La PignattA n° 49IUS VARIANDI NEI CONTRATTI BANCARI. UN PO’ DI STORIA E DI PROBLEMI. Di M. Novelli 29-1-10

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La PignattA n° 49 IUS VARIANDI NEI CONTRATTI BANCARI. UN PO’ DI STORIA E DI PROBLEMI Di Mauro Novelli – 29-1-2010 La Legge n. 248/2006 (G.U. 11.08.2006) di conversione del Decreto Bersani sulla manovra bis e le liberalizzazioni, ha innovato circa la Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali i contratti bancari. L'articolo 10 recita del Decreto: "Art. 10. - (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali). - 1. L'articolo 118 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e' sostituito dal seguente: "Art. 118. - (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali). - 1. Nei contratti di durata puo' essere convenuta la facolta' di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni di contratto qualora sussista un giustificato motivo nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 1341, secondo comma, del codice civile. 2. Qualunque modifica unilaterale delle condizioni contrattuali deve essere comunicata espressamente al cliente secondo modalita' contenenti in modo evidenziato la formula: 'Proposta di modifica unilaterale del contratto', con preavviso minimo di trenta giorni, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente. La modifica si intende approvata ove il cliente non receda, senza spese, dal contratto entro sessanta giorni. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il cliente ha diritto all'applicazione delle condizioni precedentemente praticate. 3. Le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni del presente articolo sono inefficaci, se sfavorevoli per il cliente. 4. Le variazioni dei tassi di interesse conseguenti a decisioni di politica monetaria riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori, e si applicano con modalita' tali da non recare pregiudizio al cliente". 5. In ogni caso, nei contratti di durata, il cliente ha sempre la facolta' di recedere dal contratto senza penalita' e senza spese di chiusura". L’iniziativa del governo Prodi nel settore creditizio è certamente da apprezzare: l’eliminazione della possibilità di annunciare in Gazzetta Ufficiale le vessazioni delle banche nei confronti dei clienti fu innovazione di pregio. Ma tale iniziativa non può considerarsi una liberalizzazione, una spinta verso trasparenza e concorrenza nel settore bancario: essa, piuttosto va a sanare una aberrazione giuridica di cui lo stesso legislatore si fece complice diciassette anni fa, distraendosi sul famigerato articolo 118 del testo Unico e con il beneplacito di CICR e di Bankitalia. Questo articolo del TUB del 1993 e le norme attuative di CICR/Bankitalia permettevano alla banche di apportare modifiche a costi, spese, commissioni, giorni valuta ecc. nei contratti di durata, utilizzando annunci sulla Gazzetta Ufficiale (Seconda parte, Altri annunci commerciali) quale veicolo di comunicazione alla clientela. [Riportiamo, tra le tante, una perla bancaria veicolata tramite G.U. prima del decreto Bersani: Gazzetta Ufficiale del 3.2.1998 La Banca Nazionale dell’Agricoltura, comunica che: “con decorrenza 1° gennaio 1995, è stato disposto quanto segue:…..”. Seguono gli aumenti di un centinaio di voci di spesa. Avete letto bene: nel febbraio 1998, l’annuncio con destrezza impone variazioni con decorrenza 1° gennaio 1995. ] Anche l’Antitrust, nel 2006 (dopo 13 anni di valenza della norma e prima degli interventi del governo Prodi) evidenziò le storture della normativa di “trasparenza” imposta dal TUB . Con le innovazioni del Decreto Bersani, alle banche è fatto obbligo di comunicare direttamente al cliente ogni variazione. Il correntista dovrà essere avvisato 30 giorni prima dell’applicazione ed avrà 60 giorni per decidere se accettare le variazioni o chiudere il conto. Primo problema: quante volte nella vita possiamo chiudere un conto bancario? L’art. 10 del Decreto sembra eliminare la “licenza” bancaria in cui si è trasformato, nel tempo, lo jus variandi e ridare libertà di scelta al cliente. Si consideri però che la politica di fidelizzazione della clientela (una delle regole del marketing bancario è: “un correntista/albero di Natale, tanti servizi/palle colorate”) fa sì che, oggi, pochi siano i rapporti di conto non addobbati con servizi accessori (domiciliazioni di utenze, ordini permanenti per pagamenti ricorrenti, Rid, rateizzazioni, regolamento di carte di credito, bancomat, accredito di stipendio, pensione, pagamenti/accrediti di affitti). Ne deriva che chiudere un conto comporta una penosità direttamente proporzionale ai servizi accessori con cui il rapporto è stato “arricchito”, sia in termini di procedure di disattivazione per le valenze che vanno abbandonate e poi ripristinate sul nuovo conto; sia in termini di tempi necessari ai due processi, soprattutto al loro ripristino sul nuovo. Si pensi alla nuova messa a regime dell’accredito della pensione: occorre qualche mese. Domanda: quante volte, prima di essere domato, un utente bancario chiuderà un conto ed affronterà il “trasloco” perché non accetta l’ultima variazione imposta dall’ultima banca? Due volte nella vita? Quattro volte? E poi? Secondo problema: data certa e informazioni gestibili? Non sempre le banche preavvisano (con 30 giorni di anticipo) delle variazioni. Spesso non preavvisano proprio. Se il cliente si lamentela, la risposta è “Abbiamo spedito per tempo l’avviso, non l’avrà ricevuto…” Si deve pretendere la raccomandata con avviso di ricevimento? Inoltre, la notifica si limita a fornire le nuove condizioni, e non riporta le vecchie. Quanti correntisti sono in grado di collazionare il nuovo elenco con il precedente per valutarne gli aumenti e decidere se chiudere il conto o meno? Terzo problema: le condizioni variano ormai da cliente a cliente. Siccome ormai le condizioni variano da cliente a cliente e non vengono più applicate alla generalità della clientela (come quando si procedeva tramite gli annunci sulla G.U. rivolti a tutti gli utilizzatori del servizio), gli strumenti di valutazione dei costi non possono che riguardare specifici casi di utilizzo. Creare quindi degli strumenti (anche minuziosi) di valutazione dei costi per una tipologia di conto le cui condizioni possono variare dal giorno successivo (con lettera inviata 30 giorni prima) e solo per un singolo correntista, è esercizio fine a se stesso e in grado di fornire indicazioni tanto grossolane da non essere utilizzabili dalla clientela. L’iniziativa di Bankitalia mirante a coinvolgere il giudizio del CNCU sul meccanismo di valutazione dei costi di un C/C, senza risolvere il problema della variabilità ad horas delle condizioni applicate, è solo in apparenza mirata ad imporre maggior trasparenza ai servizi monitorati. Di fatto solo nominalmente mira ad eliminare situazioni patologiche, limitandosi ad operare su fasi intermedie di un processo che nasce già viziato all’origine. Si vuole effettivamente inserire concorrenza, trasparenza e maggiore correttezza nei rapporti banca/cliente? Si imponga alle banche di annettere alle condizioni una valenza temporale predefinita, entro la quale non sono apportabili variazioni. Quarto problema (il più serio). Chi valuta il “giustificato motivo”? La norma individua nel “giustificato motivo” il fattore a base della possibilità di apportare variazioni e quindi di esercitare lo ius variandi. Il “giustificato motivo” non è lessico conviviale o semplice opportunità commerciale, ma espressione prettamente giuridica. Individua (nel nostro caso) una variazione nello stato industriale e/o finanziario dell’assetto di una azienda che offre servizi, tale da richiedere una variazione delle condizioni contrattuali stipulate con la clientela. Le banche dovrebbero rappresentare le motivazioni e le ragioni “industriali” degli aumenti ad una entità terza. Chi, se non Banca d’Italia, dovrebbe accollarsi il compito di pretendere il “giustificato motivo” e procedere ad una sua valutazione di congruità con gli aumenti scaricati - ad libitum - sulle spalle dei correntisti? -------------------------------------------------------------------------------- SU PRESTITI PERSONALI Ecco il testo “classico” inserito grazie allo jus variandi (per altro adeguato al Bersani Uno) nella quasi totalità dei contratti di prestito personale: Art. XY - Determinazione e modifica delle condizioni – 1. Le condizioni economiche applicate ai rapporti posti in essere con il Cliente sono indicate nei moduli allegati e riferite ai rispettivi rapporti. 2. Ai sensi dell’art. 118 del Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, la Banca si riserva la facoltà di modificare le condizioni contrattuali che disciplinano i rapporti con il Cliente (tassi, prezzi e altre condizioni di contratto) – qualora sussista un giustificato motivo, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 1341, comma 2, del Codice Civile – dandone espressa comunicazione al Cliente, in forma scritta o mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal Cliente stesso, con un preavviso minimo di trenta giorni. La modifica si intende approvata ove il Cliente non receda, senza spese, dal contratto entro sessanta giorni. In tal caso, in sede di liquidazione del rapporto, il Cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. Qualora il Cliente rivesta la qualità di consumatore ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a del D.lgs. n. 206/2005, la facoltà di modifica è esercitabile al ricorrere delle condizioni di legge poste a tutela del consumatore stesso. -------------------------------------------------------------------------------- Nota. Documento Antitrust precedente al Decreto Bersani. ANTITRUST. AS338 - DISCIPLINA DELLO "IUS VARIANDI" NEI CONTRATTI BANCARI Roma, 26 Maggio 2006 Presidente del Senato della Repubblica Sen. Franco MARINI Presidente della Camera dei Deputati On. Fausto BERTINOTTI Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Romano PRODI Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio Ministro dell’Economia e delle Finanze Prof. Tommaso PADOA-SCHIOPPA Banca d’Italia Prof. Mario DRAGHI L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, a fronte della riscontrata sussistenza di problematiche concorrenziali e di mercato conseguenti alle modalità con cui la generalità delle banche applica la disciplina in materia di ius variandi nei contratti bancari, ritiene necessario, ai sensi degli artt. 21 e 22 della legge n. 287/90, indicare con la presente segnalazione le distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato derivanti dalla normativa costituita in particolare dall’art. 118 del D.Lgs 1 settembre 1993, n. 385, recante Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB)1 e dalla parte attuativa del suddetto articolo contenuta nella delibera del Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio (CICR) del 4 marzo 2003, recante Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. [….] In particolare, tali elementi possono essere sintetizzati come nel seguito: (1) Difficoltà di conoscere le variazioni contrattuali e di comprenderne concretamente la portata economica: la comunicazione oggetto del documento di sintesi (la quale contiene tutti i valori attuali, tra cui quelli variati) nella sua struttura non permette di individuare immediatamente le voci modificate al correntista, il quale si deve inoltre attivare per valutarne l’entità e l’impatto sulla spesa complessiva di tenuta del conto corrente. (2) Impedimento alla ricerca di condizioni di offerta alternative in tempi rapidi e con costi contenuti: le condizioni contrattuali di conto corrente presentano una elevata eterogeneità nelle voci di costo tali da rendere di difficile lettura il contenuto dei singoli contratti offerti dalle banche, limitando quindi la possibilità di comparare le diverse proposte contrattuali. (3) Impossibilità di fare affidamento su un contratto avente condizioni contrattuali con durata minima nota, fatta eccezione per i casi di variazione con giustificato motivo: la molteplicità delle variazioni unilaterali comunicate dalle banche crea uno stato di incertezza sulla permanenza delle condizioni contrattuali prescelte tale da disincentivare la ricerca e il passaggio a migliori offerte alternative, che potrebbero anch’esse non essere durature. del rapporto di conto corrente risultano strettamente dipendenti da numerosi altri servizi offerti al correntista dalla medesima banca (domiciliazione delle utenze, carta di credito, eventuali finanziamenti e mutui, conto titoli, ecc..), ognuno dei quali, pur basandosi su un singolo rapporto contrattuale, cessa di regola di essere erogato in caso di recesso dal contratto di conto corrente. Il derivante ulteriore incremento dei tempi e dei costi di uscita risulta spesso il frutto di una scelta strategica delle banche che mina alla radice la stessa possibilità di mobilità dal lato della domanda.

03/02/2010

Documento n.8466

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