TRENITALIA: VIAGGIO ALLUCINANTE DI 450 PASSEGGERI CONGELATI

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TRATTO DA "DAGOSPIA" MORETTI, BINARIO MORTO – L’ALLUCINANTE VIAGGIO DEI 450 PASSEGGERI RIMASTI 20 ORE NELL’EURO-FREEZER LECCE-ROMA – “PER DUE VOLTE UN LOCOMOTORE PROVA A TRAINARCI, PER DUE VOLTE IL GANCIO SI ROMPE”… 1 – LA NUOVA ERA DEI TRASPORTI: IN 450 CONGELATI PER 20 ORE… Nino Materi per “Il Giornale” Benvenuti sull’Eurofreezer Lecce-Roma. Un fiammante Eurostar, ma con l’impianto di riscaldamento in tilt. Risultato: 450 passeggeri fermi per venti ore al gelo. Fuori la neve e temperatura sottozero. Il giorno dopo, l’unico a non avvertire nessun brivido di freddo è il presidente del Consiglio Romano Prodi, che infatti ieri ha trovato il coraggio di dire: «Oggi comincia una nuova era nella storia del nostro trasporto ferroviario». Il premier ha pronunciato la storica frase davanti alla stazione della sua Bologna e c’è mancato poco che all’amministratore delegato delle Fs, Mauro Moretti, scappasse una lacrima di commozione. Del resto, l’occasione era solenne: il via al conto alla rovescia per l’ultimo anno di lavori sulla tratta Bologna-Milano dell’alta velocità; 365 giorni e 10 ore e 7 minuti dal momento in cui - erano le 13.50 - è partito il countdown sul display che fa tanto ferrovie supertecnologiche. Peccato che le Fs di supertecnologico (a parte il display di Bologna) ormai abbiano poco o nulla. Negli ultimi due anni la Finanziaria ha tagliato i finanziamenti di oltre mille miliardi di euro, contribuendo al definitivo deragliamento dell’azienda ferroviaria. Un enorme carrozzone diviso in tanti piccoli scompartimenti settoriali che sempre più spesso portano passeggeri e merci sul binario morto del disservizio. «Ma quali disservizi - replicano i manager Fs -: ogni giorno garantiamo gli spostamenti di 1.300.000 persone a bordo di 8mila treni; senza contare i 1.200 treni merci quotidiani che trasportano 82 milioni di tonnellate di prodotti. Nel 2006 un fatturato di oltre 5 miliardi di euro». Basta però grattare i dati di superficie per avere la fotografia di un’azienda in crisi profonda e sul punto di portare i libri in tribunale. È l’effetto di una politica dissennata che per decenni ha fatto delle Fs un incredibile mix di sprechi e privilegi. Quando - negli ultimi 5-6 anni - si è tentato di svoltare, ormai era troppo tardi. Oggi i dipendenti sono 56mila, meno della metà rispetto agli anni ’80-90, quando un posto nelle Ferrovie non lo si negava a nessuno. È in quegli anni che sono state poste le più solide basi dell’attuale disastro ferroviario. Nel 2005 sembrava si fosse toccato il fondo: 57 incidenti tra deragliamenti e scontri; il 15% dei convogli in ritardo di oltre un quarto d’ora; 800 carrozze ritirate a causa dell’invasione delle zecche. «Vedrete, entro l’anno prossimo sistemeremo tutto», aveva promesso Roberto Testore, l’amministratore delegato ribattezzato dai maligni «l’indossatore delegato» per via dell’inappuntabile eleganza dei suoi vestiti. Alla presidenza delle Fs c’era allora Elio Catania, sotto la cui egida fu varato il celebre slogan pubblicitario: «Andate a trovare lo zio Pietro a Matera in treno»; peccato che in azienda nessuno si fosse accorto che a Matera non c’è l’ombra di stazione e che proprio la linea Ferrandina-Matera è una delle grandi incompiute del Sud. Gratificati da principesche buonuscite, Catania e Testori hanno lasciato il posto a Mauro Moretti (attuale amministratore delegato ed ex responsabile del dipartimento Rfi) e al neo presidente Fs, Vincenzo Cipolletta. Sotto la loro guida si è tentato di razionalizzare il sistema di pulizia delle carrozze (un «pozzo di San Patrizio» che inghiotte risorse enorme senza rispondere delle proprie inefficienze), puntando sui treni di «serie A» a danno dei convogli pendolari (da sempre i più penalizzati in termini di qualità del servizio). Ma il dramma attuale è che anche i sedicenti «treni di lusso» (Eurostar e Intercity) mostrano la corda: paradossalmente un Milano-Roma di oggi impiega mediamente 15 minuti in più di un Milano-Roma di dieci anni fa. La risposta? Aumentare i prezzi dei biglietti: «In Germania costano il doppio - fa notare Mauro Moretti -, anche noi dovremo adeguarci». Ma in Germania i treni sono un gioiello, mentre da noi sono una patacca: «Nel dicembre 2008 apriremo la tratta ad alta velocità tra Milano e Bologna e 365 giorni dopo, nel dicembre 2009, sarà pronta l’intera linea da Torino fino a Salerno», rilancia Moretti. «In pochi anni dobbiamo cambiare il sistema ferroviario ed in questo è fondamentale l’alta velocità da Torino a Salerno - gli ha fatto eco ieri da Bologna Romano Prodi -. In due anni dobbiamo completarlo, a partire dall’alta velocità dei tronchi appunto Bologna-Milano e Firenze-Bologna. Abbiamo messo ingenti quantità di risorse vere nelle infrastrutture. L’intenzione è di proseguire anche l’anno prossimo. Le stazioni vanno completate, riorganizzate, rifatte». «Scusi presidente Prodi, ma da quanto tempo lei non prende il treno?», gli ha chiesto un giornalista. Il premier non ha risposto. Infilandosi subito nella sua auto blu. 2 – “LA MIA ODISSEA NELL’EUROFREEZER SENZA ACQUA, BAGNI ED ELETTRICITÀ”… Francesco Pollina per “Il Giornale” Un dramma dell'assurdo. Ho capito di esserci finito dentro quando preso dall'esasperazione ho aperto il portellone della carrozza, ho fatto un salto di un metro e mezzo e mi sono messo a camminare nei campi. Il treno era inclinato su un fianco perché ci eravamo fermati su una curva, da ore le porte dei bagni erano serrate, l'aria era diventata irrespirabile e - nonostante i divieti imposti dal personale Trenitalia, che ci chiedeva di non uscire dalla “gabbia“ in cui eravamo chiusi - io e altri, per qualche minuto, siamo fuggiti dalla prigione. Ma è stato un privilegio che solo in pochissimi ci siamo concessi, a costo anche di farci male tentando questa piccola fuga. Le donne, i bambini, tante signore anziane, per ore e ore non hanno avuto accesso ai servizi igienici, niente elettricità e niente riscaldamento. Qualcuno è crollato e caduto in vere e proprie crisi di panico. Altro che Trenitalia. Noi sabato abbiamo viaggiato su Trenafrica. E non da passeggeri o da cittadini di questo Paese, ma come profughi. Ti svegli la mattina pensando che sarà una giornata come le altre, hai bisogno di raggiungere Roma per lavoro, solita routine. Sali sulla carrozza a mezzogiorno, il treno parte alle 12.17 e nell’arco di cinque ore ti ritrovi in un incubo, in una farsa. Sì, perché credevi di correre sull’alta velocità, e invece sei fermo nella campagna. Ore 17.15. Niente informazioni, perché l’unica spiegazione che ti danno è «guasto tecnico». Un guasto che ha significato percorrere 500 chilometri in venti ore. I telefonini a un certo punto smettono anche di squillare, cominciano a scaricarsi senza elettricità, e i pianti dei bambini si fanno più insistenti. Per due volte un locomotore tenta di trainarci (prima alle 21.30, poi alle 23) e per due volte il gancio si rompe. Intanto non arrivavano né viveri, né coperte. Ma non finisce qui: dopo il danno, la beffa. Percorriamo decine di carrozze, cercando di darci aiuto fra noi, di dare una mano alle signore più anziane cariche di bagagli. Facciamo 150 metri a piedi nel freddo e al buio, raggiungiamo un nuovo treno che avrebbe dovuto riportarci a destinazione e anche questo, dopo poco, si ferma. Prima ti prende l’incredulità, poi il nervosismo, il senso dell’abbandono e infine la rabbia. Non tanto per te, ma per i più piccoli e i più anziani. «Nemmeno le bestie vengono trattate così», ci diciamo tra noi. Qualcuno invoca Beppe Grillo, qualcun altro tenta di rassicurare i familiari. Una ragazza ucraina quasi si commuove: ha perso il volo per rientrare a casa per le vacanze. Accanto a lei c’è anche un militare italiano. Era diretto in Kosovo, ma sarà per un’altra volta. Passano le ore e nemmeno l’agognato intervento della protezione civile cambia le cose: alle 3.30 del mattino arrivano, ma con loro nemmeno una bevanda calda, solo qualche bottiglia di acqua naturale e tè freddo. Fuori la temperatura è sotto lo zero... Eppure attorno a noi, insieme a noi, vedo grande dignità. Vedo un pezzo d’Italia che lavora, che viaggia per ragioni professionali o familiari e che è vittima di un sistema impazzito. In cui i controllori allargano le braccia e ti dicono: «Io il mio dovere l’ho fatto. Ho avvisato i dirigenti, altro non mi viene consentito di fare». La dignità dei passeggeri da una parte e l’impotenza dall’altra. In mezzo la disorganizzazione, l’assenza delle minime capacità di intervento sull’emergenza e l’arroganza di una società che dovrebbe essere al servizio dei cittadini e che invece sembra farsene beffa. In 450 non ci diamo pace. Come fai a calmarti mentre sei rinchiuso in delle gabbie congelate, privo di comunicare con familiari e amici, al buio, tra le urla dei bambini e le lamentele dei più anziani? Come si fa ad accettare l’evidenza? Come a spiegare che sei salito su un treno a mezzogiorno e sei sceso alle 7 del mattino successivo per percorrere appena 500 chilometri? Come si fa a non pensare che quello non è stato un viaggio, ma un sequestro di persona?

17/12/2007

Documento n.7005

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