROMA VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso l’avvocato FABRIZIO BROCHIERO MAGRONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO DE GROSSI, giusta procura in calce al controricorso; - controricorrente - avverso la sentenza n. 943/01 della Corte d’Appello di GENOVA, depositata il 22/11/01; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/07/2005 dal Consigliere Dott. Sergio DEL CORE; udito per il resistente, l’Avvocato BROCHIERO MAGRONE che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Giacomo CALIENDO che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo Su ricorso in data 21 aprile 1997 della curatela del fallimento Riviera Motori di B. e P. s.n.c., il Presidente del Tribunale di Imperia emise decreto con cui ingiunse alla Banca di Roma s.p.a. di pagare alla ricorrente la somma di lire 53.150.000 - oltre interessi e spese - pari all’importo di sei assegni circolari non trasferibili emessi nel 1991 dal Banco Ambrosiano Veneto s.p.a. a favore della società poi fallita, girati per l’incasso alla Banca di Roma - Filiale di Ventimiglia e da quest’ultima pagati a persona diversa dal prenditore. L’ingiunta si oppose, eccependo la prescrizione dell’azione nel presupposto che si verteva in tema di responsabilità extracontrattuale. In corso di giudizio, chiese di provare per testi di avere pagato correttamente gli assegni in questione a soggetto, tale G.L., delegato all’incasso dal B., legale rappresentante della s.n.c. prenditrice e interessato a che le somme riscosse non figurassero nei bilanci ufficiali della società amministrata. L’adito tribunale respinse l’opposizione e stessa sorte la Corte di appello di Genova riservò al gravame della Banca di Roma. Premise la corte ligure che le obbligazioni ex lege nascenti da "ogni altro atto o fatto previsto dalla legge" costituiscono, per l’art. 1173 c.c., un tertium genus definito quasi contrattuale, la cui violazione importa responsabilità contrattuale in quanto connessa a una obbligazione specifica inserita in un rapporto obbligatorio con fonte legale, comunque preesistente alla violazione stessa, in ciò distinguendosi dalla responsabilità aquiliana conseguente a un’obbligazione costituitasi ex novo. Osservò, quindi, che la fonte della responsabilità della banca opponente andava ravvisata nella violazione dei doveri su di essa incombenti per legge, ai sensi dell’art. 43 l.a., ovverosia nel mancato rispetto dell’obbligo di diligente accertamento della legittimazione cartolare del prenditore all’atto della presentazione dell’assegno per l’incasso. Il sorgere della relazione intersoggettiva aveva preceduto la causazione del danno chiaramente connesso alla violazione di un’obbligazione specifica, in cui il responsabile è pre-individuato così come è determinato il contenuto dell’obbligo risarcitorio, commisurato all’interesse tutelato dalla legge. Si verteva, pertanto, nell’ambito di una responsabilità contrattuale, con gli effetti che ne derivano sotto il profilo della prescrizione dell’azione risarcitoria. Corretta era anche la sentenza in relazione al rigetto della richiesta istruttoria, non essendo possibile ritenere che lo specifico dovere imposto alla banca negoziatrice possa essere stato disinvoltamente disatteso da un comportamento ai limiti della responsabilità penale quanto alla banca medesima, resa edotta dei rapporti intercorrenti tra il B. e il L. e delle ragioni che avevano indotto il primo a non apparire come prenditore degli assegni; in ogni caso, le prove dedotte non apparivano idonee a dimostrare l’esistenza di un legittimo atto di delega all’incasso degli assegni ed erano, come tali, irrilevanti ai fini del decidere. La cassazione di tale sentenza è stata chiesta dalla Banca di Roma con ricorso affidato a due motivi. Resiste con controricorso il fallimento della Riviera Motori di B. e P. s.n.c. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo, denunziata la violazione del r.d. n. 1736/1933 e degli artt. 2043 e 2947 c.c., la Banca di Roma critica la sentenza per avere la corte ligure ravvisato nel comportamento della banca girataria per l’incasso, che abbia violato il dovere di identificazione del presentatore dell’assegno circolare non trasferibile, una responsabilità ex contractu nei confronti dell’intestatario del titolo, laddove, ai sensi dell’art. 43 r.d. citato, tale responsabilità va qualificata come extracontrattuale e, quindi, assoggettata alla prescrizione quinquennale, essendo il banchiere giratario per l’incasso del tutto estraneo al rapporto cartolare. Peraltro, la somma portata dagli assegni fu pagata a persona diversa dal prenditore e conosciuta dalla banca, che appose il timbro "per conoscenza e garanzia", dietro precise disposizioni del B. che, nella qualità di amministratore della Riviera Motori s.n.c., aveva sottoscritto la girata "pagate all’ordine Banca di Roma". Non sussisteva, quindi, colpa per mancata diligenza nell’identificazione del presentatore dei titoli, posto che il versamento è stato effettuato al soggetto indicato dal prenditore e con il pieno consenso di costui. Il motivo è da disattendere in entrambe le sue articolazioni. Anche se nell’impianto del mezzo, incentrato sulla natura della responsabilità della banca girataria per l’incasso in caso di inesatto pagamento, è prospettata quasi quale argomentazione di rincalzo (peraltro, senza l’indicazione precisa della norma pretesamente violata dal giudice a quo), la tesi della presunta assenza di responsabilità nella specie da parte della Banca di Roma, avente priorità nell’ordine logico delle questioni, è palesemente destituita di ogni minimo fondamento giuridico. Come correttamente statuito dai giudici di merito (la cui motivazione in diritto sul punto va però integrata, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., con le considerazioni di cui infra), la violazione dell’art. 43 legge assegno è manifesta. Per effetto di questa norma, è la banca girataria per l’incasso che è tenuta a identificare il presentatore girante, accertare che egli sia il prenditore del titolo e provvedere al pagamento dell’assegno, che avverrà di norma dopo che la banca trattaria abbia accertato l’autenticità della firma del proprio cliente e inviato la valuta alla banca girataria per l’incasso; questa, peraltro, può anche anticipare la valuta effettuando pur sempre il pagamento al prenditore personalmente e non ad altro soggetto. Nella specie è incontestabilmente accertato che, nonostante la clausola di non trasferibilità, gli assegni circolari in questione, girati per l’incasso alla Banca di Roma dalla beneficiaria Riviera Motori di B. e P. s.n.c., vennero pagati dal cassiere, anziché a quest’ultima, a tale G.L., apponendo prima della relativa firma la dicitura "per conoscenza e garanzia". L’irregolarità del pagamento è dunque evidente, data la presenza della firma del L. (formalmente "per conoscenza e garanzia", ma sostanzialmente "per quietanza"), il cui intervento - figurante sui titoli in termini di attestazione dell’identità del prenditore, a maggior tutela del cassiere sportellista - era in realtà inteso a sostituire il prenditore medesimo nella percezione delle somme e non ad asseverarne la legittimazione a riscuotere. Il tutto in violazione dell’obbligo, espressamente posto a carico della banca negoziatrice dall’art. 43 l.a., di diligente accertamento, all’atto della presentazione dell’assegno per l’incasso, della legittimazione cartolare del prenditore, che costituisce fonte della facoltà di negoziare il titolo e, con la girata, di investire la banca dei poteri del mandatario. In definitiva, essendo l’assegno circolare intrasferibile, la clausola "per conoscenza e garanzia", apposta accanto alla sottoscrizione del L., non era certamente idonea a legittimare il pagamento in favore di persona diversa dalla società prenditrice. Anche il nucleo centrale del mezzo in esame è infondato. A termini dell’art. 43 l.a. (r.d. 21 dicembre 1933 n. 1736) "L’assegno bancario emesso con la clausola "non trasferibile" non può essere pagato se non al prenditore o, a richiesta di costui, accreditato nel suo conto corrente. Questi non può girare l’assegno se non ad un banchiere per l’incasso, il quale non può ulteriormente girarlo". Soggiunge il secondo comma di detto articolo "Colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento". La regola, in virtù del rinvio operato dall’art. 86, comma 1°, ultima parte l.a., si applica anche all’assegno circolare, in quanto non sia incompatibile con la sua natura. E’ pacifico in giurisprudenza (Cass. n. 6778/1990, 10111/1993) e presso la dottrina maggioritaria che tale disciplina, e la conseguente responsabilità in caso di sua violazione, vale per "colui che paga" e quindi non soltanto per la banca trattaria ovvero per la banca emittente, in ipotesi di assegno circolare, ma anche per l’eventuale banchiere giratario per l’incasso. Si nota convincentemente, al riguardo, che quantunque non sia corretto parlare di "pagamento" in riferimento alla banca girataria per l’incasso, dovendosi piuttosto dire che essa non "paga", non essendo a ciò obbligata sotto il profilo cartolare, ma anticipa la valuta acquistando la legittimazione all’esercizio del diritto cartolare, tuttavia l’espressione "colui che paga", in una interpretazione che tenga conto altresì di quanto immediatamente prima prescrive l’ultimo comma dell’art. 41 (dove chiaramente si dice "il trattario o il banchiere"), abbia appunto il senso di estendere anche al banchiere giratario per l’incasso le conseguenze per il pagamento dell’assegno effettuato contra legem. Non essendo tenuto il trattario a verificare l’autenticità delle firme, la protezione dei terzi interessati in caso di falsa o irregolare girata per l’incasso sarebbe compromessa se il banchiere giratario non fosse obbligato a tale verifica, cioè all’identificazione dell’intestatario girante. Contrasti presso la giurisprudenza di questa Corte, come anche in dottrina, si sono registrati in ordine alla natura della responsabilità in cui incorre il banchiere giratario per l’incasso che, in violazione dell’art. 43 l.a., paghi un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore. Secondo un primo indirizzo, sorto in tema di assegno bancario (non trasferibile), la banca negoziatrice agirebbe quale sostituta nel mandato (art. 1717 c.c.) impartito dal traente dell’assegno alla propria banca trattaria. Più in particolare, si è ritenuto che la banca girataria per l’incasso di un assegno bancario non trasferibile sia da considerare non soltanto mandataria del prenditore-girante, ma anche sostituta della banca trattaria nell’esplicazione del servizio di pagamento dell’assegno, cui quest’ultima è obbligata nei confronti del traente in base alla convenzione di chèque. Subentrando alla banca trattaria, la banca girataria si sostituisce ad essa nel dovere di identificazione del presentatore del titolo con l’uso della dovuta diligenza professionale, mediante le cautele e gli accorgimenti suggeriti dal caso concreto. Sotto questo profilo, la banca girataria viene chiamata a rispondere del negligente pagamento non solo nei confronti della banca trattaria, ma anche nei confronti del traente, ai sensi dell’art. 1717, ultimo comma, c.c. In altri termini, il traente può esercitare verso la banca che ha effettuato il pagamento irregolare la medesima azione contrattuale che avrebbe potuto esercitare in forza della convenzione di assegno nei confronti della banca trattaria, non potendo i di lui diritti ricevere una tutela diversa secondo che il pagamento venga richiesto alla banca trattaria o ad altra banca girataria per l’incasso (cfr. Cass. nn. 3928/1977, 6929/1986, 4187/1987, 6377/2000 - la quale, tuttavia, distingue l’ipotesi del pagamento in violazione della causa di intrasferibilità dell’assegno circolare, rispetto al quale il richiedente a nome altrui resta un terzo estraneo al rapporto cambiario ed ha solo un’azione extracontrattuale contro la banca che abbia pagato l’assegno a persona diversa dall’intestatario - 14359/2001). Per altro orientamento, anch’esso sorto in fattispecie di assegno bancario non trasferibile, detta responsabilità sussiste erga omnes e si configura come aquiliana o extracontrattuale non potendo qualificarsi il banchiere giratario alla stregua di sostituto della banca trattaria o emittente nell’adempimento della convenzione di assegno, come tale posto in rapporto diretto con il traente, ma dovendosi piuttosto considerarlo, in quanto investito e attivato dalla procura all’incasso, quale rappresentante del girante, in nome e per conto del quale riceve il pagamento (così Cass. nn. 6778/1990, 10111/1993, 1641/1996, 1023/1998, 1087/1999, 9902/2000, 12425/2000). Ad avviso di questa Corte, nessuno dei due indirizzi merita di essere seguito. Non il primo che identifica nel banchiere giratario per l’incasso il sostituto della banca trattaria nell’adempimento della convenzione di assegno, ponendolo perciò in rapporto con il traente che può esercitare contro di lui l’azione contrattuale fondata, appunto, sulla convenzione d’assegno. Una tale costruzione è incompatibile con la considerazione che il banchiere giratario è totalmente estraneo sia alla convenzione di assegno sia al rapporto di emissione del titolo; esso, investito e attivato dalla procura all’incasso, figura soltanto quale rappresentante del girante, in nome e per conto del quale riceve il pagamento. Vero è che la banca trattaria o emittente non potrebbe mai, in caso di girata per l’incasso, procedere direttamente al controllo della legittimazione e all’identificazione del presentatore, cionondimeno appare superfluo ogni richiamo ai principi in tema di mandato, posto che anche per ciò che attiene alla negoziazione dei titoli di credito valgono le stesse regole dettate per il pagamento; anzi, la previsione legislativa della possibilità di girare per l’incasso l’assegno non trasferibile esclusivamente a un banchiere assume un preciso significato proprio in considerazione della responsabilità professionale e della funzione di pubblico interesse degli istituti di credito, cioè dell’estrema sicurezza offerta dalla particolare qualità del soggetto intermediario. In ogni caso, l’interpretazione dell’art. 43 l.a. offerta dalle sentenze che si iscrivono in questo indirizzo, se può apparire confacente in tema di assegno bancario (per il quale è, in realtà, avanzata) la cui struttura si spiega sullo schema della delegazione di pagamento, non sembra per altro verso riproponibile per l’assegno circolare; è infatti largamente contestato che all’atto dell’emissione dell’assegno circolare si stipuli un contratto di mandato, in relazione al quale potrebbe aversi la sostituzione (o il submandato nei confronti) della banca girataria. Ma neanche il secondo orientamento è persuasivo. Deve, in generale, premettersi che esso pare ispirato all’intento pratico di evitare che la configurazione della responsabilità sub specie contrattuale possa condurre a una sorta di deresponsabilizzazione dell’istituto negoziatore, il quale, ove fosse considerato quale mero sostituto della banca trattaria ed esecutore delle istruzioni di quest’ultima, ben potrebbe limitarsi a pagare la somma al presentatore una volta che la trattaria, ricevuto l’assegno in compensazione, non abbia sollevato eccezioni sulla sua regolarità. Di qui l’esigenza di investire la banca girataria di un titolo autonomo di responsabilità, la cui rilevanza non viene meno per via della concorrente condotta della banca trattaria. Ma, a parte ciò, la tesi non è condivisibile sul piano dei principi generali in tema di obbligazioni. Com’è noto, la responsabilità extracontrattuale - nonostante l’ampia portata della dizione dell’art. 2043 c.c., che fa riferimento a "qualunque fatto doloso o colposo" - ricorre solo allorquando la pretesa risarcitoria venga formulata nei confronti di un soggetto autore di un danno ingiusto, non legato all’attore da alcun rapporto giuridico precedente o, comunque, indipendente da tale eventuale rapporto, sicché essa può configurarsi solo per effetto della violazione di una norma di condotta. Ove a fondamento della pretesa dedotta in giudizio venga enunciato l’inadempimento di un’obbligazione volontariamente contratta, o anche derivante dalla legge (art. 1173 c.c.), non vi è luogo per l’illecito aquiliano, ma è ipotizzabile unicamente una responsabilità contrattuale o legale derivante da un preesistente vincolo obbligatorio specifico posto in essere tra le parti dalla volontà delle stesse ovvero direttamente da una disposizione di legge. Orbene, non v’è dubbio che l’obbligazione per l’istituto negoziatore di pagare l’assegno solo al prenditore o al beneficiario deriva direttamente dalla disposizione di legge innucleata nell’art. 43 l.a., a sua volta richiamata dall’art. 86 stesso decreto. Anzi, da tale disposizione sembra promanare il richiamo a una più stretta diligenza proprio dell’istituto negoziatore di assegni in ragione degli aspetti pratici e sostanziali dell’operazione di pagamento. A questo proposito, si rammenta che la banca girataria riceve materialmente il titolo dal proprio cliente, trovandosi così a gestire in forma individuale la presentazione dell’assegno in versamento, con maggiori possibilità di riscontrare eventuali irregolarità nella circolazione del titolo o contraffazioni. Di contro, l’azienda trattaria e quella emittente si vedono normalmente consegnare il titolo in stanza di compensazione, all’interno di una rimessa comprendente una moltitudine di altri titoli, per giunta con tempi assai ristretti per poterne eccepire l’irregolarità (verificandosi, in caso contrario, la presunzione di "pagato" che consegue allo spirare dei termini delle procedure interbancarie). A ciò si aggiunge che solo l’azienda girataria per l’incasso ha la possibilità di un diligente vaglio sulla persona del presentatore (ivi comprese le sue qualità) e sulla natura del documento di identificazione esibito, elementi tutti che devono concorrere a integrare un pagamento diligente e liberatorio. In diversi termini, l’art. 43 l.a., per agevolare l’incasso dell’assegno (assolutamente) intrasferibile, ne ammette la girata per l’incasso esclusivamente a un banchiere sul cui vaglio fa affidamento, rendendolo - per così dire - mallevadore verso la trattaria (o la banca emittente dell’assegno circolare) della esatta identificazione del prenditore e infine responsabile dell’inesatto pagamento, che si pone in evidente contrasto con i principi che reggono il servizio bancario e impongono al banchiere comportamenti conformi alle regole della specifica professionalità. Quindi, promanando direttamente dalla legge, la responsabilità della banca girataria per l’incasso non si configura come obbligazione ex delicto, ma, per l’appunto, come obbligazione ex lege, riconducibile, in base all’art. 1173 c.c., ad ogni altro atto o fatto idoneo a costituire fonte di obbligazione in conformità dell’ordinamento giuridico. Trattasi, in fin dei conti, di fattispecie tipica di obbligazione che, pur non avendo natura contrattuale, non può per ciò solo essere ricondotta nello schema generale dell’art. 2043 c.c., trovando invece il suo archetipo nell’art. 1173 c.c. Il fondamento della correlativa azione risarcitoria è unico e non vi è bisogno di diversificarne il titolo (contrattuale, extracontrattuale, cartolare) a seconda del soggetto che si ritiene danneggiato. Il criterio per individuare il soggetto titolare della pretesa dovrà essere fondato sull’individuazione della sfera giuridica patrimoniale sulla quale è in concreto caduto il danno. In linea generale, il pregiudizio derivante dal pagamento dell’assegno circolare a soggetto diverso dal prenditore potrebbe ripercuotersi sul richiedente, ovvero sul prenditore, ovvero infine sulla stessa banca emittente se nella negoziazione si sia inserita una banca girataria per l’incasso. Corretto è, quindi, il percorso giuridico seguito dalla sentenza qui impugnata. Il banchiere giratario per l’incasso che paga un assegno circolare non trasferibile a persona diversa dal beneficiario indicato dal titolo incorre in una responsabilità, nei confronti del beneficiario, che non ha natura contrattuale, non essendovi rapporto negoziale di sorta tra banca e beneficiario medesimo, né extracontrattuale, che riguarda il comportamento illecito per la violazione dell’obbligo generico del neminem laedere, bensì quasi contrattuale ai sensi dell’ultima parte dell’art. 1173 c.c. L’obbligazione deriva appunto direttamente dalla legge, ovverosia dalla norma di cui all’art. 43 l.a., la quale prevede l’obbligo, a carico del banchiere giratario per l’incasso, di pagare solo ed esclusivamente al soggetto ordinatario ed il correlativo diritto, a favore di tale soggetto, di chiedere il risarcimento del pregiudizio patrimoniale patito. Ne consegue che il termine di prescrizione per l’azione di responsabilità nei confronti della banca negoziatrice è quello ordinario decennale e non quello quinquennale previsto dall’art. 2947, comma 1, c.c. per la domanda risarcitoria da fatto illecito. Con il secondo motivo, viene denunziata omessa e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Si duole la ricorrente che la corte, al pari del tribunale, pur avendo ravvisato nella fattispecie una ipotesi di responsabilità contrattuale, ha respinto la prova per testi intesa a dimostrare che la banca non aveva alcuna colpa per avere agito su espressa disposizione del prenditore degli assegni. Né, a proposito della indicazione del L. quale delegato all’incasso da parte del B., poteva obliterarsi che costui aveva agito nella veste di legale rappresentante della Riviera Motori s.n.c. Il motivo è inammissibile sotto due profili. Valutare se la prova non ammessa riguardasse un punto decisivo della controversia richiede, da parte della Corte di Cassazione, il raffronto tra il fatto da provare e le circostanze dedotte a contenuto della prova nel giudizio di appello. Perché la Corte sia posta in grado di compiere tale valutazione è necessario che la parte interessata indichi nel ricorso il contenuto dei capitoli di prova, diversamente il motivo di ricorso viene a mancare del requisito della specificità. Ciò da tempo la giurisprudenza della corte viene affermando attraverso l’enunciazione del principio secondo cui il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci la mancata ammissione in appello di una prova testimoniale, ha l’onere di indicare specificatamente - occorrendo anche mediante integrale trascrizione in ricorso - le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Corte di cassazione deve essere in grado di compiere tale verifica solo in base alle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (solo per indicare le più recenti, sentt. nn. 19138/2004, 9711/2004, 9290/2004, 5369/2004, 17904/2003, 15751/2003, 9712/2003). Orbene, nel caso, la ricorrente si è limitata a dedurre di avere formulato una istanza di ammissione di prova testimoniale, ma di questa non ha poi indicato il contenuto. Ulteriore profilo di inammissibilità del mezzo sta nel fatto che con esso non risulta censurata la ratio decidendi autonoma espressa a riguardo dalla corte del merito, per la quale la prova (oltre che inammissibile) era anche irrilevante in quanto, dalla articolazione dei relativi capitoli, appariva inidonea a dimostrare la esistenza di un legittimo atto di delega all’incasso dei titoli. Infondato in tutte le sue articolazioni, il ricorso va rigettato con condanna della sua proponente alle spese del presente giudizio di legittimità. P. Q. M. La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione liquidate in € 2.700,00, di cui 2.500,00 per onorari d’avvocato, oltre spese e accessori di legge. Così deciso in Roma, l’8 luglio 2005. DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 6 OTT. 2005.

16/01/2006

Documento n.5551

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