Microlesioni. L'ennesimo mostro. Interverrà la Consulta?

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RC Auto. MICROLESIONI: l?ennesimo mostro di una legislatura in extremis. Speriamo che intervenga la Corte Costituzionale (dell?avv. Antonio Tanza ? Vicepresidente ADUSBEF) La riforma del danno alla persona non è certo nata sotto i migliori auspici ed una soluzione (corretta) ci sembra ancora lontana, specialmente sotto il profilo delle scelte intraprese, troppo influenzate dalle recenti strategie oligopolistiche del Governo (filobancarie, filoassicurative, ecc..) e del modus operandi dello stesso. Del tutto inaccettabile, a nostro avviso, è che il Governo abbia ignorato principi giurisprudenziali consolidati da tempo nel nostro sistema. Correttamente la dottrina ha messo in luce come l'impostazione vada persino al di là del dirigismo. Il problema cruciale, mal risolto dall?art. 5 della legge 5 marzo 2001, era, ed è, di bilanciare correttamente le spinte restrittive, che provengono dal mondo assicurativo e che sono state purtroppo recepite dal Governo, con l'esigenza di garantire ai cittadini-vittime, nel pieno rispetto della tutela costituzionale del valore uomo, il diritto ad ottenere il risarcimento integrale. Ricordiamo come l?art. 3 del decreto legge, 28 marzo 2000 n. 70, anche a fronte delle reazioni dei giudici (cfr. www.studiotanza.it), di varie forze politiche e dei cittadini, alla fine non fu convertito, e che il Governo, sia pure con varie modifiche, ha riproposto la stessa impostazione nel progetto di legge n. 6994/2000, sfociato nell?attuale art. 5 della legge 5 marzo 2001. I giudici, come è noto, non rimasero inerti dinanzi al decreto legge n. 70/2000 e non rimarranno inermi dinanzi a questo nuovo mostro legislativo. La Sezione II del Tribunale di Genova, il 04 aprile 2000, ordinò la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ritenendo che "il condivisibile obiettivo del decreto legge 70/2000 di realizzare l'uniformità dei risarcimenti dei danni caratterizzati da lesioni "micropermanenti" ... sia stato ... realizzato con il sacrificio di principi e norme di rango costituzionale", individuando, tra le altre, le seguenti censure di incostituzionalità: 1) "violazione dell'art. 32 della Costituzione ad opera dell'art. 3.1. lett a) del decreto-legge in relazione alla misura economica del valore-punto di invalidità": sotto questo profilo il Tribunale di Genova ha rilevato che "i valori economici espressi nel decreto legge non appaiano ancorati ad alcun precedente studio sistematico degli indennizzi già liquidati, o appropriati e congrui parametri economici", essendo peraltro "assai lontani" dalla Tabella Indicativa Nazionale e altresì "estremamente lontani rispetto al più diffuso metodo di liquidazione del danno alla persona adottato sul territorio nazionale", e cioè rispetto ai valori del sistema a punto tabellare del Tribunale di Milano; 2) "violazione dell'art. 3 co. 1 della Costituzione ad opera dell'art. 3.1. lett. a) del decreto-legge in relazione alla non derogabilità da parte del giudice, con specifica motivazione, dei limiti massimi definiti da tale norma": il richiamo è qui alla necessaria personalizzazione delle somme liquidate a titolo di danno biologico; 3) "violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 32 della Costituzione ad opera dell'art. 3.1. lett. a) del decreto-legge in relazione alla misura fissa del valore-punto di invalidità": nel decreto legge, ad avviso del Tribunale genovese, "vengono parificati indiscriminatamente i valori economici relativi a punteggi di invalidità diversi e per nulla omogenei, palese essendo che il 5% di menomazione funzionale permanente è altra cosa rispetto a postumi dell'1%; e che l'obiettiva menomazione funzionale collegata ad un'invalidità permanente del 9% (e la relativa consapevolezza e sofferenza da essa indotta) è cosa diversa, naturalisticamente e psicologicamente, da quella derivante dalla perdita del 6% della validità totale"; 4) "violazione dell'art. 3 della Costituzione da parte dell'art. 3.1. lett a) dello steso decreto per disparità di trattamento tra danneggiati di età diversa"; 5) "violazione degli artt. 2 e 32 Costituzione da parte dell'art. 3.1. lett c) del decreto legge in relazione alla misura massima del danno morale": il Tribunale, del tutto contrario al limite del 9% del danno biologico, ha altresì osservato che "la casistica che si offre quotidianamente agli interpreti presenta frequentemente casi in cui, a basse menomazioni psicofisiche, corrispondono però sofferenze e patimenti morali marcati (vedi, a tacer d'altro, i casi di reati dolosi o delle colpe professionali)"; 6) "violazione dell'art. 3 Costituzione da parte dell'art. 3.1. lett. c) del decreto legge in relazione alla coesistenza di diversi criteri per la liquidazione del danno morale da reato": "ulteriore profilo di violazione costituzionale ... si ravvisa tenendo presente che non tutte le liquidazioni del danno morale sono sottratte all'equità del giudice, ma solo quelle che si collegano al danno biologico". Per il Tribunale "tale distinzione è priva di adeguata giustificazione, in relazione alla gerarchia di valori protetta dalla carta Costituzionale, tra i quali primeggiano certamente quelli della persona umana intesa nella sua integrità biologica e psicologica, sol che si consideri il seguente caso: il danno morale da ingiuria verbale, in quanto costituente reato, rimane assoggettato al precetto dell'art. 1226 c.c., e dunque rimane affidato alla valutazione equitativa del giudice. Mentre le sofferenze da lesione dell'incolumità fisica della persona, anche di natura dolosa, che tutto lascia credere più dolorose specialmente quando si sostanzino in esiti invalidanti permanenti, vengono imbrigliati entro limiti risarcitori obiettivamente irrisori, quali quelli in precedenza considerati". Il comma 1 dell?art. 5 della legge 57/2001 (un collegato alla Finanziaria 2000 titolato "apertura e regolazione dei mercati"), approvata in extremis da un Parlamento, che voleva emanare a tutti i costi una disciplina qualunque pur di non rimandare, ancora una volta, la questione ad una più organica regolamentazione, sostituisce i primi tre commi dell?art. 3 della Legge 26.02.1977 n. 39 e riguarda le procedure d?indagine e di liquidazione dei danni provocati da incidenti stradali; i successivi commi 2, 3, 4, 5 e 6 introducono la disciplina della liquidazione del danno biologico di lieve entità, ovvero, delle c.d. microlesioni; il comma 6 sostituisce il comma 8 della citata legge n. 39 del 1977 e, assieme al successivo art. 6 disciplina il regime delle sanzioni per le Compagnie di assicurazioni. La nuova legge, relativa elusivamente alla liquidazione del danno derivante dagli incidenti stradali e "in attesa di una disciplina organica del Danno Biologico", definisce al comma 3 il danno biologico come "la lesione all?integrità psico-fisica della persona suscettibile di accertamento medico legale", precisando che "il danno biologico è risarcibile indipendentemente dalla sua incidenza sulla capacità di reddito del danneggiato". La riforma quantifica il valore punto d?invalidità nella somma di lire 1.200.000 e prevede una tabella contenente per ogni punto di invalidità permanente accertato un coefficiente moltiplicatore che cresce in misura più che proporzionale con l?aggravarsi della percentuale di danno: Tabella di determinazione del valore del punto Punto percentuale d?invalidità Coefficiente moltiplicatore 1 1,0 2 1,1 3 1,2 4 1,3 5 1,5 6 1,7 7 1,9 8 2,1 9 2,3 L?importo così determinato verrà poi ridotto con il crescere dell?età in ragione dello 0,5 % a partire dall?undicesimo anno di età. Avremo, così la seguente formula di matematica attuariale: CM x 1.200.000 x IP x CD CM è il coefficiente moltiplicatore; 1.200.000 è il valore per il punto base d?invalidità (aggiornato annualmente dal Ministero dell?Industria Comm. e Art., in misura corrispondente alla variazione dell?indice nazionale dei prezzi al consumo); IP sono i punti (da 1 a 9) d?invalidità permanente accertata; CD è il coefficiente demoltiplicatore relativo all?età del danneggiato al momento del sinistro: detto coefficiente è pari al 100% (cioè 1) fino al 10° anno di età (e quindi nella formula sopra indicata sarà uguale a zero) mentre poi dall?11° anno diminuisce dello 0,5 % per ogni anno successivo (ad esempio il coefficiente per un sinistrato di 30 anni si riduce al 90 %, per uno di anni 55 si riduce al 77,5%, per uno di 70 anni si riduce al 70%, e così via). Esempi: se un ragazzo di dieci anni viene investito riportando una invalidità permanente di 5 punti, il danno biologico risarcibile sarà pari a lire 9.000.000 che è il prodotto di: 1,5 (CM) x lire 1.200.000 x 5 (punti di IP) x 1 (CD); se un uomo di trent?anni viene investito riportando una invalidità permanente di 5 punti, il danno biologico risarcibile sarà pari a lire 8.100.000 che è il prodotto di: 1,5 (CM) x lire 1.200.000 x 5 (punti di IP) x 0,90 (CD). Detta normativa evidenzia una sostanziale riduzione dei criteri maggiormente in uso per le microlesioni più basse: rispetto alle tabelle di Milano, le più diffuse sino ad oggi e richiamate dalla citata Ordinanza del Tribunale di Genova, la nuova indicizzazione del danno biologico perde una percentuale che varia tra il 25 % circa per le lesioni più lievi (1 ? 2 %) sino ad una quota percentuale del 2-3 % per le micro lesioni più gravi (9%). Ritorna, quindi, il primo motivo di illegittimità costituzionale del citato Tribunale di Genova. L?elasticità (relativamente all?entità delle lesioni ed all?età del danneggiato) di quantificazione del danno biologico da micropermanente previsto per i punti derivanti da invalidità permanente (IP) non è ampliata alla liquidazione del danno biologico da inabilità temporanea (IT) che è fissato in lire 70.000 giornaliere decurtabili della relativa percentuale in ipotesi di inabilità parziale. Questa Uniformità di liquidazione del danno biologico da IT è soggetto alle censure di costituzionalità mosse dal Tribunale di Genova, poiché l?impossibilità (totale o parziale) di attendere alle comuni funzioni biologiche viene apprezzata con diverse intensità anche a seconda della maggiore o minore dell?età della vittima. Si è cercato di evitare ulteriori ordinanze di rinvio alla Corte Costituzionale, derivanti dall?eccessiva vincolatività dei criteri di liquidazione dei danni imposti dal Governo e dalla determinazione monetaria del danno morale introducendo il comma 4 dell?art. 5 dove, derogando alla disciplinata normativa, si riconoscerebbe un ipotetico potere discrezionale del Magistrato di valutazione del danno prevedendo che "il danno biologico viene risarcito tenuto conto delle condizioni soggettive del danneggiato". Ma è facile osservare che non vi è danno biologico senza lesione, ovvero non vi è lesione che non determini un danno biologico poiché ogni danno biologico determina una compromissione del bene salute e, quindi, una incidenza diretta sulle condizioni soggettive del danneggiato. La normativa, dunque, sarebbe soggetta ad essere sistematicamente modificata dal Magistrato e, pertanto, risulta del tutto inutile detta legge. Viene così frustrata la ratio che il Legislatore si era proposto: l?indicazione di criteri nazionali ed uniformi di risarcimento del danno biologico con l?auspicabile accelerazione delle liquidazioni da parte delle Compagnie di assicurazioni e la diminuzione del contenzioso giudiziario in tema di risarcimento del danno da circolazione stradale, peraltro oggi assorbito, con riguardo alle microlesioni, dall?Ufficio del Giudice di Pace. Non tragga in inganno l?assenso prestato da alcune Associazioni di consumatori che con l?acconsentire alla nascita di detto ulteriore ed inutile "mostro" hanno beneficiato, dallo stesso distratto Legislatore, del "Decreto Ministeriale concernente criteri per il cofinanziamento dei programmi di informazione e di orientamento rivolti agli utenti di servizi assicurativi" con il quale hanno ottenuto un rimborso sino al 50% delle spese sostenute (personale incluso) per la realizzazione di (non meglio identificati) programmi di informazione e orientamento degli utenti. Intanto ADUSBEF informa gli utenti che il Governo ha regalato con questa legge 3.000 miliardi l?anno alle povere Compagnie assicurative, sottraendole alle famiglie: ADUSBEF non ci stà, non si mischia con gli altri, invita i cittadini ad impugnare dinanzi ai Tribunali la nuova normativa, incostituzionale (parimenti della precedente). L?art. 5 della legge n. 57 del 2001 deve essere censurato sotto il profilo della violazione del principio del diritto alla salute (art. 32 Cost.). Corte Costituzionale, con sentenza 14 luglio 1986 n. 184 ha autorevolmente chiarito che il criterio liquidativo del danno biologico deve risultare rispondente da un lato ad una uniformità pecuniaria di base (lo stesso tipo di lesione non può essere valutato in maniera del tutto diversa da soggetto a soggetto: è infatti la lesione, in sé e per sé considerata, che rileva, in quanto pregna del disvalore guiridico attribuito alla medesima dal divieto primario ex artt. 32 Cost. e 2043 c.c.) e dall?altro ad elasticità e flessibilità, per adeguare la liquidazione del caso di specie all?effettiva incidenza dell?accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana, attraverso le quali, in concreto, si manifesta l?efficienza psico-fisica del soggetto danneggiato. Anche la Suprema Corte, con sentenza 20 ottobre 1998 n. 10405 ha ribadito che la liquidazione del danno alla salute e del danno morale ? entrambi di natura non patrimoniale e, dunque, insuscettibili di essere provati nel loro preciso ammontare ? impone, tuttavia, che il giudice fornisca congrue ragioni del procedimento logico attraverso il quale è pervenuto a giudicare proporzionata una certa misura del risarcimento, indicando gli elementi a tal fine valorizzati. Corte Costituzionale, con sentenza 18 luglio 1991 n. 356 ha infine prospettato che il danno biologico, ai fini risarcitori, deve essere posto in relazione alla integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, situazioni, e rapporti in cui la persona esplica sé stessa nella propria vita non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e ad ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana. È opportuno chiedersi la compatibilità di tali condivisibili argomentazioni in punto di flessibilità ed elasticità di criteri di valutazione del danno biologico con la rigidità delle tabelle di liquidazione del danno alla persona previste dall?art. 5 della legge n. 57/2001. È di tutta evidenza la ratio della norma di eliminare, di fatto, qualsivoglia discrezionalità del giudice, applicando tariffe generali ed astratte, in spregio a quella esigenza di personalizzazione del danno alla salute, già rilevata dalla richiamata giurisprudenza costituzionale, strumentale all?obiettivo primario di "adeguare la liquidazione del caso di specie all?effettiva incidenza dell?accertata menomazione sulle attività della vita quotidiana, attraverso le quali, in concreto, si manifesta l?efficienza psico-fisica del soggetto danneggiato" (così Corte Cost. sent. 184/1986, cit.). Si evidenzia inoltre l?assoluta inadeguatezza dell?entità monetaria dei criteri risarcitori previsti dal decreto: liquidare, si ripete, lire 24.840.000 (prima, con l?art. 3 del D.L. n. 70/2000 erano, addirittura, lire 13.500.000) per un danno biologico permanente, di un ragazzo sino a 10 anni, correlato ad una invalidità pari al 9% è risibile, se si tengono presenti le varie e non trascurabili menomazioni che rientrano in questa percentuale. Suscita perplessità, inoltre, la possibilità della liquidazione di un danno per un massimale di lire 70.000 al giorno per un soggetto assolutamente incapace di provvedere a qualsivoglia ordinaria occupazione e privata di ogni utilità della vita e senza tener alcun conto dell?età. Sulla scorta di tali evidenti considerazioni, si chiede ai Tribunali d?Italia di emettere ordinanze con cui, " ? visti gli artt. 134 Cost., e 23 della L. 11.3.1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, nei termini sopra esposti, dell'art. 5 della Legge 05 marzo 2001 n. 57 in relazione agli artt. 32, 3, della Costituzione della Repubblica Italiana, con pedissequo ordine di sospensione del procedimento, ai sensi e per gli effetti dell?art. 295 c.p.c., e disposizioni per la immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per la dichiarazione d?incostituzionalità della norma innanzi indicata".

07/04/2001

Documento n.3069

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