BPVI: OLTRE ALLE PERQUISIZIONI ODIERNE DELLA GDF, ORDINATE DALLA PROCURA DI VICENZA, OCCORRE CONFISCARE I BENI DEGLI INDAGATI, ZONIN,SORATO E VERIFICARE I RAPPORTI COLLUSIVI CON BANKITALIA

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COMUNICATO STAMPA

BPVI: OLTRE ALLE PERQUISIZIONI ODIERNE DELLA GDF, ORDINATE DALLA PROCURA DI VICENZA, OCCORRE CONFISCARE I BENI DEGLI INDAGATI, ZONIN,SORATO E VERIFICARE I RAPPORTI COLLUSIVI CON BANKITALIA

   Ben venga la perquisizione odierna della Guardia di Finanza nella sede centrale della BpVi, ordinata dalla Procura di Vicenza (la cui indagine marcia a passi di lumaca), sull’acquisto di azioni della banca tramite finanziamento per 975 milioni di euro, i cui prestiti rischiano di non poter essere recuperati  dopo l’ordinanza del giudice di Venezia Anna Maria Marra, della sezione del tribunale specializzata in materia di imprese, che ha considerato nulle le cosiddette «baciate» ovvero le operazioni con le quali la Popolare di Vicenza erogava finanziamenti ai clienti mentre contestualmente quest’ultimi acquistavano azioni dell’istituto.

   Tali lampanti violazioni di legge, tollerate da Bankitalia, il cui scandaloso sistema di porte girevoli che forniva alla BpVi, molti dirigenti da Luigi Amore a Gianandrea Falchi, vennero scoperte dalla famosa ispezione della BCE (sulla Banca Popolare di Vicenza, ndr), condotta tra il 26 febbraio e il 3 luglio 2015 e conclusasi con una relazione di 103 pagine che non lascia scampo agli ex vertici della Banca ed ai loro collusi vigilanti, con  58mila azionisti, tra vecchi e nuovi, sui 120.000 totali, non risultanti in linea con le normative Mifid, la direttiva europea (Market in Financial Instruments directive) che impone tra l’altro, di classificare i clienti in modo adeguato per fornire loro servizi finanziari appropriati.

   Ma oltre all’indagine al rallentatore, che deve essere accelerata, sembra immotivata la mancata confisca dei beni degli indagati, in primis Giovanni Zonin e Samule Sorato, inspiegabilmente ancora a piede libero, e la difesa d’ufficio di Carmelo Barbagallo, capo del dipartimento della vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d' Italia, che ha oltre ad aver assolto le responsabilità di Bankitalia nelle ispezioni condotte in Bpvi nel 2015, ha magnificato l'efficacia egregia della meritoria azione di Vigilanza.

    Sul caso Popolare di Vicenza, alla cui gravità si è di recente aggiunto il tragico suicidio di un risparmiatore Bedin, che Don Enrico Torta, parroco del Veneto ha classificato come "omicidio", Bankitalia spiega che «si è scoperto quel che si è scoperto» non solo grazie alla Bce, ma a Bankitalia- ha affermato Barbagallo, che ha condotto innumerevoli accertamenti» «di incisività non dissimile», di  «verifiche intense» nei confronti della Popolare di Vicenza, durate anni e relative «a un ampio spettro di attività» specie sulla «gestione anomala delle azioni». Ne sono seguiti «provvedimenti restrittivi», come il «blocco delle iniziative di espansione della banca» (si allude alle mire su Etruria, Carife e Banca Marche, ndr) e di «sanzioni comminate» con invio di «ampia documentazione all' autorità giudiziaria».

    Barbagallo, nella consueta vena auto assolutoria che contraddistingue la CONSOB di Giuseppe Vegas e la Banca d'Italia di Ignazio Visco, quasi che le responsabilità dei dissesti e dei crac per oltre 20 MLD di euro, che hanno azzerato i risparmi di intere generazioni a 340.000 famiglie di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti, CariFerrara, BpVi, Veneto Banca, siano dei risparmiatori ed azionisti che si sono fidati delle banche, omette di aggiungere che la Banca d'Italia ha sanzionato l'intero Cda di Banca Etruria, per non aver accolto le disposizioni di Bankitalia, per farsi annettere alla Banca Popolare di Vicenza del padre padrone Zonin, spiccia faccende del Governatore Ignazio Visco.

  In un paese divorato dalla illegalità, ai primi posti per corruzione, agli ultimi per libertà di informazione, non si  possono più tollerare le menzogne e le autoassoluzioni, ma devono essere accelerati i processi penali in corso da parte della Procura di Vicenza, in caso contrario non resta che la strada dell’istanza di avocazione da inoltrare al Procuratore generale della Corte di Appello di Venezia, ai sensi dell'art. 412 c.p.p. per  impedire che tale inerzia, possa pregiudicare l’obbligatorietà dell’azione penale.

             

                                                                               Elio Lannutti (Adusbef) - Rosario Trefiletti (Federconsumatori)

Roma,21.6.2016

21/06/2016

Documento n.10354

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