Anatocismo. Trib. Bergamo condanna Banca Pop. Bergamo (Giudice Gaballo)

in Sentenze e testi di legge
N. R.F. SENT. REP. CRON. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI BERGAMO sezione II civile in composizione monocratica nella persona del dr. Massimo Gaballo, ha pronunciato la seguente SENTENZA nella causa promossa da TAGLIAFERRI Anna, titolare della ditta DISTRIBUTORE IP DI TAGLIAFERRI ANNA, attrice, con gli avv.ti Vincenzo Mazzola e Daniela Mazzola del foro di Brescia, contro BANCA POPOLARE DI BERGAMO S.P.A. (già Banca Popolare di Bergamo Credito Varesino s.c.r.l.), convenuta, con l’ avv. Flavio Garrone. Conclusioni per l’ attrice: ritenere nulla e di nessun effetto e comunque annullare la clausola contenuta nel contratto di apertura di credito e di conto corrente di cui alla presente causa e relativa alla pattuizione di interesse anatocistico trimestrale; condannare, quindi, la banca convenuta alla restituzione in favore dell’attore della somma di € 1.856,08=, così come accertata dal CTU in corso di causa, quale ammontare delle maggiori somme addebitate al correntista in conseguenza della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi rispetto ad una capitalizzazione annuale relativamente al conto corrente n. 20280; il tutto con gli interessi legali maturati e maturandi ad oggi, rifuse le spese, ivi comprese le spese di CTU. conclusioni per la banca convenuta: 1) in via pregiudiziale: accertare e dichiarare la nullità dell’atto di citazione notificato dalla Distributore IP di Tagliaferri Anna alla Banca Popolare di Bergamo Credito Varesino S.C. a r.l. in relazione al combinato disposto degli artt. 163 n.ri 3-4 / 164 quarto comma c.p.c., con ogni conseguente provvedimento; 2) subordinatamente e nel merito: 2.1 in via principale, dichiarare inammissibili e comunque respingere in quanto sostanzialmente e giuridicamente infondate le domande formulate dall’attrice nei confronti della convenuta Banca Popolare di Bergamo S.p.A. alla luce delle argomentazioni ed eccezioni tutte esposte in narrativa; 2.2 in via subordinata, nella sola denegata ipotesi di ritenuta illegittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi operata dalla banca convenuta relativamente al rapporto di conto corrente intercorso con l’attrice, dichiarare comunque legittima la capitalizzazione semestrale, ovvero in via ulteriormente graduata annuale, e conseguentemente rapportare a tali alternative modalità temporali di addebito tutti i conteggi correlati alle domande avversarie; 2.3 in via subordinata e riconvenzionalmente, nella sola denegata ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande restitutorie avversarie per i titoli causali indicati nell’atto di citazione, dichiarare tenuta l’attrice, nei limiti dell’arricchimento goduto ed ai sensi dell’art. 2041 c.c., ad indennizzare la convenuta Banca Popolare di Bergamo S.p.A. della corrispondente diminuzione patrimoniale subita come quantificata all’esito del giudizio disponendo, quindi, la compensazione tra il credito indennitario maturato a favore della convenuta ed il credito restitutorio eventualmente riconosciuto a favore dell’attrice; 3) in ogni caso: vittoria di spese, diritti ed onorari di causa e di sentenza con rimborso forfettario generale ex art. 14 L.P., contributo previdenziale c.n.p.a. ed I.V.A. ai sensi di legge nonché rifusione delle competenze di c.t.u. e c.t.p.; 4) in via istruttoria: si richiamano tutte le eccezioni d’inammissibilità delle istanze probatorie formulate dall’attrice già dedotte nelle memorie ex art. 184 c.p.c. depositate rispettivamente in data 30.11.2004 e 20.1.2005. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 5.3.2003 Tagliaferri Anna, titolare dell’ impresa individuale denominata Distributore IP di Tagliaferri Anna, conveniva in giudizio la Banca Popolare di Bergamo Credito Varesino per sentirla condannare alla ripetizione in suo favore di quanto percepito in forza dell’ illecita pattuizione dell’ interesse anatocistico trimestrale sul contratto di conto corrente n. 20280 in essere presso la filiale di Darfo Boario Terme, nonchè per interessi ultralegali non stabiliti convenzionalmente, da determinarsi a mezzo consulenza contabile, oltre interessi allo stesso tasso applicato dalla banca convenuta, con vittoria di spese. Si costituiva la banca convenuta eccependo: 1) la nullità dell’ atto di citazione per assoluta indeterminatezza della domanda; 2) la decadenza dal diritto di impugnare le risultanze degli estratti conto periodici inviati al correntista; 3) in subordine, l’ irripetibilità degli interessi eventualmente non dovuti corrisposti in adempimento di un’ obbligazione naturale; 4) in ulteriore subordine, la prescrizione quinquennale o almeno decennale dei pretesi diritti azionati decorrente dalla contabilizzazione di ciascun addebito trimestrale. Nel merito la banca convenuta sosteneva: 5) la legittimità degli addebiti di interessi ultralegali in forza della pattuizione di interessi uso piazza prima dell’ entrata in vigore in data 1.1.1994 del D.Lgs. 385/92, mentre nei contratti successivi il tasso d’ interesse debitore era sempre stato indicato ai sensi dell’ art. 117 n. 4 T.U.B.; 6) la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi in forza di un consolidato uso normativo, nonché in applicazione della disciplina del conto corrente ordinario alla quale non si applica l’ art. 1283 c.c.; 7) l’ irripetibilità delle somme addebitate a tale titolo prima del recente mutamento d’ indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione in forza della clausola generale della buona fede nell’ esecuzione dei contratti; 8) in subordine, gradatamente, la legittimità della capitalizzazione semestrale ovvero annuale degli interessi creditori con la relativa conversione del contratto nullo; 9) in estremo subordine la decorrenza degli interessi, sull’ eventuale credito restitutorio dell’ attrice, limitati al tasso legale, dalla notifica dell’ atto di citazione. 10) In via riconvenzionale, subordinata all’ accoglimento della domanda attorea, la banca convenuta chiedeva di essere indennizzata della diminuzione patrimoniale che verrebbe a subire in correlazione all’ ingiustificato arricchimento goduto dalla Distributore IP rispetto alle condizioni economiche a suo tempo concordate, compensando tale indennizzo col credito restitutorio eventualmente riconosciuto all’ attrice. Concludeva come in epigrafe. Nelle more della prima udienza la Banca Popolare di Bergamo S.p.A. (d’ora in avanti BPB) succedeva a BPB CV, in forza di cessione di ramo d’ azienda, anche nel rapporto contrattuale oggetto della presente causa, assumendo la relativa legittimazione sostanziale attiva e passiva. All’udienza del 27.11.2003 il difensore della banca convenuta comunicava l’intervenuta estinzione di quest’ ultima previo conferimento a BPB del ramo aziendale bancario e la causa veniva dichiarata interrotta ai sensi degli artt. 110-300 c.p.c. La causa veniva successivamente riassunta dall’ attrice nei confronti di BPB, la quale si costituiva in giudizio facendo proprie tutte le eccezioni e le domande anche riconvenzionali già formulate da BPB CV. In seguito alla produzione dei contratti in oggetto da parte della banca convenuta, l’ attrice, preso atto della pattuizione per iscritto del tasso d’ interesse ultralegale, rinunciava implicitamente alla domanda di restituzione degli interessi ultralegali limitando la richiesta di consulenza tecnica al calcolo degli interessi anatocistici. La banca convenuta si opponeva alle istanze avversarie di esibizione ex art. 210 c.p.c. nonchè di c.t.u. contabile in quanto viziate da finalità esplorativa e sostitutiva di onere probatorio non assolto. In esito all’ espletamento della CTU da parte della Dott.ssa Maria Rachele Vigani, le parti precisavano le rispettive conclusioni all’udienza del 23.2.2006 e la causa veniva trattenuta in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Deve ritenersi provato in fatto che l’ odierna attrice Tagliaferri Anna è stata titolare dal 19.1.1993 al 31.12.2001 del conto corrente di corrispondenza n. 20280 presso la filiale di Darfo Boario Terme della Banca Popolare di Bergamo – Credito Varesino. Dall’ esame degli estratti conto il CTU ha accertato che nel periodo 1.1.1993 – 31.12.1993 è stata applicata dalla banca convenuta la capitalizzazione annuale (degli interessi debitori, n.d.r.), mentre dal 1.1.1994, al 31.12.2001, è stata applicata dalla banca convenuta la capitalizzazione trimestrale degli interessi. Si premette che in corso di causa l’ attrice, in seguito alla produzione da parte della banca convenuta del contratto di apertura di conto corrente e dei successivi contratti di affidamento che indicavano il tasso creditorio ultralegale, ha rinunciato alla domanda di ripetizione degli interessi ultralegali, non riproposta nelle conclusioni. La banca convenuta ha eccepito la nullità dell’ atto di citazione per indeterminatezza della domanda non essendo stati precisati, almeno in via approssimativa, l’ oggetto e l’ entità delle pretese azionate (ossia il petitum) con specifico riferimento ad ogni autonomo titolo causale dedotto a supporto della richiesta (nella fattispecie interessi capitalizzati trimestralmente e remunerazioni varie) demandando così al Tribunale l’ esatta individuazione, determinazione e ripartizione degli importi asseritamente corrisposti dall’ attrice alla convenuta senza asserito valido titolo giustificativo nel corso del rapporto contrattuale. Si rileva in primo luogo che ai sensi del combinato disposto degli artt. 163 n. 3 e 164 comma 4 c.p.c. la citazione è nulla se è omesso o risulta assolutamente incerto … la determinazione della cosa oggetto della domanda. La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che la nullità per omessa od incerta determinazione del “petitum” (art. 164 comma 4 c.p.c.) … non sussiste qualora, nell’ atto introduttivo del giudizio non sia stata esattamente quantificata monetariamente la pretesa, se l’ attore abbia indicato i titoli dai quali la stessa trae fondamento, permettendo in tal modo al convenuto di formulare in via immediata ed esauriente le proprie difese … (Nella specie, concernente la revocatoria delle rimesse effettuate sul conto corrente del fallito, la Corte di Cassazione ha giudicato incensurabile la sentenza impugnata, che aveva escluso la nullità della citazione, ritenendo sufficientemente determinato il “petitum”, in quanto l’ attore aveva chiesto la dichiarazione di inefficacia delle rimesse effettuate nel periodo c.d. sospetto, indicando in via orientativa il relativo importo e rinviando la sua esatta determinazione alle risultanze della CTU, di cui aveva chiesto l’ assunzione) – Cass. sez. I, sentenza 5.4.2005 n. 7074). L’ applicazione del predetto principio al caso di specie porta ad escludere che l’ oggetto della domanda risulti omesso o anche solo assolutamente incerto, tale da determinare la nullità della citazione. Infatti l’ indicazione del numero di conto corrente bancario sul quale sono stati addebitati gli interessi capitalizzati trimestralmente e il riferimento all’ intera durata del rapporto contrattuale hanno consentito alla banca convenuta, in possesso dei contratti e dei relativi estratti conto, di individuare e quantificare l’ oggetto della domanda. Pertanto la mancata quantificazione della somma richiesta in restituzione, per la cui determinazione sono necessarie specifiche competenze professionali, non consente di ritenere l’ oggetto della domanda assolutamente incerto in modo da pregiudicare il diritto di difesa della banca convenuta, a presidio del quale è prevista la dedotta nullità. Infatti la Corte di Cassazione ha precisato che l’ assoluta incertezza del petitum deve essere vagliata in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all’ attore di specificare sin dall’ atto introduttivo, a pena di nullità, l’ oggetto della domanda, ragione che, principalmente, risiede nell’ esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese (nel caso di specie 87 pagine di comparsa di risposta) prima ancora che di offrire al giudice l’ immediata contezza del thema decidendum, con la conseguenza che non potrà prescindersi, nel valutare il grado di incertezza della domanda, dalla natura del relativo oggetto e dalla relazione in cui, con esso, si trovi eventualmente la controparte (se tale, cioè da consentire, comunque, un’ agevole individuazione di quanto l’ attore richiede e delle ragioni per cui lo fa, o se, viceversa, tale da rendere effettivamente difficile, in difetto di maggiori specificazioni, l’ approntamento di una precisa linea di difesa) – Cass. sez. I, sent. 12.11.2003 n. 17023. Ritenuta l’ infondatezza dell’ eccezione di nullità dell’ atto di citazione per indeterminatezza della domanda, ne consegue l’ ammissibilità della consulenza contabile disposta dal giudicante per effettuare i complessi calcoli necessari per quantificare le somme addebitate dalla banca convenuta in applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi. Del resto tale consulenza sarebbe stata indispensabile anche le l’ attrice avesse quantificato nell’ atto introduttivo la somma richiesta, quanto meno per verificare l’ esattezza dell’ importo indicato (Cass. S.U., sent. 27.10.1993 n. 10685). La banca convenuta assume la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi in ambito bancario e, comunque, l’ irripetibilità delle somme a tale titolo addebitate antecedentemente al mutamento d’ indirizzo interpretativo della Corte di Cassazione. Sul punto si rileva che fin dalla sentenza 16.03.1999 n. 2374 la Suprema Corte, ribaltando un precedente costante orientamento, ha affermato che la previsione contenuta nei contratti di conto corrente bancario della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in quanto basata su un mero uso negoziale e non su una vera e propria norma consuetudinaria, deve ritenersi nulla poiché anteriore alla scadenza degli interessi e quindi contrastante con il precetto imperativo di cui all’art. 1283 c.c. Tale orientamento, ribadito costantemente nelle pronunce successive (Cass. 30.03.1999 n. 3096, Cass. 13.06.2002 n. 8442, Cass. 20.08.2003 n. 12222), si è consolidato con la sentenza delle sezioni unite 4.11.2004 n. 21095, dove si legge che gli usi contrari suscettibili di derogare al precetto dell’art. 1283 c.c., sono non i meri usi negoziali di cui all’art. 1340 c.c. ma esclusivamente i veri e propri usi normativi, di cui agli artt. 1 e 8 disp. prel. c.c., consistenti nella ripetizione generale, uniforme, costante e pubblica di un determinato comportamento (usus), accompagnato dalla convinzione che si tratta di comportamento (non dipendente da un mero arbitrio soggettivo ma) giuridicamente obbligatorio, in quanto conforme a una norma che già esiste o che si ritiene debba far parte dell’ordinamento giuridico (opinio iuris ac necessitatis). … dalla comune esperienza emerge che i clienti si sono nel tempo adeguati all’inserimento della clausola anatocistica non in quanto ritenuta conforme a norme di diritto oggettivo già esistenti o che sarebbe auspicabile fossero esistenti nell’ordinamento, ma in quanto comprese nei moduli predisposti dagli istituti di credito, in conformità con le direttive dell’associazione di categoria, insuscettibili di negoziazione individuale e la cui sottoscrizione costituiva al tempo stesso presupposto indefettibile per accedere ai servizi bancari. A regolare la materia era intervenuto l’art. 25 del D. Lgs. 4/9/99 n. 342 che, innovando la rubrica dell’art. 120 T.U. - Decorrenza delle valute e modalità di calcolo degli interessi - ha aggiunto al comma 1 dell’art. 120 due nuove disposizioni alla stregua delle quali il CICR stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori che creditori. Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci sino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità ed i tempi dell’adeguamento. In difetto di adeguamento le clausole divengono inefficaci e l’inefficacia può essere fatta valere solo dal cliente. Peraltro la Corte Costituzionale con sentenza 17/10/2000 n. 425 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 25, comma 3, d. lgs. 4/8/99 n. 342 citato (contenente modifiche al decreto legislativo 1/9/93 n. 385, recante il T. U. delle norme in materia bancaria e creditizia), per contrasto con gli artt. 3, 24, 76, 77 101, 102, 104 Cost., nella parte in cui stabilisce che le clausole riguardanti la produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera del CICR relativa alle modalità e criteri per la produzione di interessi su interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, siano valide ed efficaci fino a tale data e che, dopo di essa, debbono essere adeguate (a pena di inefficacia da farsi valere solo dal cliente) al disposto della menzionata delibera, con le modalità ed i tempi ivi previsti. Per effetto di tale pronuncia, le clausole anatocistiche restano quindi disciplinate, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, dalla normativa anteriormente in vigore, alla stregua della quale esse (basate su un uso negoziale anziché su una norma consuetudinaria) sono da considerarsi nulle, perchè stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c. (Cass. 28/3/2002 n. 4490). Le citate sezioni unite hanno anche ribadito che la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito del correntista bancario va esclusa anche con riguardo al periodo anteriore alle decisioni con cui la Suprema Corte, ponendosi in contrasto con il proprio precedente orientamento, ha accertato l’inesistenza di un uso normativo idoneo a derogare il precetto di cui all’art. 1283 c.c., poiché, anche per tale epoca e nonostante le pronunce di diverso segno, difettava la convinzione dei clienti circa la doverosità giuridica di tali prassi. Questo giudicante non ritiene di doversi discostare da tale autorevole precedente giurisprudenziale, anche perché le argomentazioni difensive svolte dalla convenuta, che ricalcano motivazioni fatte proprie da alcuni giudici di merito, non appaiono convincenti. In particolare alcune decisioni di merito hanno ritenuto non applicabile l’ art. 1283 c.c. al contratto di conto corrente bancario, in quanto incompatibile con gli artt. 1823, 1825 e 1831 dettati in tema di conto corrente ordinario analogicamente applicabili al conto corrente bancario. Secondo tale impostazione nel conto corrente bancario il saldo costituirebbe la prima rimessa di un conto che si rinnova tutti i giorni, per cui il sistema strutturale delle annotazioni in conto e della formazione continua del saldo secondo la regola dell’art. 1852 c.c. eliminerebbe in radice il problema dell’accertamento di un uso normativo di capitalizzazione trimestrale dell’interesse composto, dal momento che le parti avrebbero liberamente convenuto di annotare gli interessi secondo cadenze trimestrali, al cui termine il saldo prodotto costituirebbe il punto di partenza per la annotazione di ulteriori interessi. Tale impostazione non è condivisibile in primo luogo sotto il profilo testuale perché l’ art. 1857 c.c. in tema di conto corrente bancario richiama espressamente alcune norma dettate per il conto corrente ordinario, tra le quali non menziona gli artt. 1823, 1825 e 1831 c.c., escludendone in tal modo l’ applicazione analogica. Inoltre non tiene conto delle differenze strutturali tra conto corrente ordinario e bancario: mentre il conto di corrispondenza ordinario è un contratto tipico, il contratto di conto corrente bancario non è disciplinato dal codice civile vigente come figura contrattuale autonoma, essendo invece positivamente disciplinato lo svolgimento delle "operazioni bancarie in conto corrente". Secondo la dottrina la differenza fra il conto corrente ordinario e quello bancario consiste nel fatto che, mentre nel primo i crediti annotati nel conto sono inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto (art. 1823 c.c.), essendo destinati alla compensazione con eventuali futuri crediti di controparte, nel secondo il credito disponibile nel conto è sempre quello disponibile sulla base del saldo giornaliero. Peraltro nel conto corrente bancario manca l’elemento tipico del conto corrente ordinario, e cioè le "reciproche rimesse", ovvero la pluralità reciproca di rapporti di dare e avere, che costituisce la ragione pratica del conto corrente ordinario e la sua funzione economico sociale tipica, mentre nel conto di corrispondenza solo il correntista ha facoltà di dare impulso al rapporto, non la banca, che esegue gli ordini del correntista. Sotto altro aspetto gli accreditamenti della banca non possono avere valore di rimesse, anche perché queste, mentre nel conto corrente ordinario (artt. 1827 e 1828 c.c.), ancorché iscritte nel conto, non perdono la loro singola individualità, al contrario nel conto di corrispondenza bancario le singole partite perdono la loro individuabilità, nel senso che non danno luogo a rapporti di credito/debito autonomi fra loro, tra i quali sia configurabile, ad esempio, compensazione in senso tecnico, ingenerando soltanto semplici variazioni del saldo disponibile. Si conclude, sia in dottrina che in giurisprudenza, che il conto di corrispondenza bancario è un contratto atipico di natura mista dominato dalle regole del mandato, ben distinto dal conto corrente ordinario. In tal senso la Cassazione sez. I nella sentenza n. 6187 del 22.3.2005 ha ritenuto che in tema di capitalizzazione degli interessi, il rapporto di conto corrente bancario è soggetto ai principi generali di cui all’ art. 1283 c.c. e ad esso non è applicabile l’ art. 1831 c.c., che disciplina la chiusura del conto corrente ordinario. Il contratto di conto corrente bancario è, infatti, diverso per struttura e funzione dal contratto di conto corrente ordinario, e l’ art. 1857 c.c. non richiama l’ art. 1831 c.c. tra le norme applicabili alle operazioni bancarie regolate in conto corrente. Accertata dunque l’illegittimità degli addebiti per capitalizzazione trimestrale perchè in contrasto con il disposto dell’ art. 1283 c.c., vanno affrontate le eccezioni di decadenza e di prescrizione sollevate dalla banca convenuta. Dalla ritenuta nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale discende l’ infondatezza dell’ eccezione di decadenza dell’ attrice dal diritto di impugnare le risultanze degli estratti conto periodici alla stessa inviati. Infatti l’ approvazione del conto ai sensi dell’ art. 1832 c.c. (applicabile al conto corrente bancario per espresso richiamo dell’ art. 1857 c.c.) rende incontestabili le annotazioni in conto nella loro realtà effettuale, ma non determina la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità ed efficacia dei rapporti obbligatori (contratto ed altre pattuizioni) da cui dette annotazioni derivano, con l’ ovvia conseguenza che la mancata contestazione dell’estratto e dell’annotazione degli interessi non è idonea a sanare gli effetti di una clausola nulla. (Cass. 17.04.1999 n. 3845, nonché Cass. sez. I, sent. 5.12.2003 n. 18626) Quanto all’ eccezione di prescrizione, si rileva che la prescrizione quinquennale ex art. 2948 n. 4 c.c. invocata dalla banca convenuta si applica alla domanda diretta ad ottenere il pagamento di interessi, mentre nel caso di specie è stata proposta una domanda di ripetizione d’ indebito soggetta all’ ordinaria prescrizione decennale. Il termine di prescrizione decorre dalla chiusura definitiva del rapporto di conto corrente perché solo in tale momento si stabiliscono definitivamente i crediti e i debiti tra le parti, mentre nessun rilievo assumono i singoli atti esecutivi che costituiscono variazioni dell’ unico originario rapporto. La giurisprudenza di legittimità è costante il tal senso: Il momento iniziale del termine di prescrizione decennale per il reclamo delle somme indebitamente trattenute dalla banca a titolo di interessi su un’ apertura di credito in conto corrente (nella specie perché calcolati in misura superiore a quella legale senza pattuizione scritta), decorre dalla chiusura definitiva del rapporto, trattandosi di un contratto unitario che dà luogo ad un unico rapporto giuridico, anche se articolato in una pluralità di atti esecutivi, sicchè è solo con la chiusura del conto che si stabiliscono definitivamente i crediti e di debiti delle parti tra loro (Cass. sez. I, sent. 9.4.1984 n. 2262, da ultimo Cass. 14.5.2005 n. 10127). Non ricorrendo pacificamente nel caso di specie l’ ipotesi di eccezionale di estensione all’ intero contratto della nullità di singole clausole ai sensi dell’ art. 1419 c.c., la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi, dovrebbe essere sostituita dalla previsione generale dell’ art. 1284 c.c. che non prevede alcuna forma di capitalizzazione annuale, limitandosi a indicare nell’ anno l’ unità di misura temporale del tasso d’ interesse. Infatti non vi è possibilità di inserzione automatica di clausole prevedenti capitalizzazioni di diversa periodicità in quanto l’anatocismo è permesso dalla legge soltanto a determinate condizioni e, in mancanza di valida pattuizione fra le parti, esso rimane non pattuito fra le medesime (in tali termini vedasi App. Milano 4-4-2003 n. 1142; App. Torino 21-1-2002 n. 64 in www.adusbef.it; Trib. Brindisi 13-5-2002 in Foro It.,2002,I,1887; cfr. anche Cass. S.U. 17-7-2001 n. 9653). Peraltro parte attrice ha espressamente chiesto nelle conclusioni la condanna della banca convenuta alla restituzione in favore dell’attore della somma di € 1.856,08=, così come accertata dal CTU in corso di causa, quale ammontare delle maggiori somme addebitate al correntista in conseguenza della capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi rispetto ad una capitalizzazione annuale. Pertanto, in ossequio al divieto di eccedere i limiti della domanda sancito dall’ art. 112 c.p.c., la ripetizione dell’ indebito dovrà essere limitata alla differenza tra la capitalizzazione trimestrale e quella annuale degli interessi, così come determinata dal CTU, alla cui relazione non sono state mosse osservazioni dalle parti. In adempimento dell’ incarico ricevuto la dr.ssa Vigani ha determinato tale differenza in € 1.856,08, precisando che se trovasse applicazione l’ art. 1194 c.c. (che prevede l’ imputazione dei pagamenti agli interessi) l’ operatività dell’ anatocismo dovrebbe essere esclusa perché nel periodo in esame gli accrediti di ciascun trimestre sono sempre stati superiori rispetto agli interessi addebitati in ogni trimestre. Peraltro non può essere condiviso il richiamo operato dalla banca convenuta all’ 1194 c.c., in quanto nel caso specifico del conto corrente non esiste in senso proprio e tecnico il pagamento degli interessi o del capitale e, per di più, non è il debitore (cioè il correntista) che imputa il "pagamento", poiché il correntista si limita a versare somme per la registrazione sul conto corrente. L’art. 1194 c.c. non può essere invocato anche perché per imputare a pagamento una determinata somma occorre che il credito sia liquido ed esigibile, e quindi occorre che il creditore abbia la disponibilità del credito. Tali elementi (liquidità e disponibilità) non esistono (per la banca) nell’ambito di un rapporto di conto corrente bancario, ancor più se affidato. La banca ha la disponibilità del suo credito, e dunque ha la liquidità ed esigibilità, solo quando revoca la linea di credito e chiede il rientro. Prima di allora la banca non può pretendere alcun pagamento poiché è solo il cliente che può beneficiare della disponibilità delle somme versate e concesse dalla banca. Pertanto la banca convenuta deve essere condannata a restituire all’ attrice la somma di € 1.856,08 oltre interessi legali dalla notifica dell’ atto di citazione in data 5.3.2003 fino all’ effettivo soddisfo ai sensi dell’ art. 2033 c.c., non essendo configurabile la sua mala fede alla stregua della contrastante giurisprudenza di legittimità. La domanda riconvenzionale di arricchimento senza causa è infondata perché l’ arricchimento di parte attrice e la correlativa diminuzione patrimoniale subita dalla banca non sono prive di causa, ma derivano dalla decisione giurisdizionale di accoglimento della domanda di ripetizione d’ indebito conseguente alla nullità parziale del contratto; sotto altro profilo si osserva che in caso di annullamento parziale del contratto ai sensi dell’ art. 1419 c.c. si verifica sempre uno squilibrio del sinallagma contrattuale originario, ma se il contratto viene mantenuto in vita come nel caso di specie, significa che tale squilibrio non è di tale rilievo da determinarne la nullità totale, senza che nasca alcun diritto in capo al soggetto svantaggiato dal predetto squilibrio. In considerazione della domanda infondata di restituzione di quanto corrisposto per tasso ultralegale, rinunciata nel corso del giudizio, della mancata determinazione del petitum in sede di atto di citazione che ha reso necessaria la consulenza contabile, e del già rilevato contrasto giurisprudenziale di legittimità sul merito della domanda accolta, le spese legali e di consulenza possono essere interamente compensate tra le parti. P. Q. M. Il Tribunale di Bergamo in composizione monocratica, respinta ogni altra domanda, deduzione o eccezione, condanna la Banca Popolare di Bergamo s.p.a. a pagare in favore di TAGLIAFERRI Anna, titolare della ditta DISTRIBUTORE IP DI TAGLIAFERRI ANNA la somma di € 1.856,08 oltre interessi legali dal 5.3.2003 fino all’ effettivo soddisfo e compensa le integralmente tra le parti le spese legali e di consulenza tecnica. Bergamo, 29.5.2006. IL GIUDICE (dr. Massimo Gaballo) Il CANCELLIERE Depositato in Cancelleria il IL CANCELLIERE

12/06/2006

Documento n.6069

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