Referendum: tra Erario ed ignavi

in Articoli e studi

Il PuntO. Referendum tra Erario ed ignavi
Di Mauro Novelli - 14-6-2005

Per il referendum sulle staminali, l’Erario ha speso 700 miliardi di vecchie lire. Di buon grado, dico io, perché i padri costituenti, mezzo secolo fa, imposero il ricorso alle valutazioni del corpo elettorale (chiamiamolo così) qualora 500 mila concittadini avessero fatto richiesta della necessità di esprimersi su leggi e normative ritenute – da costoro - “estranee al comune sentire”. Anche con l’ultimo referendum si chiedevano quindi lumi per il legislatore: “esprimetevi e siate voi stessi legislatori su un argomento che forse è stato maltrattato dalla maggioranza”, è l’invito insito nelle norme costituzionali. Però, lo sappiamo, la correttezza non è di questo mondo: alcune delle più alte istanze di questo Paese (e non solo di questo) hanno – contro ogni concezione di res publica – suggerito al corpo elettorale di non dare indicazioni, di tacere, di non utilizzare al meglio i 700 miliardi impegnati dall’Erario per la consultazione, di non farsi legislatori. Abbiamo così raggiunto i peggiori livelli in materia di senso della cosa pubblica, con l’aggravante che non sappiamo quantificare – tra coloro che hanno taciuto – gli ignavi, i dispettosi, gli scaltri, i portatori di interessi privati in atti d’ufficio, i corretti ecc. Ma chi questo senso non l’ha, non se lo può dare, né il periodo che stiamo attraversando permette recuperi personali con la sola buona volontà. Non è di moda. Riteniamo, quindi, giunto il momento, a protezione dell’Erario, di prospettare la rivisione dei dati quantitativi del meccanismo referendario. Nel 1947, eravamo 43 milioni e mezzo: i padri costituenti imposero il numero minimo di 500 mila richiedenti per accedere al referendum. Oggi siamo 58 milioni e il numero di firme richieste dovrebbe passare (solo per via matematica) a 665 mila. [Per inciso, è questo un argomento che ha un illustre precedente nelle tesi sostenute da Pannella per giustificare la necessità revisione dei livelli pensionistici: se nel 1946 la vita media era di 57-62 anni ed oggi è di 75-80 anni, il mantenimento di quei livelli è non più giustificato.] Giusto. Ma il costituente individuò nel mezzo milione di richiedenti il numero di concittadini che si sarebbero dovuti autoaggregare utilizzando gli strumenti di comunicazione di allora: qualche quotidiano fiancheggiatore, volantini, comizi, porta a porta. A voler fare un parallelo con i mezzi oggi disponibili (internet, TV, radio, Cellulari, SMS) la penosità di raccolta di allora si incontrerebbe oggi se si dovesse raggiungere il numero (almeno) di tre milioni di firme. Proponiamo questo aggregato minimo. Intanto a difesa dell’Erario.

15/06/2005

Documento n.4770

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