TELECOM: IN MEMORIA DI BOVE, MORTO "SUICIDA", COME PINELLI !

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IL DIRIGENTE TIM “NEMICO GIURATO” DI GHIONI E' MORTO “SUICIDA” L’ORDINE SUPERIORE: “FUORI I NOMI DI CHI HAI SPIATO NELL’INCHIESTA SUL SISMI” LA FAMIGLIA BOVE: MORTO PER LE CALUNNIE SU DI LUI DIFFUSE DAI VERTICI TELECOM Paolo Biondani per “L’espresso” Poco prima di morire, Adamo Bove aveva registrato di nascosto una conversazione esplosiva. Un suo colloquio riservatissimo con un dirigente del gruppo Pirelli-Telecom. Non uno qualsiasi: il suo superiore diretto. In teoria quell'audio era sotto sequestro fin dal 21 luglio 2006, il giorno in cui il dirigente Tim precipitò da un viadotto, a Napoli, in un apparente suicidio con troppi misteri. In pratica è stato scoperto e ascoltato per la prima volta, stranamente, solo poche settimane fa. Ora quella conversazione è stata trascritta per la Procura di Napoli, che indaga per 'istigazione al suicidio'. Per i familiari di Bove, "è la prova definitiva che la morte di Adamo è stata provocata da una campagna di calunnie orchestrata dai vertici aziendali". La registrazione risale al maggio 2006. Bove ha ancora due mesi di vita. Dal 1999 lavora alla Tim, ma non ha mai smesso di sentirsi un poliziotto. E quel giorno capisce che deve riutilizzare le tecniche imparate in dieci anni d'indagini contro la camorra. La tempesta giudiziaria che sta per abbattersi su Pirelli-Telecom è già nell'aria. Un anno prima, il 3 maggio 2005, i pm di Milano hanno perquisito Giuliano Tavaroli, il dominus della divisione sicurezza. Sulla carta Tavaroli si è dimesso. In realtà si è solo autosospeso e continua a comandare, mantenendo lo stipendio di manager Pirelli in Romania e perfino di 'consulente strategico antiterrorismo'. Già indagato, ma ancora raccomandato, secondo la sua stessa azienda, da Gianni Letta, braccio destro di Berlusconi al governo. In quel maggio 2006, dopo la fusione tra Tim e Telecom, il nuovo capo della security, almeno formalmente, è Gustavo Bracco. È con lui che Bove deve parlare. Da giorni il superiore gli chiede se è vero che la Procura di Milano ha trasmesso a Tim una richiesta top secret. Il colloquio sembra un interrogatorio di terzo grado. Bracco vuole sapere a chi appartengono i quattro cellulari che la Digos ha chiesto a Bove di controllare. L'ex poliziotto si rifiuta di rivelarlo. Bracco insiste. Bove ha in tasca un registratore digitale, grande come un evidenziatore. Gli basta muovere un tasto per incidere. Quei quattro telefonini sono la pietra miliare dello scandalo Sismi-Telecom. Tre appartengono ai primi 007 italiani che ora si ritrovano imputati del sequestro di Abu Omar, l'imam rapito a Milano nel 2003 da un commando della Cia. Il più potente è Marco Mancini, il capodivisione del Sismi che verrà arrestato il 5 luglio 2006, incastrato proprio da quelle intercettazioni. Il quarto cellulare è intestato alla Pirelli. È il telefonino di Tiziano Casali, da anni capo della scorta di Marco Tronchetti Provera. Bove è l'unico, in tutto il gruppo, a conoscere questo segreto. La Digos è diretta da un suo amico ed ex collega, che glielo ha chiesto espressamente: "Devi scoprire chi usa questi cellulari, ma devi essere l'unico a saperlo". Quando accende il registratore, Bove si sente stretto tra l'incudine e il martello. Dal 25 novembre 2005, con la 'disposizione numero 11', Tronchetti in persona gli ha tolto l'incarico di rispondere alle richieste della magistratura, creando un apposito Servizio per l'autorità giudiziaria (Sag). E dal 10 febbraio 2006 l'amministratore Carlo Buora ha affidato tutta la security a Bracco, lasciandogli solo i controlli anti-frode. Contro le frequenti truffe telefoniche, Telecom usa da anni un sistema chiamato Radar, preesistente all'arrivo di Bove. Quel vecchio software consente, tra l'altro, di identificare gli utenti dei telefonini. Ed è proprio usando Radar che Bove riesce a rispondere in 24 ore alle richieste firmate dai pm Spataro e Pomarici. Senza avvertire nessuno. Tantomeno i manager targati Pirelli. Anche se la gerarchia aziendale gli avrebbe imposto di passare tutto al Sag. Per questo il suo colloquio con il capo è una resa dei conti. Mentre Bove lo registra, Bracco chiede quale magistrato abbia chiesto quei tabulati telefonici. Il dipendente risponde con una mezza verità: parla di "pm che indagano sul terrorismo islamico", senza citare mai il Sismi. Il capo vuole sapere almeno il nome del dipendente Pirelli. Ma Bove rispetta il segreto giudiziario. "Non posso dirlo". Bracco preme. Bove sa di rischiare il licenziamento. Deve dimostrare di non aver aggirato i superiori, ma non vuole tradire la polizia. Per cui offre a Bracco un altro bicchiere mezzo vuoto: "Dico solo che non è un top manager. Non mi chieda di più, altrimenti finiamo entrambi nei guai". Fino a quel giorno, Bove si sentiva sicuro di vincere il duro scontro interno con Fabio Ghioni, il capo della squadra informatica. I due, in azienda, erano nemici giurati. Bove accusava apertamente Ghioni di essere "privo di ogni senso etico e di legalità". Ma proprio in maggio succede l'imprevedibile. Il Garante accusa Telecom di spiare i tabulati con accessi informatici anonimi. L'azienda risponde con un'indagine interna (audit): a guidarla è Ghioni. Che il 7 giugno consegna il risultato: tutta colpa di Radar. Lo stesso giorno Ghioni soffia il nome di Bove ad almeno due giornali. E al Sismi. Bove si sente mancare la terra sotto i piedi. Suo padre Vincenzo, in una lettera a Telecom, accusa: "Mio figlio è stato isolato e condannato da quegli stessi dirigenti, espressi dalla gestione Tronchetti al pari di Tavaroli, che hanno affidato l'audit a uno come Ghioni". Cosa sia successo a Bove tra il 7 giugno e il 21 luglio, nessuno può dirlo, anche perché una misteriosa manina è riuscita a strappare proprio quelle pagine dalla sua agenda-diario, che pure era sotto sequestro. Negli stessi giorni il Sismi scivola sulla buccia di banana del caso Abu Omar. Il 5 luglio viene arrestato Mancini, che torna libero accusando il suo direttore, il generale Pollari, di aver ordinato il sequestro d'intesa con la Cia. Intanto Bove viene pedinato da almeno due "giovani palestrati, che si facevano notare per intimidirlo". Testimonia il padre: "Una notte, esasperato, me ne ha mostrato uno appostato sotto casa". Il 21 luglio Adamo vola dal cavalcavia. Fino a prova contraria è un suicidio, ma nessuno lo ha visto lanciarsi. Solo dopo la sua morte i veleni su Telecom lasciano posto ad accuse circostanziate. Il 20 settembre i magistrati di Milano arrestano Tavaroli con l'accusa di aver "organizzato dal 1997 al 2006 un'associazione per delinquere finalizzata allo spionaggio e alla corruzione di forze dell'ordine". Il 12 dicembre torna in cella Mancini, questa volta come co-gestore della fabbrica di dossier ricattatori finanziata da Pirelli-Telecom. Tre giorni dopo si dimette Pollari. E il 18 gennaio va in carcere Ghioni, che confessa decine di attacchi informatici. Per più di un anno, però, nessun magistrato sa della registrazione di Bove. Solo un paio di mesi fa un pm milanese apre personalmente una chiavetta informatica sequestrata già nel 2005 nell'ufficio di Tavaroli, scoprendo un nuovo archivio illegale. Sarà una coincidenza, ma proprio allora la polizia postale di Roma ricontrolla il registratore di Bove e scopre il colloquio, che il pm Pietro Saviotti fa trascrivere e manda a Napoli. A differenza dei tre del Sismi, Tiziano Casali non era indagato per il caso Abu Omar. Il suo telefonino fu controllato solo perché era lui, il capo-scorta di Tronchetti, a prenotare hotel di lusso per Mancini. Uno strano connubio tra Pirelli e Sismi. A cui uno 007 francese, Fulvio Guatteri, aggiunge un'altra anomalia: "Ho organizzato i viaggi di Tronchetti in Libano, Egitto e Siria nel 2003 e 2004", ha dichiarato, dopo l'arresto per corruzione: "Con gli amici Riou e Spagnolo, collaboravo a stretto contatto con Casali. E non comprendevo perché era Cipriani che ci pagava con tasche piene di contanti". Emanuele Cipriani è l'investigatore massone che custodiva l'archivio dei dossier ricattatori: Pirelli-Telecom gli ha versato 20 milioni di euro su conti off-shore. Dagospia 21 Dicembre 2007

22/12/2007

Documento n.7023

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