Il PontO. Signoraggio (3) I bilanci di BC, per tacer dei Pierini.

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Il PontO. (3) I bilanci di BC, per tacer dei Pierini.
di Mauro Novelli (30.7.2004)


BC, versione onest’uomo, era solito stilare un bilancino ad uso personale, tanto per avere contezza della sua situazione finanziaria. Le sue poste attive erano costituite dai depositi bancari; quelle passive dagli assegni (abbiamo deciso di chiamarli “assegnati”) stilati a pagamento dei suoi debiti. Non aveva dovuto ragionarci molto: se il saldo del conto corrente rappresenta un suo “avere” (la banca è, infatti, sua debitrice), in contropartita, l’entità degli assegni non potevano non concretizzare un suo “dare” (i beneficiari costituendo altrettanti creditori): bancando i titoli, sarebbero stati soddisfatti. Semplice e preciso. Il BC seconda versione, indossato del mariuolo il paludamento e non solo, aveva scoperto velocemente che il conto bancario aveva un ruolo del tutto marginale: rilasciava assegnati senza copertura; la banda di bastonatori avrebbe obbligato comunque Rossi ad accettarli in pagamento. Per pura questione di immagine, aveva continuato a stilare il suo bilancino. Più per populismo, per farsi considerare “normale”, che per coscienza civica. Gli assegnati avevano una circolazione forzosa, nessuno avrebbe potuto richiederne il cambio in denaro contante. Si sarebbe potuto limitare a tenere “la conta” dei titoli emessi, senza altri obblighi contabili. Ma il Bc versione mariuola aveva affinato una sua inclinazione burlesca. Così, tanto per ridere, il suo bilancino continuava a mantenere al passivo l’importo complessivo degli assegnati emessi e fatti accettare manu militari. Per ridere mica poi tanto: in tal modo, i risultati di bilancio mostravano utili nettamente inferiori alla realtà, visto che la posta “assegnati non convertibili ” invece di considerarla un suo “avere” (ci pagava spese, debiti e ci manteneva la squadra di bastonatori) la contrabbandava per un suo “dare” come se fosse un debito, ben sapendo che nessuno ne avrebbe potuto chiedere il cambio in denaro. Per decisione del debitore (BC) il debito (di BC) era infatti inesigibile. Di fatto, i suoi utili di bilancio risultavano inferiori del doppio dell’ammontare complessivo degli assegnati. Si era fatto un conto veloce: se ho attività 100 e debiti 80 (tutti assegni), ho un utile di 20. Ma se la posta passiva di 80 l’avessi dovuta correttamente porre all’attivo, avrei avuto un utile di 180 (attivo 180 e passivo zero). Appunto: 20+ 2 x 80 = 180. BC era perfettamente consapevole della “forzatura” contabile. Era però altrettanto consapevole che, superate le prime perplessità, la cosa avrebbe preso agevolmente la china del “si fa così perché è sempre stato così”. I ministri non avevano bisogno di essere convinti. Più faticoso – ma non più di tanto - convincere i magistri, i membri della magistratura. BC aveva ragione: i vecchi assegni (in lire) avevano ancora la parvenza di assegni/cambiali (pur se inesigibili): “pagabile a vista al portatore” recavano sul recto. Pochi signori Rossi si sono resi conto che, per risparmiare ulteriormente, quella dizione era stata tolta di mezzo nel 2002: i nuovi assegni di BC (in euro) non la riportano più. BC aveva proprio proprio ragione: perfino un suo erede, chiamato in causa da Rossi – il quale, poichè quel bilancino non gliela contava giusta, ricorse ad un magistro (1994)– sostenne ad adiuvandum del “si è sempre fatto così” che “...alla stregua della puntuale disciplina della funzione di emissione, i biglietti appena prodotti dall’officina di fabbricazione costituiscono una semplice merce di proprietà di BC che ne cura direttamente la stampa e ne assume le relative spese....”. Tali argomentazioni potevano convincere solo un magistro già convinto. Insomma – si chiedeva Rossi nuovamente bastonato - come mai il valore di mercato della “merce” fabbricata da una azienda viene posto al passivo? L’erede di BC argomentava, ancora: “... i biglietti acquistano la loro funzione e il valore di moneta solo nel momento logicamente e cronologicamente successivo, in cui BC li immette sul mercato trasferendone la proprietà ai percettori...”. Il magistro era già convinto, ma Rossi continuava a rimuginarci su: ” Come mai BC mette al passivo il valore che una merce ancora non ha acquisito e che acquisterà solo nel momento logicamente e cronologicamente successivo? Se proprio vuole valorizzarla prima di “collocarla, quindi come magazzino, deve comunque metterla all’attivo”. Ed ancora” Se si valorizzano non appena BC li immette sul mercato trasferendone la proprietà ai percettori,vuol forse dire che BC li vende? Ma allora, il valore introitato deve essere posto all’attivo. Se, inoltre ne trasferisce la proprietà immettendoli sul mercato, vuol dire che, prima di questa azione, il proprietario era BC. Ma il proprietario di un bene ancora senza valore (lo acquisirà dopo il trasferimento di proprietà), dovrebbe limitarsi a porre al passivo i costi di fabbricazione.........se poi li vende, metterà l’introito all’attivo.....” Rossi si convinse che solo l’aiuto di un contabile “non convinto” avrebbe potuto aiutarlo. “Ci sarà pure un contabile a Francoforte!” sospirò sorridendo al pensiero della prossima bastonatura........ Poi ebbe un’idea stravolgente: “ E se, invece di un contabile mi mettessi in cerca di una stamperia...... accordandomi con gli altri signori Rossi? ...un accordo tra gentiluomini potrebbe portarci ad accettare i miei, anzi i nostri assegnati....... Se BC si limita alla stampa, perché dovrebbe essere il solo a stampare ......? Anch’io voglio concorrere e porre al passivo......... anzi, per avere maggiore competitività, dirò all’Erario che porrò al passivo solo il 50 per cento del valore facciale degli assegnati da noi stampati......”

30/07/2004

Documento n.4074

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