SERVIZIO UNIVERSALE: IMPORTANTE SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO CHE OBBLIGA LE POSTE A NON CHIUDERE GLI SPORTELLI NELLE ZONE DISAGIATE

in Comunicati stampa

COMUNICATO STAMPA

 

SERVIZIO UNIVERSALE: IMPORTANTE SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO (REL. HADRIAN SIMONETTI),

CHE OBBLIGA LE POSTE (DA ESTENDERE ALLE FS) A NON CHIUDERE GLI SPORTELLI NELLE ZONE DISAGIATE.

COME MAI AGCOM, AUTORITA’ CHE DOVREBBE TUTELARE L’INTERESSE PUBBLICO,NON SI E’ COSTITUITA? 

 

 

   Importante sentenza  del Consiglio di Stato (786/2014, relatore Hadrian Simonetti) sul servizio universale  che oltre a confermare la decisione con cui il Tar della Basilicata aveva impedito la chiusura dell’ufficio di Avigliano (PZ), ha messo in mora  l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni  (AGCOM), la cui indipendenza dalle imprese vigilate, è ancora tutto da dimostrare.

   Nel 2012 le Poste avevano individuato 1.156 uffici da chiudere e altri 638 da razionalizzare riducendo gli orari di apertura, un piano che lascerebbe senza servizio pubblico, com’è quello di ricevere la corrispondenza, moltissimi paesini periferici ed un bacino di utenza stimabile in 800.000 cittadini.

   Poiché nel 2013 l’Agcom ha avviato un’istruttoria per valutare i criteri di scelta, senza averla  ancora conclusa, ci hanno pensato i giudici a colmare i ritardi: «A fronte di situazioni particolari legate alla conformazione geografica dell’area interessata - scrive infatti il Consiglio di Stato -, il criterio dell’economicità non può essere assunto a dato assoluto ed anche le distanze chilometriche debbono essere valutate con estrema attenzione, rifuggendo da qualunque automatismo».

     La scarsa affluenza di utenti non può essere l’unico criterio in base a cui le Poste decidono di chiudere i piccoli uffici, perché l’azienda - ad oggi interamente pubblica - è tenuta a garantire il cosiddetto servizio universale che si traduce (anche) in un presidio del territorio, non essendo sufficiente il semplice criterio della distanza chilometrica tra gli utenti e gli uffici postali (prevista dal decreto Scajola),perché bisogna tenere conto di quei piccoli centri con «servizi pubblici di trasporto e collegamenti insufficienti», e con «preponderanza di popolazione anziana chiaramente in difficoltà negli spostamenti» a cui va garantito un ufficio postale vicino casa.

   Il Consiglio di Stato ha superato gli esclusivi criteri di economicità: anche se i piccoli uffici - quelli a rischio - «rappresentano verosimilmente un costo elevato per Poste italiane», il piano di riduzione non può essere attuato «seguendo una logica solamente di tipo economico e senza prevedere valide alternative». Ad esempio, dicono i giudici, consentendo che siano gli stessi portalettere (dotati di appositi palmari) a ritirare plichi e raccomandate ed accettare il pagamento dei bollettini.

   Tuttora il quadro normativo obbliga Poste Italiane ad essere presente nel 96,45% dei Comuni e vieta di chiudere i cosiddetti «uffici unici». Di fronte all’Autorità l’azienda ha però affermato che queste disposizioni sono troppo restrittive e che «spesso finiscono con l’imporre una offerta di servizio sovradimensionata rispetto all’effettiva domanda».

    Il Consiglio di Stato, nel confermare la decisione del Tar di Basilicata su Avigliano Scalo, ha aggiunto un ulteriore principio a salvaguardia dell’interesse pubblico,  affermando che il «disequilibrio economico» delle sedi da chiudere «andrebbe semmai accertato valutando l’intera attività erogata dall’ufficio postale e non il solo servizio universale»: visto che si sono trasformate in banche (Bancoposta) ed in  bazar che vendono di tutto (libri, cartoleria, oggettistica, telefonini, ecc.), le Poste devono considerare anche il vantaggio economico che ne deriva.

    Adusbef nel riconoscere l’importanza di una sentenza storica inappellabile, che pone un argine alla liberalizzazione selvaggia di un Istituto Pubblico come le Poste, che sembra perseguire gli esclusivi criteri di economicità e di mero profitto, abdicando alla missione di servizio universale, nella chiusura di migliaia di uffici periferici  in maniera selvaggia ed irrazionale, con ricadute sia sull’occupazione che sull’utenza danneggiata, farà valere tale principio anche per le Ferrovie dello Stato, che utilizzando gli stessi criteri, lascia sguarniti interi territori dal servizio pubblico ferroviario.

 

                                                                                                                                                     Elio Lannutti (Adusbef)

Roma, 5.6.2014

05/06/2014

Documento n.9730

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