Cassazione 18173/2004. Responsabilità Poste per smarrimento assegno spedito

in Sentenze e testi di legge
Cassazione Sez. 1, n.18173 del 2004 SINTESI Responsabilità poste MASSIMA Gentilmente inviata da Arturo Sardi Utilizzazione abusiva da parte di terzi ignoti di un assegno bancario non trasferibile, tratto su tale istituto di credito e spedito con raccomandata, non giunta a destinazione per cause imprecisate TESTO REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CassAZIONE SEZIONE PRIMA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DE MUSIS Rosario - Presidente - Dott. CAPPUCCIO Giammarco - Consigliere - Dott. LUCCIOLI Maria Gabriella - Consigliere - Dott. PLENTEDA Donato - rel. Consigliere - Dott. ADAMO Mario - Consigliere - ha pronunciato la seguente: SENTENZA sul ricorso proposto da: Agxx GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZALE CLODIO 12, presso il proprio studio, rappresentato e difeso da se medesimo; - ricorrente - contro Cryy, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZALE BELLE ARTI 6, presso l’avvocato LA GIOIA FRANCO, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio Pietro Sormani, Milano rep. 216386 del 18.2.2000; - controricorrente - contro MINISTERO POSTE, POSTE ITALIANE SPA; - intimati - sul 2^ ricorso n. 31884/01 proposto da: POSTE ITALIANE SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in BONA VIA ORAZIO 3, presso l’avvocato BELLINI VITO, cha la rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale; - controricorrente e ricorrente incidentale - contro Agxx GIUSEPPE, Cryy; - intimati - avverso la sentenza n. 35422/00 del Tribunale di ROMA, depositata il 14/11/00; udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 19/05/2004 dal Consigliare Dott. PLENTEDA Donato; udito par la resistente Cryy l’Avvocato AMBROSIO, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale; udito per il cicorrente e ric. inc. POSTE ITALIANE SPA l’Avvocato FACCINI, con delega Che ha chiesto il rigetto del ricorso principale a l’accoglimento di quello incidentale; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo ha concluso par il rigetto del primo e del terzo motivo, l’accoglimento per quanto di ragione del secondo motivo del ricorso principale; per il rigetto del primo motivo e l’inammissibilità del secondo motivo del ricorso incidentale. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Agxx Giuseppe con atto 20.4 - 2.5.1990 convenne dinanzi al Pretore di Roma il Ministero delle PP. E TT. ed il Credito Italiano s.p.a. e ne chiese la condanna al pagamento dalla somma di L. 1.687.300, oltre interessi a rivalutazione, per la utilizzazione abusiva da parte di terzi ignoti di un assegno bancario non trasferibile, tratto su tale istituto di credito e spedito con raccomandata, non giunta a destinazione per cause imprecisate. I convenuti resistettero alla domanda, che il pretore respinse, condannando l’attore alla spese di lite. L’Agxx propose impugnazione; appello incidentale condizionato propose il Credito Italiano. Il Tribunale di Roma, con sentenza 14.11.2000, ha respinto l’appello principale, dichiarato assorbito l’incidentale e condannato l’appellante alle spese di secondo grado in favore degli appellati che si erano costituiti. Ha ritenuto che la responsabilità della Amministrazione per il servizio postale è limitata per legge - giudicata costituzionalmente legittima dalla sent. 463/1997 della Corte costituzionale - alla indennità pari a dieci volte il diritto di raccomandazione, ove manchi il recapito, fuori dalle ipotesi di illegittima sottrazione ad opera di dipendenti dell’amministrazione, che nella specie non era stata provata. Del pari infondata ha giudicato la impugnazione con riferimento all’Istituto di credito, in considerazione del fatto che l’assegno era stato pagato a persona qualificatasi come il beneficiario, identificato con documento obiettivamente idoneo, i cui estremi erano stati annotati sul verso del titolo, come prescritto dall’art. 430 R.D. n. 827/1934, modificato dal d.p.r. n. 904/1976. Propone ricorso per Cassazione con tre motivi Agxx Giuseppe; resistono con controricorso il Credito Italiano e la società Poste Italiane s.p.a., che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, con un motivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo Agxx Giuseppe denuncia la violazione degli artt. 6, 8 e 18 d.p.r. 29.3.1973 n. 156 e dei principi in tema di onere dalla prova; nonché la motivazione illogica ed insufficiente sul punto della mancata affermazione di responsabilità dell’Amministrazione postale per fatto dei suoi dipendenti. Addebita al tribunale di non avere considerato il fatto che la mancata consegna al destinatario dalla raccomandata la aveva lasciata nella sfera di influenza dell’Amministrazione postale, per cui la riscossione dell’assegno era avvenuta ad opera di persona legata alle Poste, cui incombeva l’onere di provare il contrario e cioè che il contenuto della raccomandata era stato sottratto da terzi. Con il secondo motivo sono denunciate la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla omessa pronuncia sulla richiesta risarcitoria, in ragione di dieci volte l’ammontare dei diritti di raccomandazione, formulata in primo grado e ribadita nel secondo. Con il terzo motivo sono denunciate la violazione dell’art. 43 r.d. 21.12.1933 n. 1736 e la omessa motivazione sulla mancata affermazione di responsabilità del credito Italiano. Rileva che la sentenza impugnata aveva, attraverso il non pertinente richiamo alla legge 904/1976 - contenente modifiche al regolamento sulla amministrazione dal patrimonio dallo stato - mancato di accertare che la Banca avesse nell’occasione adottato tutte le cautele imposte dalla prassi bancaria o dalla comune prudenza, nacessaria ad identificare il prenditore dell’assegno, giudicando congrua la sola annotazione sull’assegno degli estremi del documento di riconoscimento, che sarebbe stata sufficiente nel caso di assegno semplice, non anche nel caso di assegno non trasferibile, in ordine al quale la prassi bancaria impone che il Cassiere o altri impiegati o un cliente dalla banca conoscano il prenditore; o quanto meno la acquisizione di copia fotostatica del documento, utile alle indagini sulla falsificazione. Con il ricorso incidentale condizionato la società Poste italiane denunzia la carenza di motivazione della sentenza impugnata, nel punto in cui ha escluso ogni responsabilità della banca, senza considerare che erano state omesse le particolari cautele nel pagamento dell’assegno non trasferibile; e ribadisce la eccezione di inammissibilità dell’appello - ritenuta assorbita dal tribunale - per genericità e mancata specificazione dei motivi di censura. Dei ricorsi va disposta la riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.. Sono infondati il primo ed il terzo motivo del ricorso principale. Ha ritenuto la sentenza impugnata, sulla scorta delle sentenze n. 74/1992 e n. 463/1997 dalla Corte Costituzionale - la quale ha giudicato legittima la normativa dagli artt. 6, 28 a 48 d.p.r. 29.3.1973 n. 156, laddove limita a dieci volte l’ammontare dei diritti di raccomandazione la responsabilità delle Poste italiane, nel caso di perdita di corrispondenza raccomandata, purché non si tratti di sottrazione dolosa del contenuto da parte di propri dipendenti - che nella specie non era stato assolto da parte dall’Agxx l’onere di provare tale sottrazione dolosa ed ha, per tale motivo, confermato il rigetto della domanda da parte dei primi giudici. La doglianza del ricorrente, di violazione delle norma predette e di motivazione illogica e insufficiente, non può avere sorte migliore. Con riguardo ad essa va, anzitutto, disattesa la eccezione di inammissibilità dalla controricorrente Poste Italiane, riferita all’appello, assorbita dalla decisione del tribunale e riproposta con il ricorso incidentale, in quanto fondata sulla genericità di quei motivi di impugnazione. Tale eccezione manca di qualunque indicazione in ordine a quei motivi e alla deduzione formulata in opposizione ad essi e risulta, dunque, non conforme al principio di autosufficienza del gravame. Quanto alla deduzione dal ricorrente principale, posto che la sola ipotesi cha configura la responsabilità risarcitoria dalla società Poste Italiane, oltre il limite suindicato, è che la perdita del contenuto della raccomandata sia ascrivibile a fatto illecito dei dipendenti, non par dubbio cha l’onere dell’attore non possa essere circoscritto alla prova dalla consegna del plico per la spedizione, avendo invece ad oggetto anche lo specifico dato dalla sottrazione dolosa, che non può essere desunto dalla mera circostanza che esso non sia mai stato recapitato, giacché, al di là dalla ipotesi che la consegna sia stata fatta per errore a persona non abilitata a ricevere - la cui verifica sarebbe stata agevole, come assume lo stesso ricorrente nella memoria difensiva, attraverso gli atti della amministrazione postale, di cui aveva, però, egli l’onere di chiedere la esibizione ai sensi dell’art. 210 c.p.c. -non può essere esclusa quella dello smarrimento o della distruzione involontaria. Tanto giova a privare di qualunque valenza giuridica la argomentazione che l’affidamento del plico al personale dipendente abbia liberato dall’onere probatorio il mittente e abbia trasferito sull’incaricato del servizio il dovere di dimostrare la responsabilità del terzo, onde escludere la propria, restando, invece, fatto costitutivo della pretesa risarcitoria, alla luce della normativa e delle pronunzie del giudice delle leggi, citate, il fatto illecito della sottrazione dolosa da parte del dipendente. Neanche il terzo motivo, quanto il correlato ricorso incidentale delle Poste Italiane, meritano di essere accolti. La censura addebita alla Corte territoriale il vizio di omessa motivazione, che non è rinvenibile nella sentenza impugnata, la quale ha accertato che l’assegno bancario non trasferibile era stato pagato a persona che si era qualificata prenditore e ciò era avvenuto dopo che il Cassiere, che la aveva identificata con documento obiettivamente idoneo, aveva annotato gli estremi sul verso del titolo, come prescrive l’art. 420 r.d. 837/1924, modificato dal d.p.r. 904/1976, e dunque conformandosi alla prassi costante. Preliminarmente va esaminata la eccezione di inammissibilità svolta dal Credito italiano e fondata sull’art. 345 c.p.c.. Assume la banca che, mentre in primo grado l’attore aveva posto a fondamento della responsabilità "la mancata richiesta da parte del funzionario di sportello dalla c.d. sottoscrizione per accettazione e garanzia al soggetto presentatore, aveva in appello contestato all’istituto di credito la omissione delle "cautele imposte dalla prassi o dalla comune prudenza per identificare il prenditore". La eccezione è priva di fondamento, dal momento che il titolo di responsabilità invocato con l’atto introduttivo dal giudizio è stato pur sempre la carenza di diligenza e di prudenza, a causa della inosservanza da parte dal Cassiere delle cautele imposte nell’atto di pagare un assegno non trasferibile, che avrebbero dovuto renderlo circospetto nella identificazione del presentatore. E conta poco che, a titolo esemplificativo, sia stata indicata una specifica condotta, quale quella della sottoscrizione della formula per accettazione e garanzia - evidentemente da parte di un soggetto terzo - che avrebbe dovuto accompagnare la sottoscrizione della girata per l’inCasso al banchiere, giacché la mancanza di essa, quanto di altre, si iscriveva pur sempre nella supposta negligenza in ordine alla identificazione dal presentatore, fatta valere in appello come in primo grado. Non ha, invece, pregio la doglianza con cui da un lato si addebitano alla Corte di merito richiami impropri a non pertinenti normative, quale quella sulla amministrazione del patrimonio dello Stato, e dall’altro si reiterano generiche contestazioni alla banca, sulla omissione di cautele imposte dalla prassi o dalla comune prudenza per la identificazione del prenditore, salvo a circostanziarle nella esigenza che il pagamento avvenga a persona conosciuta dal Cassiere o da altri impiegati ovvero presentata da un cliente; con l’aggiunta che "al limite la cautela può consistere nel caso di persona del tutto sconosciuta nell’ estrarre una copia fotostatica del documento, in modo da possedere un elemento utile ai fini delle indagine in caso di falsità". Va, a riguardo, osservato che l’art. 43 r.d. 31.12.1933 n. 1736 stabilisce che l’assegno bancario non trasferibile non possa essere pagato se non al prenditore e che questi non possa girarlo se non ad un banchiere per l’inCasso; e tanto risulta essersi verificato, come non dubita nemmeno l’Agxx, il quale riconosce "che il documento di riconoscimento fosse, per quanto falso, obiettivamente idoneo alla riscossione, non è mai stato posto in discussione o contestazione da parte del ricorrente". Se, dunque, l’attività volta alla identificazione fu compiuta senza colpa, l’assunto, secondo cui non era sufficiente la mera annotazione sull’assegno, prima dal pagamento, dal numero di serie del documento di riconoscimento, essendosi dovuto procedere all’accertamento di quella identità, attraverso la conoscenza dello stesso Cassiere o di altri impiegati dalla banca ovvero alla acquisizione di una sua copia fotostatica, prospetta una prescrizione estranea al disposto dall’art. 43 legge sull’assegno, il quale non apporta alcuna deroga alla norma dall’art. 46 legge cambiaria a dall’art. 1992 c. 2^ c.c., per i quali è liberatorio il pagamento eseguito senza dolo o colpa grave a colui che sia apparso legittimo prenditore del titolo, dovendosi l’osservanza dell’obbligo di diligenza nella identificazione dal prenditore accertare in relazione alle cautele suggerita dal caso concreto, che, nella specie, ebbe ad oggetto un titolo di modestissimo importo e del quale si chiese il pagamento - come incontestatamente deduca il Credito Italiano - alla stessa agenzia su cui era stato tratto, circostanza giustificativa di un livello di minore cautela (Cass. 7658/1997; 2303/1997; 13013/1995; 4087/1992; 11062/1991; 8509/1987). Congrua risulta, dunque, sul punto la motivazione dalla sentenza impugnata, la quale ha tratto argomento per sostenere che nessuna responsabilità potesse ascriversi al Credito italiano dalla prescrizione dell’art. 420 r.d. 827/1924 e successive modificazioni per il pagamento dei titoli di spesa a chi sia nominativamente indicato in essi, in forza della quale "il pagamento di somme non superiori a L. 2.400.000 può essere fatto in deroga alla norma di cui ai precedenti commi del presente articolo" (che stabiliscono che gli intestatari non conosciuti dagli ufficiali pagatori debbono fare attastare la loro identità da chi sia ad essi noto; e se tanto non è possibile, ricorrendo alla legalizzazione della firma dell’autorità locale ovvero alla autentica di un notaio) "anche su esibizione di uno dei documenti personali", quali il passaporto, la carta identità ecc.. Fondato è, invece il secondo motivo. Il giudice di appello ha, infatti, omesso di considerare che la domanda risarcitoria nei confronti della soc. Poste Italiane, nei termini in cui era stata proposta, riferita cioè all’importo dall’assegno, era di per sè comprensiva di quella minore, secondo il limite legale di dieci volte l’ammontare dei diritti di raccomandazione. In quella misura la domanda meritava di essere accolta e a tanto può provvedere questa Corte, pronunziando nel merito, dal momento che ricorrono i presupposti di applicabilità dell’art. 384 c.p.c., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto. Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali di Cassazione tra il ricorrente e il Credito Italiano e tra il Credito italiano e la società Poste italiane. Vanno, invece, poste a carico della soc. Poste Italiane, per effetto della sua soccombenza, in favore del ricorrente, quelle di questo grado e dei gradi di merito, che giusti motivi inducono a compensare per 2/3, con la liquidazione, nella differenza, in Euro 470, di cui 428 per diritti ed onorari e 42 per esborsi, quanto al primo grado; in Euro 212, di cui 40 per esborsi e 172 per diritti ed onorari, quanto al secondo; in Euro 230, di cui 200 per onorari e 30 per esborsi, quanto al giudizio di Cassazione. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il secondo motivo e rigetta gli altri del ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale; Cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e, pronunziando nel merito, condanna la società Poste Italiane s.p.a. al pagamento in favore del ricorrente della somma pari a dieci volte il diritto di raccomandazione, alla data dell’aprile 1990, oltre agli interessi legali dalla domanda introduttiva del giudizio al soddisfo. Compensa le spese processuali del giudizio di Cassazione tra il ricorrente e il Credito Italiano e tra il Credito Italiano e Poste Italiane; condanna la soc. Poste Italiane alle spese processuali in favore di Agxx Giuseppe nella misura di 1/3 per ciascuno dei gradi - condensata la differenza - e cioè in Euro 470, di cui 42 per esborsi e 428 per onorari, quanto al primo; in Euro 212, di cui 40 per esborsi e 172 per onorari, quanto al secondo; e in Euro 230, di cui 200 per onorari e 30 per esborsi, quanto al giudizio di Cassazione; oltre, per tutti, alle spese generali e agli accessori come per legge. Così deciso in Roma, il 19 maggio 2004. Depositato in Cancelleria il 9 settembre 2004

21/04/2005

Documento n.2988

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