IL RICATTO DEI CALENDARI: DALLA GREGORACI ALLE DAME DI PALERMO. SEMPRE PER FINI BENEFICI

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L'ARENA (di Verona) Mercoledì 19 Dicembre 2007 SPECCHIO ITALIANO Il ricatto dei calendari Dalla Gregoraci alle dame di Palermo .«Per fini benefici» persino qualche parrocchia oggi giunge ad esporre su un annuario le sue «bellezze» Voyeuristi di tutto il mondo unitevi! O, se vi fa più comodo, sparpagliatevi. Ma se non vi restano che i calendari, correte in edicola. Ne troverete di tutti i gusti, i vostri gusti, che non sono evidentemente quelli degli estimatori di Frate Indovino, che, contenti loro, sono rimasti alle lune, alle semine, agli uccellini e ad altro genere di bestiame, quello che si governa nelle stalle e non sale sulle pedane delle discoteche, non fa né televisione né cinema, non frequenta il Billionaire o transuma in isole tropicali per gare di coglioneria mediatica. Ce n’è da tappezzare il Colosseo. Ci sono più editori di calendari che di libri. In un Paese che più che leggere preferisce guardare era fatale che si privilegiasse l’immagine al testo, l’explicit all’incipit, la posa alla prosa, lo sfizio al frontespizio. Perfino un editore specializzato in libri di mare ha pubblicato un calendario di una nudissima starlette, preferendo per una volta la natica alla nautica. L’intento di una buona parte dei nuovi calendaristi, quelli che dividono gli anni in ventiquattro tette e dodici sederi, anziché in mesi e settimane, è quello di tirare dentro nella clientela anche i non voyeuristi, quelli che di solito si accontentano, e magari si compiacciono, di attaccare al muro gli annuari che, seppure anonimi, non sbagliano né un lunedì né una festa comandata, e che gli vengono regalati dal carrozziere o dal salumiere o dall’erborista. L’esca della trappola è la beneficenza. Comprando a modico prezzo dodici mesi di carne di ottima qualità trasferita su carta patinata contribuisci ad aiutare i bambini poveri o i bambini poveri e, per di più, malati. In questa direzione si è mosso il Codacons, l’associazione nata per difendere i consumatori, che ha scelto le nudità di Elisabetta Gregoracci, la promessa sposa di Flavio Briatore, per finanziare l’assistenza ai bambini malati di cancro del Policlinico Umberto I di Roma. Il ricatto è evidente: ti metti in casa la Gregoraci nuda e compi una buona azione che ti salverà, se non tutta, almeno un pezzetto di anima. Chissà cosa ne pensano le mogli e i vescovi. Commendevole è anche l’iniziativa di dodici casalinghe di un paese delle Marche che compaiono in un calendario non propriamente nude, ma in pose che solitamente la categoria non assume quando si mette ai fornelli o fa il bucato. Lo scopo è quello di raccogliere fondi per il restauro del campanile della chiesa parrocchiale. Il parroco non si è opposto. Il curato neppure, tantopiù che la perpetua è una delle dodici. Ai mariti ci ha pensato il parroco: li ha convinti che il fine, quando è nobile, giustifica anche le giarrettiere. Esibizionismo? Voglie pecorecce che affiorano solo quando si prospetta il sacrificio di porsi al servizio di cause elevate? Mettiamola come vogliamo, ma se il calendario sexy è l’unica condizione per aiutare la collettività bisognosa, ben vengano le nonne in mutande di Frugarolo, le infermiere in topless di Castiglione Chiavarese, le mamme disinibite di Mongrassano. Scopi umanitari, ma solo in seconda battuta, si prefigge anche il calendario di dodici signore della Palermo bene, cosa che fino a qualche anno fa avrebbe scatenato chissà quali drammi della gelosia. Posando discinte, le belle dame intendono fare il verso alle professioniste dei calendari e dimostrare ai mariti che le loro stagionate consorti non sono meno appetitose delle giovani dive. Il ricavato della vendita del calendario andrà alle fanciulle di un convento cui le suore, per evitare fenomeni emulativi, si guarderanno bene dallo svelare la fonte e il principio ispiratore del gesto generoso. Date le finalità di questa fervida gara di solidarietà nazionale, non possiamo sottrarci al ricatto. La buona Italia dei calendari ci tende la mano. E noi non possiamo che rispondere. Con l’obolo.

19/12/2007

Documento n.7014

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