Senato. LANNUTTI , PARDI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. -

in Articoli e studi
Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-01450 Atto n. 3-01450 (in Commissione) Pubblicato il 27 luglio 2010 Seduta n. 411 LANNUTTI , PARDI - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Premesso che: in un articolo pubblicato su "la Repubblica" del 26 luglio 2010, intitolato: "Fidi, immobili e triangolazioni. Così è nato il tesoro di Verdini", Walter Galbiati approfondisce i rapporti, a giudizio dell'interrogante, spesso "incestuosi", con la Banca di Campi Bisenzio. I membri degli organi di vigilanza del Credito cooperativo composti da uomini legati al coordinatore del Popolo della libertà. Al centro dell'attenzione della Guardia di finanza i finanziamenti al gruppo Fusi e "Giornale" della Toscana; nel citato articolo si legge: «Ha ricevuto garanzie dal Mediocredito e possiede conti, titoli e garanzie presso Banca Intesa. Ha effettuato operazioni extraconto con Unicredit, ha aperto e chiuso rapporti con la Banca di Lodi e il Banco di Napoli e non ha disdegnato di avere titoli e obbligazioni in deposito alla Cassa di Risparmio di Firenze. Sono ancora attivi i suoi conti correnti presso Webank e la Banca Nazionale del Lavoro, mentre in passato ha ricevuto finanziamenti da Deutsche Bank. Una certa preferenza è andata al Monte dei Paschi di Siena con la quale ha registrato rapporti per garanzie, cassette di sicurezza, carte e conti correnti. Qualche passaggio lo ha fatto anche alla Popolare di Milano, alla Banca di credito cooperativo di Reggello, alla Aureo gestioni e altro, ma niente a che vedere con i 60 rapporti aperti con il Credito cooperativo fiorentino. E non è difficile capire perché Denis Verdini, coordinatore nazionale del Pdl, e oggi indagato per corruzione a Firenze (per l'appalto della Scuola marescialli), a Roma (l'indagine sull'eolico) e a L'Aquila (gli appalti della ricostruzione post-terremoto ottenuti dal "Consorzio Federico II") abbia scelto come sua banca di fiducia la banca di cui è presidente. Lì non solo ha una normale operatività in conti correnti, deposito titoli, risparmi, carte di credito e di debito, ma ha anche un considerevole numero di garanzie, crediti, operazioni extraconto e altro per un totale di 60 rapporti. Sui quali ora sta indagando il Nucleo di polizia valutaria di Roma»; nell'articolo si legge altresì: «Del resto Verdini è il padre padrone del Credito cooperativo fiorentino. Lui è l'indiscusso Presidente dal 1990 e il vertice della banca è praticamente in mano sua. Il vicepresidente vicario non è altri che il suo avvocato, Marco Rocchi, e due dei quattro consiglieri di amministrazione sono a libro paga nelle sue aziende: Enrico Luca Biagiotti è consigliere della Società Toscana di Edizioni ed è l'amministratore unico della Nuova editoriale, le società attraverso le quali Verdini controlla Il giornale della Toscana, mentre Fabrizio Nucci è addirittura socio di Verdini della Nuova Toscana Editrice (di cui è socio anche Massimo Parisi braccio destro di Verdini e parlamentare del Pdl). Chi poi deve controllare, il collegio sindacale, non brilla certo per indipendenza. Il presidente è l'avvocato "storico" di Verdini, Antonio Marotti, mentre gli altri due sindaci sono uno, Luciano Belli, socio della moglie di Verdini in Edicity, l'altro, Gianluca Lucarelli, Presidente del collegio sindacale della stessa società»; «La mancanza di controllo all'interno del Credito cooperativo è diventata palese proprio nei rapporti con la Società Toscana di Edizioni (Ste), alla quale la banca ha concesso un fido superiore al 10 per cento del proprio patrimonio (che a fine 2009 era di 56 milioni di euro). L'operazione, ritenuta sospetta dalle Fiamme gialle, avviene nel 2005, quando la Ste versa in base a un contratto preliminare 2,6 milioni di euro a Verdini e a Parisi per l'acquisto di quote di una nuova società, la Nuova toscana editrice. Sulla carta, la Ste si sarebbe procurata la provvista attraverso una plusvalenza di 2,6 milioni, ottenuta vendendo alcuni immobili proprio alla Edicity, la società di proprietà della moglie di Verdini e in cui siedono gli stessi sindaci della banca. In realtà gli investigatori stanno analizzando una serie di versamenti in contanti»; «Il giro di immobili e di contratti "tutto in famiglia" della Ste è simile alle compravendite ritenute "fasulle" dagli inquirenti fiorentini che hanno analizzato i finanziamenti concessi dal Credito cooperativo a un altro gruppo amico, la società di costruzioni Btp di Riccardo Fusi, al centro dell'inchiesta per l'appalto da 200 milioni di euro per la Scuola dei Marescialli. Il Credito concedeva prestiti a Fusi (fino a 10 milioni di euro) su preliminari di compravendite immobiliari che poi non venivano mai chiusi. Fusi è finito sul registro degli indagati con il direttore generale del Credito cooperativo, Piero Italo Biagini. E forse non era nemmeno un caso che la segretaria di Fusi, Monica Manescalchi fosse nel collegio dei probiviri della banca»; considerato che: come si legge ancora nel citato articolo «La mancanza di controllo è perfino evidenziata nel bilancio, dove alla voce "rapporti con parti correlate" non vi è nemmeno l'ombra di quanto avveniva tra le società di Verdini ed una banca apparentemente costruita attorno a lui. La Banca d'Italia di recente ha avviato un'ispezione sul Credito cooperativo, sebbene già nel '98 non erano mancate le prime avvisaglie, quando una prima ispezione era terminata con una multa da un milione di euro per ritardi nella iscrizione tra gli incagli di crediti andati a male. Ora ce ne sarebbe abbastanza per chiedere un commissariamento, anche perché, secondo l'accusa, sui conti del Credito cooperativo sarebbero stati resi liquidi parte degli assegni versati da Flavio Carboni, il faccendiere regista della P3, a Verdini per gli appalti in Sardegna nel settore eolico. Di quel milione, una tranche da 230.000 euro si è trasformata in denaro sonante a luglio 2009 presso la filiale del Credito Cooperativo di Campi Bisenzio, dove Antonella Pau, la convivente di Carboni, ha portato 23 assegni circolari da 10mila euro. Tra novembre e dicembre, ne sono arrivati altri otto da 12.499 euro; importi non casuali, ma tali da non superare i limiti della normativa antiriciclaggio. Dopo i 12.500 euro scatta infatti la segnalazione. Nessuno obbligo quindi, ma nessuno in banca si è nemmeno insospettito di quei versamenti e prelievi, per cifre imponenti e con valori vicini ai limiti di legge. E non si può neppure dire che siano cifre insignificanti per una banca che nel 2009 ha riportato un utile di 240mila euro a fronte di 400 milioni di impieghi»; l'ufficio di vigilanza della Banca d'Italia ha l'obbligo di verificare, oltre alla prudente gestione del credito e del risparmio, gli eventuali rapporti "incestuosi" che, come nel caso di specie, erano evidenti tra "parti correlate" in una banca apparentemente gestita da un "padre padrone" che utilizzava lo sportello come una sorta di cassa continua al di fuori delle regole e delle normative vigenti, per alimentare gli affari della cricca, denominata poi P3; ad avviso dell'interrogante vi sono state vaste ed ampie protezioni derivanti anche dalle "distratte" autorità vigilanti, senza le quali la gestione "amicale" dai risvolti penalmente rilevanti del Credito cooperativo fiorentino, con illegalità macroscopicamente evidenti e che hanno portato il Presidente a dimettersi, non sarebbe stata possibile; tra l'usuale arroganza del sistema bancario, spiccava quella del Credito cooperativo fiorentino, che, nonostante fosse stato condannato a risarcire alcuni utenti vittime del risparmio tradito con sentenze esecutive promosse dai legali dell'Associazione per la difesa dei consumatori e degli utenti bancari (Adusbef) Toscana, rifiutava di onorare le sentenze di ristoro a beneficio dei pensionati che la banca aveva precedentemente indotto a sottoscrivere bond Cirio a dimostrazione di una protervia puntualmente segnalata alla Banca d'Italia (tribunale di Firenze-giudice Luca Minniti, 18 febbraio 2006), senza che la stessa si attivasse per contrastare la marchiana illegalità; ad avviso dell'interrogante: già nell'ispezione del 1998, che ha portato la Banca d'Italia a comminare una sanzione da un milione di euro per ritardi nella iscrizione tra gli incagli di crediti inesigibili, vi erano tutti gli elementi di degenerazione scoperti, more solito, solo grazie al lavoro dei magistrati; l'operato della "cricca" all'interno del Credito cooperativo fiorentino poteva essere preventivamente smascherato da una più serrata azione di vigilanza e si deve pertanto ravvisare una contiguità di interessi nella gestione del malaffare, si chiede di sapere: se risulti al Governo che sia prassi normale all'interno del sistema bancario quella di evitare di effettuare segnalazioni in base alla normativa antiriciclaggio per importi appositamente divisi al di sotto dei 12.500 euro, e se non sia un segnale d'allarme l'effettuazione di operazioni frazionate pari a 12.499 euro; quali siano le valutazioni del Governo, per gli aspetti di competenza, sulla vicenda richiamata in premessa e quali misure urgenti intenda intraprendere per evitare che casi di gestione disinvolta del credito e del risparmio, come quello del Credito cooperativo fiorentino, abbiano a ripetersi.

28/07/2010

Documento n.8685

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