L'ILLUSIONE TRAGICA DELL'ANTIMAFIA GIORNALISTICA....

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L'ILLUSIONE TRAGICA DELL'ANTIMAFIA GIORNALISTA - Ma chi credono di essere questi fratelli Graviano che in un paio d’ore hanno messo in mutande gran parte della stampa nazionale e internazionale? - L’illusione che Spatuzza e i fratelli Graviano avrebbero potuto dare una svolta alla politica italiana si è rivelata tragica... Peppino Caldarola per "Il Riformista" tratto da www.dagospia.it Ma chi credono di essere questi fratelli Graviano che in un paio d'ore hanno messo in mutande gran parte della stampa nazionale e internazionale? Era tutto pronto per la loro incoronazione. Bastava che dicessero a mezza bocca che Spatuzza ricordava bene, che in effetti loro avevano conosciuto Dell'Utri e intrattenuto rapporti con «quello di Canale 5», cioè Berlusconi, che effettivamente costoro avevano «affidato il Paese nelle loro mani». Bastava poco, un «sì» anche a mezza bocca, un cenno con il capo, un virtuoso silenzio. Invece no. Filippo Graviano ha smentito tutto negando anche di aver detto di avere aspettative dalla magistratura perché deluso dalla politica. Giuseppe ha addirittura marcato visita e si è dato malato. Tutto senza la teatralità dei pentiti (nessuno dei due Graviano lo è), e senza neppure la violenza iraconda di alcune esternazioni di Totò Riina. È finita così la prima puntata della storia dei rapporti fra Cosa Nostra e i fondatori di Forza Italia. L'attesa era grande e lo stesso fronte giornalistico antimafia si era presentato diviso. Se Marco Travaglio non aveva dubbi sul coinvolgimento dei due capi Fininvest nella strategia terroristicomafiosa delle bombe, da Capaci a quelle del '93, Giuseppe D'Avanzo, e anche Michele Santoro, prediligevano la tesi della estraneità del Cavaliere e del suo socio nei fatti di strage e preferivano attirare l'attenzione sui momenti iniziali della nascita dell'impero berlusconiano, dalla banca Rasini fino al dominio televisivo. Di Pietro, che notoriamente non ama le complicazioni, aveva invece sposato entrambe le tesi preferendo sostenere che Berlusconi e Dell'Utri erano e sono mafiosi a tutto tondo. Quelli come noi che hanno guardato con una certa incredulità all'ipotesi del coinvolgimento stragista del Cavaliere e del Senatore e con una certa curiosità alla ricostruzione dei primi anni di vita dell'impero palazzinaro- mediatico, non si sono invece sorpresi di fronte al comportamento processuale dei fratelli Graviano. Filippo è probabilmente un mafioso dissociato. Sono dieci anni, ha sostenuto ieri, che cerco di trovare la strada della legalità. Se avessi voluto parlare lo avrei fatto in prima persona e lo avrei fatto prima visto che «non vivo certo in un hotel». Filippo studia economia. Giovanni Bianconi sul Corriere della sera ha raccontato i suoi successi universitari e gli elogi che gli sono arrivati anche in via privata dai suoi professori. È già un mafioso di terza generazione, duro e feroce, ma non sguarnito culturalmente come la dinastia dei corleonesi. Filippo ha accettato più volte di parlare con i magistrati e non si è sottratto neppure a un confronto in carcere con Gaspare Spatuzza, smentendolo anche in quella occasione. Giuseppe è indiscutibilmente un capo vero. Da lui sono venute poche essenziali parole né c'è traccia di una sua dissociazione. Stiamo parlando di due personaggi di peso della mafia siciliana, due uomini feroci che hanno fatto il bello e il cattivo tempo non solo nel loro mandamento. La cosa singolare che li accomuna, pur nella diversità dell'atteggiamento dopo la cattura, sta nel fatto che nessuno dei due, né l'indomabile capomafia né il fratello intellettuale e dissociato, ha "maledetto" il pentito Spatuzza, che dal canto suo ha continuato a dedicare parole dolci alla "famiglia" per cui ha lavorato, con grandi spargimenti di sangue, per venticinque anni. Non si finirà mai di sottolineare la stranezza di questo comportamento che aveva fatto pensare a molti osservatori che il filo rosso che lega i fratelli al nuovo superpentito potesse portare a singolari ammissioni da parte dei Graviano. A voler essere sottili anche l'atteggiamento di ieri è stato atipico. Filippo Graviano ha accettato di deporre e, pur smentendo Spatuzza, ha lasciato aperto uno spiraglio per una possibile collaborazione. Giuseppe invece si è fatto precedere da un memoriale e ha deciso di non aprire bocca senza dare giustificazioni da boss ma solo citando il suo precario stato di salute. La partita con i Graviano, forse, è ancora aperta. E molto dipende, lo scrivevamo ieri, dallo sviluppo dell'azione militare contro i latitanti di Cosa Nostra. SpatuzzaNei penitenziari stanno entrando mafiosi di nuova generazione che a differenza dei vecchi potranno considerare insopportabile la prospettiva di una lunga e spietata carcerazione. Se la Cosa Nostra dei colletti bianchi, e la stessa 'ndrangheta dei finanzieri ripuliti, continuano a trafficare e a fare affari, la questione dei detenuti può aprire un nuovo varco nelle organizzazioni criminali. Il vero metro di misura dell'attività del Governo sta, quindi, non solo nell'incoraggiamento alle forze di polizia e alla magistratura in prima linea contro gli "scappati", ma soprattutto nel non recedere sia dal 41bis sia dai sequestri dei patrimoni, impedendo la loro riacquisizione da parte delle cosche. Il fronte antimafia, soprattutto quello giornalistico, si deve fare una ragione sull'inesistenza di scorciatoie. L'illusione che Spatuzza e i fratelli Graviano avrebbero potuto dare una svolta alla politica italiana si è rivelata tragica. In verità anche nel caso che i Graviano avessero confermato le parole di Spatuzza non si sarebbe allontanato il sospetto di una manovra da parte di boss non pentiti di Cosa Nostra. È andata come è andata. E si torna a quindici anni fa. Cioè a Mangano. Heri dicebamus.

12/12/2009

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