POLITICA: MUOIA L'ITALIA CON TUTTE LE PROCURE

in Articoli e studi
MUOIA L'ITALIA CON TUTTE LE PROCURE - Fini si chiede se "davvero Berlusconi miri alle urne. Altrimenti, di questo passo, più che una crisi al buio si andrebbe verso un governo al buio" - il premier intenzionato a chiudere - in un modo o nell’altro - l’infinita partita sulla giustizia, che per lui è la partita (politica) della vita e della morte...www.dagospia.it Francesco Verderami per "il Corriere della Sera" La politica è un eterno sliding doors, e siccome la finestra elettorale sta per chiudersi, Fini si chiede se «davvero Berlusconi miri alle urne. Altrimenti, di questo passo, più che una crisi al buio si andrebbe verso un governo al buio». Può anche darsi che l'affondo del Cavaliere contro la Consulta abbia «una forte componente psicologica», come sostiene il presidente della Camera, ma il conflitto istituzionale che si è innescato dopo il discorso di Berlusconi, confuta la tesi. E prefigura una sorta di ultimo duello, con il premier intenzionato a chiudere - in un modo o nell'altro - l'infinita partita sulla giustizia, che per lui è la partita (politica) della vita e della morte. È vero che le urne sono un obiettivo arduo da raggiungere, che ufficialmente il Cavaliere dice di non volerle, ma ci sarà un motivo se continua a cibarsi di sondaggi riservati, dai quali risulta che vincerebbe persino se dovesse fronteggiare una coalizione che va dal Prc a Fini. «Gli attacchi - ha annunciato nell'ultimo Consiglio dei ministri - non hanno scalfito il mio consenso, anzi». Il punto è che Berlusconi si sente ormai al centro di una «macchinazione», «perché nel '94 era solo la procura di Milano a volermi colpire. Ora ci sono Milano, Palermo, Firenze, Roma, Napoli, Bari...». E avrà pure le sue ragioni Fini quando spiega che - se l'obiettivo è trasformare in leggi il processo breve e il legittimo impedimento - «sarebbe nell'interesse di Silvio tenere buoni rapporti con il capo dello Stato e la Consulta». Ma dopo la bocciatura del «lodo Alfano» il Cavaliere non si fida più. E ieri ha ripetuto a freddo lo stesso concetto che espresse a caldo la sera in cui la Corte costituzionale gli tolse lo scudo giudiziario. La Russa ha chiamato il premier, «gli ho detto che sarebbe bastata una parolina a favore di Napolitano. Questioni di pancia». E per spiegarsi, il ministro della Difesa, interista sfegatato, ha raccontato cosa gli è accaduto giorni fa: «Ero a un dibattito sul calcio con Cobolli Gigli, l'ex presidente della Juve. Mi ero ripromesso di essere gentile, alla fine l'ho quasi insultato». Calza la metafora, perché nel derby (politico) d'Italia che si sta giocando non sembra essere contemplato il pari, un compromesso cioè sulle riforme. Così, appena Berlusconi ha mosso palla, gli si è parato dinnanzi l'asse istituzionale, Napolitano e Fini, a cui si è aggiunto Casini, che ha avuto un colloquio con il capo dello Stato prima di intervenire alla Camera contro il Cavaliere. Il bigliettino di complimenti che l'inquilino di Montecitorio ha scritto al leader centrista per il suo discorso, delinea gli schieramenti in campo. E non è più un problema di relazioni tra i cofondatori del Pdl, d'altronde se «Silvio» dice «basta con le ipocrisie», «Gianfranco» raffigura il premier come «un nocchiero che sembra aver perso la rotta» e ammette che «dopo aver mandato segnali di buona volontà per ricucire, i nostri rapporti sono tornati al punto di partenza». Cioè a zero. In questo clima, con Fini che critica il Cavaliere per aver «europeizzato il conflitto italiano tra istituzioni», tutto è bloccato, difficilmente il centrodestra ufficializzerà prima di Natale i candidati alle Regionali. Come sussurra il coordinatore del Pdl Verdini, «Berlusconi mica è fesso». Vorrebbe prima blindare l'accordo sulla giustizia, e secondo il segretario del Pri Nucara, la sua sortita «è un modo per avvertire i parlamentari di maggioranza che se non voteranno quei provvedimenti si tornerà a votare». Ma siccome la politica è un eterno sliding doors, i tempi non collimano. A gennaio, chiusa la finestra elettorale, l'arma delle urne risulterebbe scarica. Il Cavaliere lo sa, perciò è combattuto se premere subito il grilletto. Bossi vorrebbe evitarlo, «dobbiamo fare le riforme? Allora facciamole», ha commentato spazientito: «Anche perché, portare in Parlamento dieci deputati in più non m'interessa. A me interessa il federalismo». Ma, ecco la novità, «se Berlusconi rompe gli indugi noi lo seguiremo». Così ha anticipato ai suoi il capo del Carroccio, convinto che stiano «lavorando ai fianchi» il Cavaliere, e che «se lui non va al voto ora, fra sei mesi chissà cosa succederà». A parte «l'amicizia che ci lega», e l'accordo sui candidati leghisti in Veneto e Piemonte, il Senatùr è consapevole che - colpito Berlusconi - entrerebbe lui nel mirino. Perciò vorrebbe trovare un compromesso, per questo l'altro ieri ha inviato Cota dal presidente della Camera per trovare una mediazione sulla cittadinanza. Ma di ritorno dal colloquio, il capogruppo gli ha riferito che «Fini non ha fatto altro che parlar male di Berlusconi». E Bossi: «Cercatemi al telefono Silvio»...

11/12/2009

Documento n.8324

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK