da Dagospia (23-10-06). La vecchia volpe democristiana Clemente Mastella negherà ...

in Rassegna Stampa
A questo punto scatta la curiosità dei giornalisti americani e dei corrispondenti italiani da Washington. Affamati di retroscena e incapaci di analisi profonde, vogliono sapere se è vera la voce che la congiuntura negativa di Palazzo Chigi stia portando acqua al mulino di un governo istituzionale. La vecchia volpe democristiana Clemente Mastella negherà con tutte le sue forze che sia il lupo morsicano Franco Marini il candidato a raccogliere l'eredità di Prodi nel mese di gennaio. E anche se dentro i suoi ventricoli democristiani l'ipotesi appare suggestiva e plausibile, il buon Clemente ricorderà alla stampa che Prodi è detentore universale di quel "Fattore Culo" che lo ha portato a sopravvivere in frangenti difficili. Ma non è su Marini che i giornalisti americani vogliono saperne di più. Del presidente del Senato non conoscono né il nome, né il cognome, né le benemerenze. Nelle loro teste frulla il nome di Mario Draghi, il Governatore della Banca d'Italia (ex-uomo di punta di Goldman Sachs) che negli ultimi giorni è diventato più querulo di quanto sia stato in un intero anno. Davanti agli studenti della Business School della Columbia University, il tecnocrate 59enne, che negli anni '90 è stato l'artefice delle privatizzazioni e parla l'inglese meglio di Tonino Di Pietro, sabato scorso ha lanciato messaggi contro il protezionismo e ha usato un linguaggio da statista europeo. Pochi giorni prima aveva bacchettato la Finanziaria del suo amico-nemico Padoa-Scoppia e anche nel convegno di Frascati (organizzato da Linda Belinda Lanzillotta) il suo potenziale avversario, Mario Monti, ha evitato di riproporre l'idea di una "grosse-koalition" perchè ha capito che contro un'eventuale candidatura di Draghi la partita sarebbe perduta. Il nome di Draghi appare anche nell'articolo di Vittorio Feltri su "Libero" e non dispiace certamente a Forza Italia e al Cavaliere che nel dicembre scorso hanno sponsorizzato la sua nomina a via Nazionale. Chi meglio del Governatore, che a colazione divora le barrette energetiche, potrebbe garantire la filiera degli interessi anglo-americani?; chi meglio di lui potrebbe tenere a bada il compagno di scuola Luchino di Montezemolo e tranquillizzare la Vandea degli imprenditori incazzati?; e per finire, chi meglio di lui potrebbe mettere un pizzico di razionalità nella disastrosa comunicazione sul fabbisogno pubblico e sul deficit che Palazzo Chigi ha gestito con dilettantismo di marca bolognese? Sono queste le domande che girano tra i giornalisti americani, domande che cominciano a rimbalzare anche sulla stampa italiana. Non c'è solo Vittorio Feltri a parlarne. C'è anche l'occhio attento di Ferruccio De Bortoli, il direttore del "Sole 24 Ore" che dopo aver preso la Legion d'Onore dalle mani dell'Ambasciatore di Francia, è profondamente seccato (al punto di aver minacciato le dimissioni dal quotidiano della Confindustria) in seguito allo scazzo telefonico tra Montezemolo e Tronchetti (assistito dai suoi legali), dopo la pubblicazione sul “Sole” di una serie di articoli anti-Telecom e della lettera del 12 settembre 2001 – il giorno dopo il crollo delle Torri Gemelle e dei mercati - in cui Carletto De Benedetti prendeva le distanze dal marito di Afef. I dolori di De Bortoli non derivano solo da Telecom: anche in casa Fiat non hanno gradito per niente l’attenzione del quotidiano della Confindustria su Ifil. Messa da parte la lettera di dimissioni, Ferruccio – che ha le antenne lunghe - guarda caso, ieri sul suo giornale ha dedicato mezza pagina ai superbanchieri che siedono alla corte di Goldman Sachs. Gli eventi giocano in favore di Draghi, i giornalisti anche. Dagospia 23 Ottobre 2006

23/10/2006

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