FONDAZIONI BANCARIE: IL SALVADANAIO DI EMANUELE...SI COOPTANO A VICNEDA CON CRITERI AMICALI,ED EROGANO SOLDI AD AMICI E SODALI....

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IL SALVADANAIO DI EMANUELE... Francesco Bonazzi per "Il Fatto Quotidiano" Tocca proprio entrare nella club house del Reale Circolo Canottieri Aniene, un sobrio posticino sulla sponda destra del Tevere al quale le donne non hanno diritto di accedere senza un cavaliere, per trovare l'unico consesso romano dove il professor avvocato Emmanuele Francesco Maria Emanuele, barone di Culcasi, accetta di non essere il numero uno. E c'è da capirlo, perché nel circolo dove i magistrati che indagano sullo scandalo dei mondiali di nuoto hanno appena messo i sigilli alla piscina, la presidenza tocca a Giovanni Malagò. Ma chi controlla i voti e gli blinda la maggioranza è comunque il signor Barone, un settantenne palermitano che da soli vent'anni presiede la Fondazione della cassa di risparmio di Roma: bilancio annuo da due miliardi e una capacità di spendere a pioggia sul territorio ben superiore a quella del Comune. Così, mentre il vippume capitolino è in estasi per la Festa del cinema, l'arte che ha portato perfino i fratelli Vanzina nelle segrete stanze del circolo Aniene, non sarebbe generoso dimenticare il prode Emanuele e il suo impegno per la città. In teoria, il ruolo della fondazione guidata da Emanuele non sarebbe molto diverso da quello che la Compagnia di San Paolo svolge per Torino, la Cariplo per Milano e la Fondazione CariVerona per la città scaligera. Solo che in quelle realtà periferiche i presidenti delle fondazioni si dimettono perfino dall'associazione Amici della musica (come Giovanni Benessia a Torino). Invece la recente nomina che il barone di Culcasi ha incassato dal sindaco Gianni Alemanno, ovvero la presidenza del polo museale capitolino riunito nella holding Palaexpo, ha acceso i riflettori su questo indomito "highlander" tra Prima, Seconda e Terza Repubblica. Con la sola precisazione che accostare il termine "repubblica" a un monarchico che da avvocato ha curato le pratiche di rientro dei maschi di casa Savoia potrebbe in effetti sembrare azzardato. Ma il barone è ormai definitivamente consacrato Grande Elemosiniere della cultura locale, oltre che della sanità, della ricerca e del volontariato. Tutti serbatoi di consenso elettorale irrinunciabili per chi voglia comandare a Roma e che Emanuele, campione dell'aristocrazia nera papalina e consigliere economico del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio, amministra con generosità proverbiale. "Basta che m'inviteno", come diceva il comico Max Giusti in una vecchia imitazione di Alberto Sordi, e il barone apre i cordoni della borsa. Se poi gli offrono anche uno strapuntino, che sia una presidenza o un qualche altro onore, lui accetta di buon grado. Per capire davvero perchè, morta Maria Angiolillo, Emanuele sia l'ultimo sacerdote di un certo Ancien Régime romano, bisogna spulciarsi l'ultimo bilancio della Fondazione Roma, una vera bibbia del trasversalismo. Nel bilancio 2008, l'ultimo disponibile, ecco che ci sono gli spiccioli elargiti agli ospedali pubblici e i 559 mila euro donati al Policlinico Gemelli; gli 899 mila euro per il Campus Biomedico dell'Opus Dei e i cinque milioni per la ricerca medica delle università pubbliche. Poi c'è la Luiss, della quale Emanuele è da sempre consigliere, che lo scorso anno si è presa oltre 642mila euro. Ma dopo aver così lautamente finanziato l'ateneo della Confindustria, che pure non è esattamente una onlus, si poteva restare insensibili ai bisogni materiali di Santa Romana Chiesa? Certo che no, e allora ecco 281.870 euro per la cappella della Pontificia Università Lateranense e i 40 mila euro per la sua imperdibile cattedra di "Etica e Tributi". Ma poi mica si possono negare 136 mila euro per il master "Esperti in Politica" della Libera Università Maria Santissima Assunta. Però non c'è solo il Vaticano, a Roma, e sul fronte più laico e cco il contributo da 70 mila euro all'iniziativa "Quotidiano in classe" dell'Osservatorio Giovani Editori di Andrea Ceccherini, il "Gianni Letta di domani" che ogni anno convoca a Bagnaia i direttori dei principiali giornali. Con i cospicui dividendi che arrivano dalla quota che la Fondazione detiene in Unicredit-Capitalia, Emanuele tiene buoni rapporti anche con la Comunità ebraica romana (80 mila euro per i viaggi ad Auschwitz) e con quell'inimitabile crocevia di poteri che è la Comunità di Sant'Egidio. Non mancano poi i 20 mila euro donati all'associazione "Amici dell'Accademia dei Lincei", della quale il barone è membro, in modo da controllare al meglio l'utilizzo delle elargizioni. E altri ventimila euro vanno alla fondazione Civita, che a Roma forse è quanto di più lontano si possa immaginare da preti e dintorni, ammesso che queste distinzioni abbiano ancora un senso nel fantastico regno del barone Emanuele. Del resto, solo con un disegno di ampia trama si possono comprendere i 35 mila euro donati alla Fondazione Don Luigi Di Liegro (mitico padre della Caritas romana) e i 27.000 euro stanziati per una "bibliografia ragionata" di Antonio Gramsci a cura dell'omonima fondazione. E ancora, i 22 mila euro per la fondazione Bettino Craxi e 1 12 mila euro per un centro culturale sanmarinese. E poi 30 mila euro per una povera parrocchia della Ciociaria e analoga somma per la ristrutturazione della chiesa dell'Opus Dei ai Parioli, noto centro di bisognosi. Poi, certo, a Roma la musica di istituzioni "marginali" come Auditorium, Santa Cecilia e Teatro dell'Opera boccheggia, anche perchè la Fondazione Roma non passa loro un centesimo. Ma non si pensi che al signor barone dispiaccia la musica. Perchè quest'anno la "sua" fondazione Roma si è anche dotata della propria orchestra sinfonica. In effetti, se ne sentiva la mancanza.

18/10/2009

Documento n.8239

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