Da Repubblica.it (27-9-05).

in Articoli e studi
"Bankitalia ci ha spiazzato. Violate tutte le regole" L’uomo che, suo malgrado, ha creato la più grave crisi istituzionale che l’Italia ricordi negli ultimi anni, con un ministro dell’Economia dimissionario, un ex ministro prima licenziato con ignominia, che torna ristorato dall’eclissi del suo avversario, un governatore della Banca d’Italia roccioso come un "orso marsicano" ormai surgelato in freezer, e un presidente del Consiglio che annaspa, incapace di decidere che fare, si chiama Rijkman Groenink. E’ un cinquantaseienne protestante nato nel paesino olandese di Den Helder, che ha fatto tutta la sua carriera nell’Abn Amro, l’ex Banca della Regina, fino a diventarne chairman del board nel maggio del 2000. Rijkman credeva di conoscere l’Italia perché, quando si vuole rilassare, sale sulla sua Mercedes ad Amsterdam e - poveretto - guida fino alle campagne di Siena, dove possiede una cascina. Ma mai avrebbe immaginato che i bizantinismi di questo nostro paese ne avrebbero fatto l’uomo che involontariamente scardina l’asfittico sistema bancario e capitalistico italiano, terrorizzato da una parola che si pronuncia in tutto il mondo, come "concorrenza" o, peggio, globalizzazione. L’unico momento di sbandamento, durante l’intervista, Rijkman l’ha avuto quando abbiamo cercato di tradurre in inglese l’espressione ricucciana "furbetti del quartierino". "What’s quartierino?", ci ha chiesto, "I understand furbetti, but quartierino.. " E noi: "Boh, lo chiederemo a Ricucci". In compenso, quando gli abbiamo domandato se in tutti questi mesi in cui si è dipanata, tra alti e bassi, la vicenda dell’Antonveneta ha mai pensato di abbandonare l’Italia, ci ha risposto in perfetto italiano: "No, mai!". Mister Groenink, avrebbe immaginato che il controllo dell’Antonveneta da voi rivendicato e ottenuto dopo una grande battaglia finanziaria, avrebbe provocato una così grave crisi istituzionale in Italia? "Mai avremmo potuto pensarlo. Non potevamo neanche immaginare che la Banca d’Italia avrebbe assunto l’atteggiamento che ha assunto e che questo avrebbe fatto precipitare quella che lei chiama una crisi istituzionale. Questo non ha avuto alcun ruolo nei nostri ragionamenti. Noi siamo banchieri venuti in Italia già tanto tempo fa, nel 1974, ritenendo che questo paese offra molte opportunità. Nel momento in cui tutto ciò sembrava venire frustrato, l’unico obiettivo è stato proteggere i nostri interessi". Quando avete capito che vi volevano fregare? "Quando abbiamo visto che non si rispettavano le regole del gioco. In gennaio si era sparsa la voce che la Banca popolare di Lodi e i suoi alleati avevano acquisito una quota di Antonveneta. I nostri colloqui con Banca d’Italia e con Lodi furono irrimediabilmente senza esito. Nel frattempo, la quota posseduta dalla Lodi in Antonveneta cresceva senza che ne fossero informate la Consob e la Banca d’Italia. Che dovevamo fare se non proteggere le nostre posizioni?" Perché la Banca d’Italia ha permesso che non si rispettassero le regole del gioco? "Ce lo siamo chiesto e questo è proprio quello che ci ha più stupiti. Non ci spiegavamo come la Banca d’Italia potesse permettere alla Lodi di prendere il cento per cento di Antonveneta. Non avremmo mai pensato che una piccola banca con un "capital ratio" come la Lodi potesse essere autorizzata a un’operazione del genere. Ci ha sollevati il fatto che la Consob ha agito, contrariamente ad altri, in modo imparziale, in conformità alle norme. E che la Procura di Milano è intervenuta congelando la nomina del nuovo consiglio d’amministrazione di Antonveneta ed esautorando il signor Fiorani". Mister Groenink, erano arrivati i "furbetti del quartierino". "Quartierino, quartierino. I don’t know quartierino. Ma I know mister Gnutti, lo conosco molto bene mister Gnutti, è stato uno dei firmatari del patto parasociale per Antonveneta. Era molto, molto contento che Abn Amro fosse un azionista importante di Antonveneta". Poi ha tradito? "Forse a un certo punto il signor Gnutti ha pensato che Antonveneta fosse un oggetto troppo interessante per lasciarla ad Abn Amro". E Ricucci, l’ex odontotecnico di Zagarolo, eroe dell’estate italiana? "Mai conosciuto". E il governatore Fazio? "Certo che l’ho conosciuto e per molti anni ho avuto il privilegio di essere in contatto con lui. Noi siamo stati schietti e anche lui è stato franco nell’illustrare i suoi progetti per il sistema bancario italiano". E poi? "Poi abbiamo concordato sul fatto di non essere d’accordo. Lui ha detto: "Io ho la mia agenda". Io gli ho risposto: "Governatore, sono disposto a muovermi secondo la sua agenda". Ma purtroppo negli ultimi mesi le nostre agende non si sono incontrate". Il punto di contrasto era l’"italianità" rivendicata da Fazio? "Riesco a comprendere che un paese voglia mantenere banche importanti nel proprio territorio e penso che Fazio e l’Italia non facciano eccezione. Per cui nutro simpatia per l’idea di mantenere industrie d’importanza cruciale in mani italiane. Ma allo stesso tempo dev’essere chiaro al governatore della Banca d’Italia e a tutti che l’integrazione a livello europeo di industrie e banche sta già avvenendo e continuerà in futuro, perché anche un mercato locale grande come l’Italia non sarà sufficiente per sopravvivere nell’arena internazionale. Un banchiere come Profumo e una banca come Unicredito l’hanno capito. I governatori, a loro volta, devono capire che non ha alcun senso mettere un freno a questo movimento, è controproducente per gli interessi nazionali. Il governatore della Banca d’Italia avrebbe tutto l’interesse ad avere banche internazionali molto forti nel proprio giardino". Se tentassero di scalare Abn Amro, cosa farebbe il governatore olandese nel suo giardino? "L’unica cosa che farebbe, sarebbe di valutare se l’eventuale acquirente è solido, gestito correttamente e in buono stato finanziario. E anche se forse personalmente gli potrebbe dispiacere che Abn Amro non fosse più in mani olandesi, non tenterebbe di ostacolarne l’acquisizione". Ma Fazio, mister Groenink, sembra temere che voi, già soci di Cesare Geronzi in Capitalia e ora padroni di una grande banca del Nordest, vogliate mangiarvi i gioielli del capitalismo italiano: Mediobanca, magari le Generali e la Rizzoli Corriere della sera. "... e poi, perché no?, tutta l’Italia. Magari poco a poco. Scusi se sorrido, ma devo confessare che Abn Amro non ha progetti così grandiosi. Non abbiamo nessuna intenzione di entrare nell’arena politica italiana, che per noi è un po’ ostica". In questa vicenda avete ricevuto pressioni da qualche leader politico italiano? "No, non conosco alcun leader politico italiano. La nostra cultura aziendale è diversa, vogliamo tenerci fuori da qualunque influenza politica, siamo un’impresa industriale, non politica, e in questa logica ci comportiamo in tutti i paesi in cui siamo presenti nel mondo". Lei lo sa, mister Groenink, che gli ambienti cattolici, il Vaticano e l’Opus Dei, difendendo il governatore Fazio, hanno evocato filoni laico-massonici del Nord Europa? "Credo che chiunque in un sistema democratico abbia il diritto di esprimere la propria opinione. Certamente questo vale anche per la Chiesa e per le sue istituzioni come l’Opus Dei. Ma questo non ci crea alcuna preoccupazione perché noi ci dobbiamo occupare dei clienti Antonveneta, del personale, del management, degli azionisti e delle autorità di controllo. La Chiesa può stare tranquilla, dire la loro è un diritto, ma non sta a me fare commenti". Sul caso Antonveneta c’è stata una forte partecipazione mediatica. Come lo spiega? "Abbiamo un buon progetto, per questo i media italiani sono stati disposti ad ascoltare le ragioni che ha portato in Italia il nostro uomo Francesco Spinelli. L’integrazione di Antonveneta nella famiglia Abn Amro avverrà in varie fasi. L’ultima che, ovviamente, non è ancora imminente prevede l’espansione della banca in tutto il territorio italiano". L’incubo del governatore Fazio, con i protestanti olandesi che dilagano nelle contrade cattoliche. "Scusi ancora se sorrido, ma il governatore Fazio può stare tranquillo". 27/09/2005 - 07:34

27/09/2005

Documento n.5093

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