IDV: FINISCE A TARALLUCCI E VINO IL CONFLITTO CN DE MAGISTRIS.TESTO INTERVENTO DEL SENATORE ELIO LANNUTTI

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Cari amici e compagni (si diceva una volta), intervengo molto brevemente per portare il mio modesto contributo al dibattito ed alla riflessione, seppur nella veste di indipendente geloso della sua autonomia,iscritto lealmente al gruppo parlamentare del Senato dell’Italia dei Valori, ma non iscritto al partito perché presidente e rappresentante legale di una associazione l’Adusbef, fondata quasi un quarto di secolo fa da una mia idea, che conta 69.345 iscritti certificati dal ministero dello sviluppo economico, un sito internet con oltre 8.000 contatti al giorno,un forum di discussione con 37.797 iscritti,un prestigio indiscutibile ed un punto di riferimento certo nel campo della tutela dei diritti di consumatori, risparmiatori ed utenti dei servizi bancari,finanziari,assicurativi, che ha conseguito risultati storici nelle battaglie giudiziarie, dall’anatocismo ai mutui usurari contro le vere e proprie mafie,come quelle bancarie e finanziarie. In pieno accordo con il presidente Antonio Di Pietro,al quale va la gratitudine di utenti dei servizi bancari e dei risparmiatori per aver dato la possibilità ad un loro rappresentante di entrare in Senato per poter portare nelle istituzioni la voce e le battaglie dei maltrattati consumatori, abbiamo convenuto di non iscrivermi per non indebolire il prestigio e l’autorevolezza di chi difende i diritti dei cittadini che non hanno,né devono avere un colore politico, ritenendo di portare un valore aggiunto in un partito giovane come l’Italia Valori,che non per questo non rappresento in tutte le manifestazioni,nei convegni e negli interventi ogni santo giorno. Pur ritenendo di avere qualche rivendicazione e qualche diritto da avanzare, non mi sono mai sognato, al di la degli interventi che porto quasi sempre in sede di riunioni dei gruppi parlamentari e dell’esecutivo, di dettare la linea ad un partito dove non sono iscritto, mediante i mezzi di informazione,né di sostituirmi a quel personaggio interpretato dal bravissimo Filippo Roma, l’inviato delle Iene che svolge i servizi oltre che come se stesso, con l'identità del "Moralizzatore", un protagonista semi-comico che tenta di portare "sulla retta via" coloro che intervista. Quando leggo sull’Espresso,in un articolo intitolato: Da Strasburgo con furore”, messaggi obliqui ed equivoci di finta moralizzazione,mi viene in mente la Spagna del XV secolo, con gran parte della Penisola iberica governata dai musulmani ed i Regni cristiani densamente abitate da Arabi e Berberi. Il servizio ebraico alla corte aragonese era una tradizione consolidata: il padre di Ferdinando, Giovanni II d'Aragona, nominò Abiathar Crescas, un ebreo, suo astrologo di corte. Gli ebrei occupavano molti posti di potere, sia religiosi che politici. Pedro de la Caballería, un marrano, ebbe un ruolo chiave nell'organizzazione del matrimonio di Ferdinando con Isabella. La Castiglia aveva addirittura un rabbino segreto di corte, un ebreo praticante.Mentre la castigliana Isabella era una devota cattolica, l'aragonese Ferdinando non intendeva la religione altro che come uno strumento di controllo sui propri sudditi. Egli voleva eliminare le religioni islamica ed ebraica dai propri domini, e l'Inquisizione era un mezzo adatto allo scopo.. Il Consiglio dell'Inquisizione Generale e Suprema dava le istruzioni ai Tribunali, esaminava i rapporti dei processi, ordinava le ispezioni, rivedeva le cause e agiva come tribunale per i membri dell’ Inquisizione accusati di reati. I Tribunali (Tribunales) giudicavano gli accusati. Erano formati da tre inquisitori, per la maggior parte membri del clero secolare con esperienza giuridica, e altri funzionari come procuratori, segretari, notai e un difensore dell'accusato, che normalmente si limitava a informare l'accusato di come si svolgeva il procedimento. I Familiari (Familiares) erano senza salario fisso. Incoraggiavano le delazioni, raccoglievano le testimonianze e catturavano gli accusati. Nonostante fossero personaggi odiati dalla popolazione, il loro numero crebbe notevolmente perché venivano esentati dai contributi fiscali e potevano girare armati. Inoltre la familiarità con l'Inquisizione era considerata prestigiosa e prova di "purezza di sangue". Ferdinando e Isabella affidarono a Tomás de Torquemada nel 1481 il compito di trovare e punire i conversi - gli ebrei e i mori - che ufficialmente si erano convertiti al Cristianesimo ma continuavano ad officiare in segreto i riti della propria religione. Alcuni Ebrei convertiti erano stati nominati sacerdoti e persino vescovi. I loro censori li chiamavano marrani, un termine dispregiativo che può essere tradotto anche con "maiale". L'Inquisizione cominciò a perseguitare i conversi a Siviglia, e furono istituiti tribunali speciali in rapida successione a Cordova, Jaén, e Ciudad Real, e in seguito nelle regioni di Aragona, Catalogna e Valencia. Tra il 1486 e il 1492 furono tenuti solamente a Toledo venticinque autodafé, e ne sarebbero stati eseguiti oltre 464 tra il 1492 e il 1826. In totale, furono processati oltre 13.000 conversi, dal 1480 fino al decreto di espulsione di tutti gli ebrei dalla Spagna del 1492. Philip Schaff, nella sua Storia della Chiesa Cattolica, diede il numero di 8.000 persone arse vive nei 18 anni di azione di Torquemada. Matthew White, esaminando questi dati, dà un'approssimazione di 32.000 morti, di cui 9.000 sotto Torquemada. R.J. Rummel giudica queste "stime realistiche", nonostante altri studiosi attribuiscano a Torquemada la responsabilità di 135.000 decessi, includendo 125.000 avvenuti in prigione a causa degli stenti Ho rievocato la storia della Santa Inquisizione e del finto moralizzatore, perché non accetto, né ritengo dobbiamo accettare, lezioni di moralità neppure da quei periodici come Micromega o da intellettualoidi falliti abili a lanciare anatemi ed a rilasciare patenti di moralità, i quali spinti dalla fame di potere cercano di prendere l’uva – coltivata con il sudore e con il duro lavoro contadino- da un’alta vite saltando con tutte le loro forze e quando non sono riusciti a coglierla,affermano che non è abbastanza matura.. Il tentativo offensivo di Flores d’Arcais di screditare l’IDV accusandola di essere il partito della illegalità diffusa, dopo aver cercato alle ultime elezioni europee di metterci le mani sopra,accampando pretese del 50 per cento,fifty fifty sulle candidature, rievoca la favola di Fedro della Volpe e l’Uva. "Non è ancora matura- disse la volpe- non voglio coglierla acerba”. Gli eletti,seppur in veste di indipendenti ed i dirigenti dell’IDV, ritengo non debbano accettare lezioni do moralità dai finti moralizzatori o di farsi dettare la linea politica, né da ragazzotti ultimi arrivati afflitti da un delirio di onnipotenza, né tantomeno da intellettuali da strapazzo adusi a frequentare i salotti dell’alta borghesia,dai quali trovano alimento, per lanciare anatemi e distribuire patenti di onorabilità. Sottoscrivo in pieno l’intervista di Massimo Donadi,che voglio ricordarlo,oltre ad essere un bravissimo dirigente dell’IDV,è anche lui un rappresentante della società civile e da lunghissimo tempo,ancora prima del 2000,delegato Adusbef Veneto: Ma come si può prima di aver messo piede in un partito, mancare rispetto a chi lo ha costruito? “La grandezza di un uomo si misura con la sua capacità di resistere al successo e il risultato delle europee gli ha dato alla testa. E poi questa volontà di presentarsi come moralizzatore dell’Idv, uno che alle riunioni non parla, e poi leggiamo le sue opinioni sui giornali. Eravamo all’8 per cento ben prima che arrivasse.. Un’idea dell’uomo me la sono fatta prima delle amministrative: De Magistris doveva venire a sostenere il sindaco di Padova, gli chiesi di darci una mano in provincia di Venezia. Mi rispose che si perdeva e dunque la sua faccia non la metteva”. Di Pietro ha cercato la buona fede e ha ricevuto in cambio solo attacchi gratuiti. Lunedì c’è l’esecutivo nazionale: o lì fa retromarcia o a quel punto la favoletta dei gemelli siamesi non è più credibile: dovrà rendersene conto anche Di Pietro. In un partito ci si resta se si rispettano le regole. “Ci sono persone come me, Belisario, la Mura, Orlando che in questi dieci anni con Di Pietro abbiamo lavorato sette giorni alla settimana, con una tempra che lui, neanche se stava altri vent’anni in magistratura! Eravamo all’8 per cento ben prima che arrivasse. Trentamila iscritti, di cui il 90 per cento che prima non si occupava di politica”.Di Pietro ha cercato la buona fede e ha ricevuto in cambio solo attacchi gratuiti”. “Lunedì c’è l’esecutivo nazionale: o lì fa retromarcia o a quel punto la favoletta dei gemelli siamesi non è più credibile: dovrà rendersene conto anche Di Pietro”. “A Tonino l’Idv non la scippa neppure il Padreterno”. “Se c’è qualcuno che se ne va, è un fallimento, però in un partito ci si resta se si rispettano le regole”. Ognuno di noi è impegnato a fare opposizione, senza se e senza ma,in Parlamento,nelle piazze e nei luoghi di lavoro,per costruire l’alternativa di Governo non risparmiando il proprio impegno: siamo tra i primi in assoluto nella produttività parlamentare misurata da Open Polis . Nessuno di noi si risparmia alla costruzione di un progetto politico,alla luce del sole, per preparare il congresso,che se ha una grave carenza è quella di non prevedere l’elezione dei rappresentanti regionali,provinciali e comunali. Per questo,e lo dico con estrema chiarezza, non accetto che il gruppo dirigente e gli eletti dell’IDV siano sottoposti ad un processo mediatico sommario da parte delle elites che vorrebbero lanciare un’Opa totalitaria. La politica che facciamo può anche non essere condivisa,e finora lo è stata nel giudizio degli elettori, ma non può essere oggetta di attacchi,spesso infondati e di teoremi tutti da dimostrare. Continuerò a battermi ogni giorno contro i veri avversari che non sono tra noi,ma nei potentati economici,nelle banche e nei monopoli che tentano sempre di dividerci per fiaccare l’unica opposizione costituita dall’IDV,ma non accetto di essere processato da intellettuali da strapazzo e da riviste eterodirette più o meno patinate, che confondono la politica nel senso più nobile che cerchiamo di praticare,con un aula di tribunale. Grazie dell’attenzione

16/11/2009

Documento n.8288

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