Il PuntO. Banche e liberisti "a modo nostro"

in Il Punto
p align=center>Banche e concorrenza: e se venissero meno protezioni e raccomandazioni ?
di Mauro Novelli (4.12.2004)

Da una ventina d’anni, la concorrenza sui mercati internazionali si è fatta più seria. Per le imprese italiane, tale maggiore incisività rasenta la spietatezza. Obbligata a misurarsi in mercati senza rete (senza cioè gli aiutini di stato) l’imprenditoria italiana ha visto soccombere (nei fatti, anche se non formalmente) la grande chimica, l’informatica (Olivetti), un buon numero di grandi aziende alimentari, la grande distribuzione, l’aviazione civile. E speriamo che non siano intaccati altri settori vitali per la nostra economia (auto, telecomunicazioni, energia, ecc). Sarebbe il fallimento della nostra borghesia imprenditrice, incapace di andare oltre la fabrichètta di famiglia senza aiutini istituzionali. E le banche? Il nostro settore creditizio gode (soffre ?) di un ambiente particolare: Banca d’Italia è ancora in grado di tenerlo lontano dalla vera concorrenza internazionale. Ecco alcune componenti fondanti del mercato del credito in Italia, imputabili all’azione premurosa di Via Nazionale: - l’aver promosso l’assenza di concorrenza interna, contrabbandata per stabilità ( la loro) del sistema; - l’aver “suggerito” al legislatore normative di favore, in grado di modificare – ad esempio - le condizioni contrattuali con semplici annunci sulla Gazzetta Ufficiale; - l’aver accettato di non bloccare sul nascere (1952) la massacrante applicazione dell’anatocismo; - la capacità di impedire nel sistema l’ingresso di istituti e di imprenditori di altri paesi; - la capacità di imporre alla nazione interventi bancari in aiuto di aziende in fase di predecozione a causa di erogazioni di denaro – studiate con meticolosa oculatezza - ad amici e conoscenti inaffidabili (un caso per tutti: l’Erario si accollò 12 mila miliardi che il Banco di Napoli non era in grado (?) di esigere); - l’essersi distratta mentre i controllati procedevano al saccheggio del risparmio delle famiglie (Tango bond, Bond Cirio, Parmlat, Giacomelli, Finmek, Finmatica ecc.) per mantenere in piedi – liberisticamente “a modo nostro” - aziende morte da tempo, e rientrare dei crediti spalmandoli su centinaia di migliaia di risparmiatori; - l’aver fatto digerire a tutti la posizione di un controllore ( ente di diritto pubblico) i cui padroni (privati) sono gli stessi controllati; - il non proferir verbo sulla recentissima conclusione della vicenda giudiziaria che condanna definitivamente l’anatocismo – vicenda in grado di scardinare l’intero apparato economico di questo paese; - il non proferir verbo di fronte al crollo di fiducia dei cittadini nei confronti dell’intero sistema bancario. (Ma la fiducia non era il pilastro su cui si fonda l’attività creditizia?). Alcune domande: - I convinti e lungimiranti liberisti “a modo nostro”, pronti a strapparsi i capelli per convincere tutti a disseccare i costosi apparati del welfare state (ultimo – ieri - il governatore Fazio) ed a privatizzare anche la forza pubblica, hanno valutato i costi per l’intero sistema produttivo del welfare credit, cioè di un apparato bancario artificialmente sotto tutela? Proprio quei liberisti a modo nostro sono in grado di inventare aziende capaci di perdere centinaia di miliardi di vecchie lire in 18 mesi e di ottenere l’intervento statale prima ancora che siano conosciuti i motivi delle perdite. - Per quanto tempo è ancora possibile evitare “contaminazioni esterne” al nostro settore creditizio gestito da banchieri alla vaccinara e abituati a protezioni e distrazioni? - Quale impatto avrà sul sistema Italia il prossimo ed inevitabile crollo di illegittimi, costosi ed ormai insostenibili baluardi contro la concorrenza internazionale? - I liberisti “a modo nostro” sono di fatto alleati dei no-global, o sperano in una loro ardua resistenza? Sul fronte della produzione, visto il discreto potere contrattuale, Montezemolo sta stringendo accordi col sistema bancario. Ad esempio, sui meccanismi di variazione di costi, spese, commissioni finora imposti dalle banche e da queste variati con nonchalance. Ma chi protegge i privati? Per mantenere in buona salute il mercato, il legislatore dovrebbe essere interessato a costruire meccanismi di difesa a favore del contraente debole, cioè dell’utente privato. Visto, però, che partiti politici e personaggi potenti (tutti convinti liberisti “a modo nostro”) devono molto alla benevolenza dei banchieri alla vaccinara, il Parlamento non azzarda iniziative contro chi potrebbe risentirsi, stringere i cordoni della borsa ed imporre umilianti “rientri” ai debitori. In periodo preelettorale? Non scherziamo! Ci resta solo la magistratura ? Come sempre, dipende da noi……..

07/12/2004

Documento n.4299

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