Sole 24 Ore 28-6-07 Liti tenaci sui dividendi. Lotta all'elusione. Le rettifiche non si fermano

in Articoli e studi
Liti tenaci sui dividendi Lotta all'elusione. Le rettifiche non si fermano Liti "tenaci" sui dividendi Luca Gaiani Il Fisco riapre la caccia alle operazioni di dividend washing effettuate fino al 1992. Con la circolare 39/E, diffusa ieri, l'agenzia delle Entrate, aderendo all'orientamento della Cassazione, invita gli uffici a non abbandonare il contenzioso, sostenendo la tesi della nullità dei contratti, in quanto hanno finalità di risparmio fiscale. Il dividend washing - in sostanza l'acquisto di azioni con cedole in seguito alla rivendita dopo l'incasso del dividendo - ha perso, a partire dal 10 novembre 1992, gran parte del suo contenuto elusivo: che derivava, per il cessionario dei titoli, dall'utilizzo del credito d'imposta sugli utili distribuiti durante l'operazione. Il Dl 372/92 ha infatti escluso, per gli atti stipulati da quella data, la spettanza del credito d'imposta, qualora le azioni oggetto dell'operazione fossero cedute, dopo la delibera di distribuzione, da fondi immobiliari o Sicav, soggetti che non avrebbero potuto usufruire in proprio del credito. In relazione ad atti compiuti prima della norma ricordata, le Entrate, con la circolare 87/E del 2002, avevano ritenuto di abbandonare gli accertamenti, salvo che non si trattasse di operazioni del tutto fittizie, con ciò aderendo ad alcune pronunce giurisprudenziali di quegli anni. Con la circolare di ieri, l'Agenzia ricorda che la Cassazione si è espressa nuovamente sulla questione nel 2005 e nel 2006, ribaltando l'orientamento precedente. La Corte (sentenze 20398 e 22932 del 2005) ha ritenuto che i contratti per dar corso al dividend washing (acquisto e rivendita dopo lo stacco della cedola) o al dividend stripping (costituzione di usufrutto su azioni da parte di un soggetto estero a favore di uno italiano, sempre per usufruire del credito d'imposta) sono civilisticamente nulli (articoli 1418, secondo comma, e 1325, n. 2, del Codice civile) per mancanza di una valida causa, essendo finalizzati solo all'aggiramento di norme tributarie e al conseguente risparmio di imposte. La questione, ricorda la circolare, è attualmente all'esame delle Sezioni unite che dovranno esprimersi, oltre che sulla configurabilità di un'ipotesi di nullità quando lo scopo del contratto sia solo fiscale, sulla possibilità che la nullità sia rilevata d'ufficio dal giudice tributario. In attesa della definitiva pronuncia della Cassazione, l'Agenzia ritiene che il contenzioso in corso vada proseguito, e gli Uffici devono invocare la nullità dei contratti da cui è scaturito lo stacco delle cedole e il credito d'imposta. Il Sole-24 Ore sezione: NORME E TRIBUTI data: 2007-06-28 - pag: 29 autore: Lotta all'elusione. Le rettifiche non si fermano Liti "tenaci" sui dividendi Luca Gaiani Il Fisco riapre la caccia alle operazioni di dividend washing effettuate fino al 1992. Con la circolare 39/E, diffusa ieri, l'agenzia delle Entrate, aderendo all'orientamento della Cassazione, invita gli uffici a non abbandonare il contenzioso, sostenendo la tesi della nullità dei contratti, in quanto hanno finalità di risparmio fiscale. Il dividend washing - in sostanza l'acquisto di azioni con cedole in seguito alla rivendita dopo l'incasso del dividendo - ha perso, a partire dal 10 novembre 1992, gran parte del suo contenuto elusivo: che derivava, per il cessionario dei titoli, dall'utilizzo del credito d'imposta sugli utili distribuiti durante l'operazione. Il Dl 372/92 ha infatti escluso, per gli atti stipulati da quella data, la spettanza del credito d'imposta, qualora le azioni oggetto dell'operazione fossero cedute, dopo la delibera di distribuzione, da fondi immobiliari o Sicav, soggetti che non avrebbero potuto usufruire in proprio del credito. In relazione ad atti compiuti prima della norma ricordata, le Entrate, con la circolare 87/E del 2002, avevano ritenuto di abbandonare gli accertamenti, salvo che non si trattasse di operazioni del tutto fittizie, con ciò aderendo ad alcune pronunce giurisprudenziali di quegli anni. Con la circolare di ieri, l'Agenzia ricorda che la Cassazione si è espressa nuovamente sulla questione nel 2005 e nel 2006, ribaltando l'orientamento precedente. La Corte (sentenze 20398 e 22932 del 2005) ha ritenuto che i contratti per dar corso al dividend washing (acquisto e rivendita dopo lo stacco della cedola) o al dividend stripping (costituzione di usufrutto su azioni da parte di un soggetto estero a favore di uno italiano, sempre per usufruire del credito d'imposta) sono civilisticamente nulli (articoli 1418, secondo comma, e 1325, n. 2, del Codice civile) per mancanza di una valida causa, essendo finalizzati solo all'aggiramento di norme tributarie e al conseguente risparmio di imposte. La questione, ricorda la circolare, è attualmente all'esame delle Sezioni unite che dovranno esprimersi, oltre che sulla configurabilità di un'ipotesi di nullità quando lo scopo del contratto sia solo fiscale, sulla possibilità che la nullità sia rilevata d'ufficio dal giudice tributario. In attesa della definitiva pronuncia della Cassazione, l'Agenzia ritiene che il contenzioso in corso vada proseguito, e gli Uffici devono invocare la nullità dei contratti da cui è scaturito lo stacco delle cedole e il credito d'imposta.

28/06/2007

Documento n.6367

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