La Stampa (27-11-06). Elio Lannutti, se gliene dessero l'opportunità, saprebbe come sottrarre dall'indigenza le famiglie italiane.

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Elio Lannutti, se gliene dessero l'opportunità, saprebbe come sottrarre dall'indigenza le famiglie italiane. Recupererebbe 14 miliardi di euro dai fondi dormienti delle banche, 5 miliardi dal diritto di signoraggio, 4 miliardi dalle accise sui carburanti, 3 miliardi dai servizi assicurativi, e poi due miliardi di qui, due miliardi di là, e arriverebbe alla cifra di 45 miliardi di euro. Quasi una Finanziaria e mezzo. Poi prenderebbe questi 45 miliardi e li consegnerebbe agli italiani. Sono poco meno di ottocento euro a testa, compresi i neonati, i pensionati, gli invalidi, le casalinghe, gli immigrati. Tutti. Purtroppo questa cuccagna ci è negata per il semplice motivo che Elio Lannutti non è stato eletto al Parlamento, e non è in grado di tenere fede a quello che ha chiamato "il mio impegno". Elio Lannutti è un sociologo-giornalista di 57 anni con una propensione per le battaglie civili che comprendono lo scandalo dei bond argentini e la pubblicità occulta del maresciallo Rocca. Lannutti lotta per tutti. Il suo destriero è l'Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari), che ha fondato nel 1987, che ha sessantamila iscritti e che, generalmente, lo conferma in sella per acclamazione. Attraverso l'Adusbef, Lannutti esercita il fervore e l'eclettismo. Avete dei problemi con l'anatocismo? Collegatevi con Adusbef.it e cliccate. L'esperto designato da Lannutti è l'avvocato Tanza, della delegazione Adusbef di Lecce/Galatina. Il sito è una miniera per il ragioniere avvelenato che è in noi. "Rc auto ed immigrati. Quali criticità?"; "Le banche fanno il pieno. Al mutuo cercano di affiancare un derivato sui tassi"; "Responsabilità della società di intermediazione per l'attività illecita del promotore". Apocalittico Se uno avesse il tempo di seguire nel dettaglio tutte le indicazioni dell'Adusbef di Lannutti, dimezzerebbe le sue uscite. O, più probabilmente, trascorrerebbe l'esistenza in causa contro società telefoniche e casse di risparmio. E forse morirebbe giovane per eccesso di scariche adrenaliniche. Qui c'è il modulo da stampare per costituirsi parte civile contro la Parmalat, là quello per ricorrere al Tar contro le bollette truffaldine, e in mezzo si avverte che la Dad (Deutsche Adressdienst GmbH di Amburgo) sta inviando "a un gran numero di entità titolari di siti internet" dei comunicati che sembrerebbero ufficiali e invece no, vogliono scroccare denari. E nel frattempo si apre un fronte apocalittico: "Non ci facciamo intimidire dai potentati economici cinesi, che non rispettano i diritti degli utenti e dei risparmiatori". Uomo di mondo Ma non bisogna lasciarsi fuorviare. Non è tutto burocratico, cavilloso, polveroso come pare. Lannutti non è soltanto un fautore puntuto della trasparenza del bollettino postale. E' anche un uomo di genuina passione. Nelle brevi biografie di cui si dispone, si fa sovente cenno alle umili origini. Figlio di un contadino della provincia di Chieti, sa che cosa è la terra, che cosa sono i suoi frutti, le stagioni. E sa, soprattutto, che cosa sono i sacrifici. Poi è un uomo di mondo, e infatti ha sposato una donna francese. Conosce i mezzi di comunicazione, e la sua missione passa dalle cancellerie come dalle telecamere, e a chi lo dimenticasse ricorda sovente della volta in cui fu "il mandante della tentata consegna del tapiro d'oro all'ex governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio". Questo asse col Gabibbo testimonia la vivacità intellettuale di Lannutti. La cedolare secca non ha segreti, per lui. Ma se c'è da manifestare sotto Palazzo Koch, ricorre disinvoltamente alla gergalità di piazza, e intona: "San Vittore / l'unico protettore / del risparmiatore". Comunista convinto In Fazio, lo si sarà intuito, individuò il nemico mortale. Nel figlio più illustre di Alvito si conciliavano infatti le due categorie per le quali Lannutti ammazzerebbe: i poteri forti e la religione. E qui c'entrano i suoi esordi nella vita pubblica, compiuti nelle truppe di Democrazia proletaria. E' stato fra i fondatori di "Avvenimenti" con Mario Capanna e Lidia Menapace. Si dichiara "comunista convinto". E quando infine Fazio cedette, per lui fu come la Rivoluzione d'Ottobre: "Festeggiamo la caduta di un tiranno". Nella circostanza, il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, stilò una lista di possibili e autorevoli successori di Fazio: Lannutti e Tommaso Padoa-Schioppa, nell'ordine. Siccome invece venne nominato Mario Draghi, Pecoraro pensò di concedere a Lannutti il modo di incidere nella società dalle aule parlamentari. Alle scorse Politiche lo candidò per la Camera, ma neanche l'elettore lo premiò. Extraparlamentare Chi a questo punto avesse maturato il desiderio di conoscere Lannutti, sappia che dentro Montecitorio non lo troverà, ma fuori sì. Gira e rigira staziona con accoliti e cartelli sotto all'obelisco per sollecitare interventi risolutivi a proposito del caso Parmalat, o degli aumenti del bolli per le motociclette, o dell'infedeltà delle etichette alimentari, o delle rivendicazioni del sindacato gestori stabilimenti balneari. Lì, intercetta gli amici deputati cui fa sottoscrivere una profusione di interrogazioni parlamentari che vuole bipartisan, perché Lannutti è comunista, ma è fermamente persuaso che le tasche dei poveretti non abbiano colore. Poi intercetta i giornalisti che riportano le sue "accuse senza appello", qualche volta variate in "bocciature senza appello", e nelle cronache Lannutti non dice, non dettaglia, non sottolinea, non riferisce, lui "sbotta" o magari "tuona". Il filarino con Di Pietro Uno così, che "Avvenimenti" lo fondò anche insieme con Leoluca Orlando, che qualificò Franco Carraro col titolo di "mammasantissima" dello sport corrotto, che invoca ritmicamente la terapia di San Vittore, che emette sentenze e stabilisce bocciature "senza appello", uno così non poteva non avere un filarino con Antonio Di Pietro. I due si incontrarono nel '98 sul terreno comune. Entrambi sapevano quanto è dura la terra. Entrambi erano stati emigranti in Germania. Entrambi si erano riscattati negli allori accademici, Di Pietro laureandosi in legge, Lannutti in sociologia con Franco Ferrarotti. E poi erano affratellati da un'ansia di giustizia dai tratti raggelanti. Di Pietro accettò, per conto dell'Adusbef, di farsi "paladino dei piccoli azionisti", e Lannutti si specchiò nei tempi e non gli dispiacque che il suo popolo d'iscritti venisse definito "rete di delatori civici". Si riunirono a Roma, incazzatissimi, decisi a ribaltare tutto questo mondo che non va, e Lannutti osservò: "Adesso va di moda, ma a manifestazioni come queste io partecipo da quindici anni". Mani pulite, insomma, era già in lui ben prima che spuntasse Mario Chiesa. E prosegue oggi, che Di Pietro ha la Mercedes blu, e Lannutti la foto sul sito col tapiro d'oro in mano.

27/11/2006

Documento n.4549

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