La Repubblica 25-4-2007 PARMALAT Ecco gli istituti che hanno venduto 200 milioni di bond prima del crac

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La Repubblica 25-4-2007 PARMALAT Ecco gli istituti che hanno venduto 200 milioni di bond prima del crac A gennaio 2003 i grandi creditori di Tanzi avevano 229 milioni di titoli, a dicembre erano diventati 31 ETTORE LIVINI I big del credito hanno ridotto dell'87% gli investimenti sul gruppo nel 2003, in un floppy Bankitalia i movimenti Intesa, Sanpaolo, Mps e Unicredit Parmalat, la grande fuga delle banche MILANO - Sarà stato fiuto. Sarà stato un fenomeno di preveggenza collettiva. Ma proprio alla vigilia del crac Parmalat di dicembre 2003 - mentre i risparmiatori italiani facevano ancora incetta di titoli del gruppo - le banche di casa nostra hanno venduto a mani basse azioni e obbligazioni della società emiliana, riducendo dell'87% la loro esposizione nei 12 mesi precedenti il default e uscendo quasi indenni dal disastro di casa Tanzi. La grande fuga dal capitale di Collecchio degli istituti di credito (che hanno sempre sostenuto di non aver mai avuto alcun sentore della reale situazione finanziaria della società) è fotografata dai dati catalogati in un floppy disk spedito il 17 novembre 2005 dalla Banca d'Italia alla Procura emiliana e archiviato come atto 76 del procedimento 2395/05 del processo. Il dischetto ricostruisce mese per mese i movimenti in conto proprio del sistema creditizio nazionale su strumenti finanziari del gruppo. E i risultati di questo lavoro certosino sono semplici: a gennaio 2003 le maggiori banche italiane avevano in portafoglio quasi 230 milioni di titoli Parmalat. A fine dicembre, al momento del fallimento, nelle loro tasche ne erano rimasti solo 31 milioni. Metà dei quali, oltretutto, di proprietà della Bpi (allora guidata da Gianpiero Fiorani) che muovendosi controtendenza si era imbottita di bond proprio alla vigilia del fallimento arrivando ad accumularne fino a 114 milioni al 30 novembre. Il fuggi-fuggi è generalizzato. Il Sanpaolo di Torino ha ridotto da 101 milioni a 126mila euro la sua esposizione con Collecchio nei 12 mesi prima del crac. Unicredit (che nel 2002 tramite Ubm aveva curato con Intesa un ampio piano di emissione di bond Parmalat) ha fatto piazza pulita dei titoli del gruppo scendendo dagli 83 milioni di inizio gennaio ai 4 di dicembre. Lo stesso hanno fatto l'istituto di Giovanni Bazoli (scesa da 13 a 2 milioni proprio mentre la sua controllata Nextra varava nuove obbligazioni) e Monte Paschi Siena (da 23 a 6). Deutsche Bank, che a settembre 2003 aveva "illuso" il mercato annunciando di aver rilevato il 5% del gruppo dei Tanzi, in realtà nelle stesse settimane completava il suo disimpegno finanziario, vendendo i pochi titoli che si ritrovava in portafoglio. Le cifre sono diverse ma il risultato è identico: le banche sono uscite dall'avventura di Collecchio senza perdere quasi niente. Anzi. Quelle di loro che si sono ritrovate esposte con le società operative della galassia Tanzi, quelle che hanno rimborsato al 100% i creditori dopo l'amministrazione controllata, hanno messo assieme da quel gelido (in tutti i sensi) dicembre guadagni a tre cifre. I "saldi" collettivi di titoli Parmalat del 2003 hanno attirato l'attenzione dei pm di Milano e del capoluogo italiano. Le banche, sostengono i magistrati, avevano in teoria molti strumenti per capire che le cose in casa Tanzi non andavano tanto bene. C'erano i dati della centrale rischi di Banca d'Italia, dove i debiti del gruppo risultavano diversi da quelli iscritti a bilancio. Le banche dati sulle emissioni obbligazionarie segnalavano volumi di collocamenti diversi da quelli denunciato. E molti dei comitati crediti interni da anni mettevano in guardia sulla scarsa affidabilità finanziaria del socio di riferimento. Calisto Tanzi ? come è emerso dal processo ? già a fine millennio era quasi sempre in cronico ritardo persino sul pagamento delle rate per i mutui accesi a titolo personale. Fatti che in fondo potrebbe aiutare a dare una lettura diversa alle mosse delle banche alla vigilia del crac. Il cerino alla fine è rimasto in mano ai risparmiatori, con 85mila italiani che si sono ritrovati a dicembre 2003 con 7 miliardi di bond che valevano poco più che carta straccia. Spesso clienti poco fortunati (o mal consigliati) di quegli stessi istituti che quell'anno hanno fatta piazza pulita di titoli Parmalat. Basta pensare ai 32mila correntisti del Sanpaolo, travolti dal default mentre la loro banca nel 2003 ha ridotto del 99,9% la sua esposizione con Collecchio. Per loro fortuna (si fa per dire) il concordato ha permesso di salvare la società e grazie alla cura di Enrico Bondi (e alla corsa del titolo in Borsa) sono rientrati adesso tra il 39 e il 57% dell'investimento iniziale. Ma se solo la banca avesse curato i loro risparmi come ha tutelato i suoi, molti di loro forse non si troverebbero oggi a piangere sul latte versato.

25/04/2007

Documento n.6539

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