Italia Oggi 28-6-2007 Dividend washing, il fisco attacca di Alessandro Felicioni

in Articoli e studi
Italia Oggi 28-6-2007 Dividend washing, il fisco attacca di Alessandro Felicioni Con una circolare l'Agenzia delle entrate ha tenuto conto delle ultime decisioni della Cassazione Dividend washing, il fisco attacca Gli uffici finanziari dovranno tenere in vita le liti pendenti L'amministrazione finanziaria torna alla carica sul vecchio dividend washing; la circolare n. 39/E del 27 giugno 2007 esorta gli uffici a coltivare le liti ancora pendenti in materia, dopo che la Cassazione sembra aver invertito il proprio orientamento censurando l'operazione di acquisto e rivendita di azioni sulla base della nullità del contratto per assenza di causa. Il dividend washing e il dividend stripping. Gli ultimi sviluppi di cronaca che vedono alcune banche internazionali coinvolte in operazioni analoghe hanno riportato alla ribalta il meccanismo in voga negli anni 90: lo scopo del dividend washing era quello di monetizzare il credito d'imposta assegnato a soggetti italiani percettori di dividendi attraverso il temporaneo trasferimento dei titoli azionari alla vigilia dello stacco dei dividendi. Ciò accadeva, in particolare, se il soggetto originariamente titolare delle partecipazioni di cui fosse stata deliberata la distribuzione dei dividendi non poteva fruire del credito d'imposta perché, per esempio, non residente o destinatario di regimi particolari quali quelli riservati ai fondi comune di investimento o sicav. Se poi costui era residente in un territorio che non tassava le plusvalenze da cessione di partecipazioni il gioco era fatto. Il non residente non fruitore del credito vende le partecipazioni con realizzo di plusvalenze a un soggetto italiano legittimato a ottenere il credito di imposta; questi incassa il dividendo, il credito d'imposta e rivende le partecipazioni a un valore più basso, visto che non hanno più in pancia gli utili; realizza quindi una minusvalenza deducibile da contrapporre al credito d'imposta e al dividendo per abbattere l'imponibile. Le operazioni di dividend stripping consistevano invece nella costituzione o cessione del diritto di usufrutto su azioni da parte di una società non residente e non avente stabile organizzazione in Italia in favore di un contribuente italiano, al solo fine di beneficiare del credito d'imposta sui dividendi percepiti per effetto del godimento delle partecipazioni ottenuto, credito di cui la società estera non avrebbe potuto usufruire. Tale meccanismo, ai giorni nostri, si è evoluto dal momento che, venuto meno il credito d'imposta sui dividendi, possibili arbitraggi sono presenti a causa del diverso regime di tassazione che coinvolge dividendi e plusvalenze; da qui l'introduzione del comma 3-bis dell'articolo 109 del Tuir. Il cambio di direzione. Con le sentenze nn. 3979 del 2000 e 3345 del 2002 la Cassazione ha stabilito la piena liceità delle operazioni di dividend washing poste in essere prima del 1992 quando un apposito intervento normativo bloccò la convenienza di tali manovre. Tant'è vero che l'amministrazione, con circolare n. 87/E del 2002, aveva consigliato agli uffici periferici di abbandonare le liti in corso. Ora invece, in conformità a quanto desumibile dalle recenti sentenze n. 20398 e 22932 del 2005, gli uffici dovranno proseguire nella lite invocando la nullità delle operazioni di dividend washing e di dividend stripping per mancanza assoluta della causa dei contratti di acquisto e rivendita o di costituzione o cessione del diritto di usufrutto. In sostanza, non ci si basa più sull'interposizione fittizia o reale o sulla simulazione bensì su un aspetto più radicale: i contratti con i quali sono state poste in essere le operazioni in argomento sono invalidi ai sensi degli articoli 1418, comma 2, e 1325, n. 2), cc per mancanza assoluta di causa in quanto non esistono ragioni economiche, diverse da quelle volte al risparmio fiscale, alla base del contratto stesso. Aspetti procedurali. Le sentenze citate danno modo all'amministrazione di invocare la nullità d'ufficio dell'operazione, visto che tale situazione non è applicabile solo nei riguardi della parte che agisca allo scopo di ottenere la declaratoria della nullità del contratto e non anche nei confronti di chi, come l'amministrazione finanziaria, si opponga alle richieste che il contribuente intende basare sulla validità del contratto stesso. riproduzione riservata.

28/06/2007

Documento n.6656

Sostieni i consumatori, sostieni ADUSBEF!

Puoi sostenere ADUSBEF anche attraverso il 5 x 1000: in fase di dichiarazione, indica il codice fiscale 03638881007

Informativa sull'uso dei Cookies

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.OK