RICICLAGGIO DI STATO: PRESTITI ESTERO SU ESTERO. FALSI RIENTRI. RIMPATRI FUORI TEMPO MASSIMO. COSI' GLI EVASORI,SI ATTREZZANO

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LA MANNA DEI FURBETTI - PRESTITI ESTERO SU ESTERO. FALSI RIENTRI. RIMPATRI FUORI TEMPO MASSIMO. COSÌ GLI EVASORI GIÀ SI ATTREZZANO PER SFRUTTARE AL MASSIMO IL NUOVO SCUDO FISCALE BY TREMONTI - TUTTO FACILE: RISCHIO MINIMO E GUADAGNO GARANTITO…TRATTO DA WWW.DAGOSPIA.IT Vittorio Malagutti per "L'espresso" Altroché svuotare la caverna di Ali Babà, come annuncia il ministro Giulio Tremonti. Lo scudo fiscale sarà l'apoteosi di furbetti e furboni di ogni categoria. Migliaia di evasori grandi e piccoli, gli stessi che hanno nascosto oltrefrontiera il tesoro di famiglia, si preparano a cavalcare il condono gentilmente concesso dal governo Berlusconi. Prima hanno evaso il Fisco. E adesso sono pronti a truffare ancora lo Stato. In altre parole, imprenditori, professionisti, finanzieri, manager faranno la cresta sui soldi che tornano in patria. Come? Sfruttando a modo loro le norme che regolano il rimpatrio del denaro nero. Tutto facile, facilissimo: rischio minimo e guadagno garantito. È già successo tra il 2001 e il 2003, all'epoca dei primi due scudi anche allora ideati e gestiti da Tremonti. E tutto lascia pensare che la grande beffa si ripeterà nei prossimi mesi, quando, a partire dal 15 settembre, scatterà l'operazione ponti d'oro per i capitali che rientrano dall'estero. Le manovre sono in pieno svolgimento. A mezza voce e senza fare nomi lo confermano anche i custodi della caverna di Ali Babà, per usare la metafora del ministro dell'Economia. Ovvero banchieri, avvocati d'affari e fiduciari svizzeri che da tempo si stanno attrezzando per far fronte alle richieste dei loro clienti. Ce n'è per tutti i gusti e le esigenze. Giochi di sponda estero su estero alimentati con i prestiti di banche compiacenti. Valutazioni gonfiate di beni patrimoniali (case, gioielli, opere d'arte). Falsi rientri di fondi neri in realtà custoditi in Italia. Rimpatri di capitali trasferiti all'estero dopo il termine imposto dalla legge. Tra tanti abusi e illegalità per lo più passati sotto silenzio, qualche anno fa fece scalpore il caso di Giovanni Consorte, già numero uno di Unipol, e del suo vice Ivano Sacchetti. Nel 2002 la coppia di manager riportò in patria circa 10 milioni di euro incassati a Montecarlo fuori tempo massimo rispetto alla scadenza imposta dallo scudo numero uno (fine luglio 2001). Furono scoperti non dal Fisco ma dai magistrati che indagavano sulla scalata di Giampiero Fiorani alla Banca Antonveneta. Saltò fuori che a pianificare l'operazione di rientro illegale fu Claudio Zulli, un commercialista bresciano che ha collaborato a lungo con l'ex studio Tremonti. Consorte e Sacchetti, dopo aver patteggiato una condanna a dieci mesi di reclusione, hanno chiuso nel 2008 le loro pendenze con l'Erario versando una dozzina di milioni. Ma gli evasori sono un esercito e non è escluso che qualcuno di loro scelga di avventurarsi sulla strada inaugurata dai due sodali di Fiorani. Per di più, anche questa volta, i furbetti dello scudo hanno ottime probabilità di farla franca, come è già successo negli anni scorsi. Perché da una parte i controlli lasciano il tempo che trovano. Dall'altra, come fa notare più di un fiscalista, le norme si prestano ad abusi di ogni tipo. Per mettersi in regola, dice la legge, sarà sufficiente pagare un obolo pari al cinque per cento della somma esportata illegalmente. Inoltre, il governo garantisce l'anonimato ai titolari dei conti bancari italiani su cui confluiranno i capitali a suo tempo occultati al Fisco. Che è come dire che lo Stato rinuncia ad ogni pretesa su quei soldi. È un vero condono tombale. Un'offerta, almeno nelle speranze di Tremonti, che sembra difficile da rifiutare. Ma mettiamo che un evasore voglia riportare in Italia una somma superiore a quella di cui effettivamente dispone all'estero. Cioè, per esempio, 100 mila euro invece di 50 mila. Niente di più facile. Basta ottenere un prestito estero su estero da una banca compiacente, magari fornendo in garanzia un pacchetto di titoli anche questi illegalmente posseduti oltrefrontiera. Il gioco è fatto e il vantaggio è garantito. Infatti, se in futuro il Fisco dovesse comunque bussare alla sua porta, il contribuente infedele sarà coperto fino a 100 mila euro di redditi non dichiarati, invece dei 50 mila realmente esportati. Poi, col tempo, potrà restituire il finanziamento alla banca svizzera di fiducia, magari utilizzando i fondi neri prodotti nei prossimi anni. Questo schema prevede una variante ancora più estrema. L'evasore possiede fondi neri in Italia ma non ha ancora trovato tempo e modo di trasferirli all'estero? Non c'è problema. Può farsi prestare i soldi su un conto oltrefrontiera per un importo pari a quello nascosto in Italia e poi riportare il tesoretto in Italia sfruttando lo scudo. È un modo semplice e veloce per regolarizzare il denaro non dichiarato al Fisco. Tra il 2001 e il 2003 lo stesso scopo era stato raggiunto in maniera un po' più grezza ma comunque efficace grazie al cosiddetto 'rimpatrio al seguito'. La legge infatti consentiva di far rientrare il denaro semplicemente varcando la frontiera con la classica valigetta ricolma di contante. L'operazione doveva essere dichiarata alle autorità doganali oppure in banca o in posta entro le quarantotto ore successive al rientro. Qualche furbo però ha pensato bene di aprire un conto con i soldi neri nascosti in Italia. Un gioco da ragazzi, che, però, difficilmente potrà ripetersi. Quasi certamente, infatti, con lo scudo numero tre l'autodenuncia sarà possibile soltanto alle dogane. C'è anche chi sceglie di frazionare il rientro. Per esempio un milione spalmato su 10 tranche da 100 mila euro ciascuna. Il denaro proveniente dall'estero viene suddiviso su diversi conti di destinazione in Italia. E così, in caso di futuri accertamenti, si può denunciare al Fisco la somma che di volta in volta conviene di più (ovviamente fino a un massimo di un milione) senza svelare all'Erario il reale ammontare dei capitali rimpatriati. I margini di manovra sono ancora maggiori quando l'operazione di rientro riguarda attività non finanziarie come case e, soprattutto, gioielli o opere d'arte. Il fatto è che spesso risulta tutt'altro che facile attribuire un prezzo di mercato a questi beni. E allora il rischio di abusi aumenta. Con la supervalutazione cresce anche il valore dei capitali rimpatriati. Risultato: l'evasore crea in Italia un tesoretto di fondi neri a sua disposizione. E per di più al riparo da eventuali controlli del Fisco. Ma davvero gli italiani che approfitteranno dello scudo resteranno sconosciuti all'Erario? In passato proprio i dubbi su questa delicata questione frenarono molte adesioni. C'era il timore diffuso che, prima o poi, si sarebbe arrivati a una resa dei conti. Tremonti, adesso come allora, garantisce la massima riservatezza. A meno che il denaro rimpatriato non sia il frutto di reati diversi da quelli fiscali. In questo caso non c'è scudo che tenga, promette il ministro. Le banche che ricevono i capitali provenienti dall'estero sono obbligate alla segnalazione antiriciclaggio e la magistratura potrà intervenire. Lo spartiacque, insomma, è il tipo di reato: lo scudo copre solo l'evasione. L'esperienza dimostra, però, che non è sempre facile distinguere con precisione la provenienza del denaro. In alcune indagini recenti, per esempio su reati di Borsa o, ancora una volta, sulle scalate bancarie dell'estate 2005, i magistrati hanno avuto accesso ai conti bancari di decine e decine di investitori, molti neppure indagati. Nella lista dei documenti acquisiti dagli investigatori c'erano anche quelli che riguardavano i depositi aperti con lo scudo fiscale. I dati vennero raccolti dall'Ufficio italiano cambi della Banca d'Italia e dalla Guardia di finanza. In molti casi le indagini si risolsero in un nulla di fatto, ma ormai il velo di segretezza era stato strappato.

24/07/2009

Documento n.8087

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