TOSSIC PARK ITALIA – IL DOPPIO GIOCO DELLE BANCHE D’AFFARI: VENDEVANO MLD DI DERIVATI (AVARIATI) E FACEVANO DA CONSULENTI DEGLI AMMINISTRATORI

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TOSSIC PARK ITALIA – IL DOPPIO GIOCO DELLE BANCHE D’AFFARI CON I COMUNI ITALIANI: VENDEVANO MLD DI DERIVATI (AVARIATI) E FACEVANO DA CONSULENTI DEGLI AMMINISTRATORI – MISTERO “SINKING FUND” – INTERVIENE TREMONTI - IL DOPPIO GIOCO DELLE BANCHE D'AFFARI... Francesco Bonazzi per "L'espresso" Vendite per 35 miliardi di euro. Oltre un miliardo di commissioni incassate e bonus milionari per ognuno di quel centinaio di 'uomini d'oro' che ha imbottito di derivati le amministrazioni locali italiane. Un sogno così non ritorna mai più, per le grandi banche d'affari internazionali che tra il 2000 e il 2007 hanno liberamente scorrazzato nel Tossic Park della nostra finanza pubblica. Una prateria dove le varie Merrill Lynch, Nomura, Deutsche Bank, Ubs e Dexia-Crediop (ma anche Unicredit e Bnl) hanno soddisfatto la domanda di liquidità di Regioni e Comuni perennemente a caccia di soldi e che ora si trovano seduti su autentiche bombe a orologeria, con debiti mostruosi che esploderanno tra vent'anni. Un capolavoro a prova di elettore e di giudice, innanzitutto. Un mercato liberalizzato da Giulio Tremonti nel 2001 e ora recintato dallo stesso ministro, con il congelamento delle vendite di nuovi derivati. Su questo pericoloso pasticcio si è mossa qualche Procura della Repubblica, Milano in testa, ma al di là dei risvolti penali, c'è un dato d'insieme che finora non è venuto alla ribalta: il gigantesco conflitto d'interessi delle banche venditrici, che pubblici amministratori poco accorti hanno nominato come consulenti. E quelle, naturalmente, hanno finito per consigliare se stesse. Una prima ricognizione delle consulenze tentata da 'L'espresso', con l'aiuto di alcuni ex venditori, ci consegna una fotografia imbarazzante. A Torino e in Piemonte ci si è avvalsi dei consigli di Merrill Lynch e Sanpaolo-Dexia. In Veneto, Toscana, Lazio e Puglia è toccato a Merrill Lynch. In Regione Campania, Ubs e Merrill Lynch; mentre a Napoli i consigli per gli acquisti sono arrivati da Barclays, Ubs e Deutsche Bank. In Abruzzo la consulenza l'hanno assicurata prima Merrill e poi Citibank, Deutsche e Dexia. In Sicilia, ancora Nomura e Merrill Lynch. Nei quasi 700 comuni che si sono buttati nella finanza speculativa, nonostante i derivati fossero prodotti nati per assicurarli dai rischi sui tassi, la parte del leone l'hanno fatta Unicredit, Intesa-Sanpaolo e Bnl. E il motivo è semplice: spesso erano già gestori della tesoreria comunale e quindi sapevano benissimo dove mettere le mani. Il sistema degli incarichi da 'advisor' funzionava così. Nella stragrande maggioranza dei casi, l'ente pubblico non faceva alcuna gara perché la consulenza veniva assegnata gratis o, al massimo, costava meno di 100 mila euro (e quindi era 'sotto soglia'). In alcuni enti, le banche si facevano dare la consulenza, formalmente, per intrattenere i rapporti con le grandi agenzie di rating internazionali. Ma qui nessuno lavorava per beneficienza: di solito, i 'consulenti' si ritagliavano poi il ruolo di 'lead manager' della prima emissione di bond, quindi chiamavano al banchetto dei derivati e delle rinegoziazioni continue le altre Grandi Sorelle. Molto importante era la qualità degli uomini sguinzagliati in giro per gli assessorati. Superlaureati che partivano da Londra, guadagnavano tra i 2 e i 6 milioni l'anno (il 70 per cento erano bonus), ma erano tutti italiani e spesso con cognomi pesanti. Come Gaetano Bassolino, co-responsabile 'local governement' di Ubs per l'Italia e figlio del governatore Antonio; o Emanuele Vizzini di Deutsche Bank, figlio di Carlo, parlamentare del Pdl. Col senno di poi, oggi colpisce che a Milano o a Torino non si siano fatti consigliare dai tecnici delle fondazioni bancarie. I vari Guzzetti, Comba o Biasi probabilmente avrebbero salvato volentieri sindaci e assessori, magari anche gratis. Oggi, quantificare il rischio-derivati per le pubbliche amministrazioni non è semplice, anche perché i contratti vengono continuamente rinegoziati e in molti casi le perdite emergeranno solo nel 2030 o giù di lì. Ad agosto 2008, la Banca d'Italia stimava perdite potenziali per poco più di un miliardo. Ad aprile di quest'anno, la Corte dei Conti ha provato a tranquillizzare il Parlamento sostenendo che i Comuni avrebbero in pancia perdite per soli 63 milioni. Ma solo a Milano, secondo il calcolo in base al quale la Procura ha appena sequestrato circa 500 milioni a quattro banche straniere, ci sarebbero 300 milioni di 'rosso'. E secondo fonti comunali, a Firenze sono già 'sotto' di 55 milioni e a Torino di 108. Perché tanto caos sulle cifre? Chiedere alle banche venditrici non serve a nulla, perché negli ultimi 18 mesi hanno letteralmente smantellato i pool di vendita 'in autotutela', come spiega con una battuta l'ex golden boy di una banca inglese. A loro volta, gli stessi assessori, presidenti e sindaci non sanno bene che cosa gira nella rete fognaria dei derivati. Molti hanno firmato contratti 'bullett' che prevedono il rimborso totale solo alla scadenza e nel frattempo per saldare il conto mettono da parte un po' di soldi in un cosiddetto 'sinking fund' gestito dalle stesse banche. Che cosa ci sia nei sinking fund è l'ultimo grande mistero. Dovrebbero esserci titoli di Stato, o comunque di rating non inferiore a quelli per i quali si è indebitato l'ente pubblico. E invece capita che a Milano ci siano emissioni pubbliche campane e siciliane delle quali i contribuenti padani non andranno certo fieri. In Puglia, sempre nei sinking fund, ci sono ricchi pacchetti di bond General Motors e in Piemonte scommettono sui 'Credit default swap' della Repubblica italiana, che non sarà un gran rischio, ma certo non è neppure molto elegante. Insomma, c'è più di un sospetto che la stessa banca che a un certo parallelo emetteva Boc di difficile vendita abbia poi vestito i panni del compratore in qualche altra città. Un capolavoro di vasi comunicanti. Una fotografia puntuale, in modo da consigliare a Giulio Tremonti i giusti interventi, avrebbe potuto scattarla già da tempo la Cassa depositi e prestiti. In fondo, gran parte di quei mutui estinti dagli enti pubblici per avventurarsi nel Tossic Park dei derivati erano proprio con la Cassa, e il suo direttore finanziario viene da Jp Morgan. Sarà un caso, ma la Morgan è stata tra le prime a mollare il mercato italiano, non prima di aver piazzato un paio di bei colpi a Torino e in Campania. E se un gigante come Goldman Sachs ha preferito restarne fuori è perché temeva 'danni reputazionali'. Oggi, avvalendosi della Cdp, Tremonti potrebbe esercitare tutta la sua 'moral suasion' sulle banche d'affari perché rinegozino con una mano sulla coscienza i derivati più impresentabili. In fondo, il Tesoro è il primo emittente sul mercato dei capitali italiani, e per una banca estera essere esclusa dalle aste dei titoli pubblici sarebbe una mazzata non da poco.

24/05/2009

Documento n.7935

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