Da La Sicilia. Intwervista al presidente Lannutti

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Da La Sicilia - lotta al carovita Il presidente dell’Adusbef, Elio Lanutti, disegna uno scenario buio dell’economia del Sud Giuseppe Bonaccorsi Il presidente nazionale dell’Adusbef (associazione difesa utenti bancari e finanziari), Elio Lanutti, ha partecipato sabato sera a Catania a un seguito incontro sul tema «Rispamio tradito, possiamo ancora fidarci delle banche?», organizzato dal presidente del Lions Mascalucia, Geo Condorelli. Gli abbiamo rivolto alcune domande. Presidente Lanutti in Sicilia il costo del denaro è in continua crescita. E’ possibile invertire la tendenza? «Nel Mezzogiorno gli istituti forti del nord hanno colonizzato le banche meridionali che erano funzionali al territorio e ai bisogni. Come Adusbef ci siamo sempre opposti. Si tratta di una situazione gravissima. Non è possibile che queste banche raccolgano denaro al sud per poi reinvestirlo al nord. Qualche tempo fa paradossalmente l’ex ministro per l’Economia, Tremonti, aveva fatto una proposta di legge per rifondare una banca meridionale, che noi valutiamo positivamente per l’economia della Sicilia e per far scendere i costi». L’Adusbef combatte da anni una guerra contro i "cartelli" bancari. «Oggi un conto corrente di 11 operazioni mensili, senza convenzione, costa 550 euro annui e con la custodia titoli raggiunge i 750. Poi ci sono ancora da conteggiare altri pedaggi feudali. L’Italia - continua Lanutti - è l’unico paese europeo dove per chiudere un conto bisogna pagare sino a 150 euro». Quali mezzi ha il cittadino per difendersi? «Al momento nessuno, perché non esiste la concorrenza. Nel nostro paese c’è una grande anomalia sorta con la legge 287/90, che ha assegnato (unico caso in Europa e nel mondo) le funzioni antitrust sugli istituti alla Banca d’Italia anzichè alla autorità garante alla concorrenza del mercato. Questo comporta un conflitto d’interesse. Perché la Banca d’Italia deve difendere la stabilità degli istituti e ciò avviene a discapito della concorrenza e della qualità dei servizi, incidendo sui costi che oggi, soprattutto in Sicilia, sono altissimi. Ma per combattere gli aumenti il cittadino siciliano non deve rassegnarsi a patire le ingiustizie. Deve reagire anche se spesso vengono emanate leggi, come quella sui rimborsi assicurativi, che lasciano poco spazio. Al sud, però, bisogna organizzarsi. Associarsi. Per non perdere la speranza. Insomma, bisogna battere i pugni sul tavolo per far valere i propri diritti...». In Sicilia le banche, le assicurazioni, le società di energia, i gruppi speculativi hanno impoverito ulteriormente il tessuto economico. Oggi numerose famiglie non arrivano a fine mese. «Si soffre in tutta Italia. Ma soprattutto al sud dove i redditi delle famiglie sono inferiori alla media nazionale. Nel nord la spesa mensile si aggira sui 2200-2500 euro. Al sud questa crolla a mille euro. E nel Meridione, la Sicilia è doppiamente penalizzata. Secondo l’Adusbef dovrebbe intervenire finalmente la politica, non per dare assistenza, ma per fornire le opportunità di crescita: infrastrutture, ricerca, innovazione, acqua, piuttosto che cattedrali nel deserto come il ponte sullo Stretto. Non abbiamo pregiudizi contro questa opera. Ma secondo noi prima vanno risolte le emergenze e poi si può pensare al Ponte». Il credito al consumo rastrella in Sicilia quel poco di ricchezza che c’è ancora... «Purtroppo è un fenomeno cresciuto a dismisura. So che in Sicilia la gente si indebita anche per acquistare pasta e pane. Ma bisogna stare attenti alle offerte dei supermercati, alla carte di credito a tassi di interesse stratosferici, perché c’è il rischio di non finire mai di pagare. Ai siciliani lancio l’appello a non indebitarsi perché possono finire in un regime di schiavitù finanziaria». Secondo lei cos’è che manca in Italia per calmare i prezzi? «Le regole. I controlli, le autorità indipendenti che servono a evitare i monopoli, lo strapotere di gruppi telefonici, dei “cartelli” elettrici, di quelli dell’energia. Ad esempio proprio in questi giorni il governo annuncia che vuole restituire denaro ai ceti medi. Cominci col rimborsare a tutti gli automobilisti 3,9 miliardi d’euro d’accise sui carburanti, che ha guadagnato in tre anni di aumenti. Si tratta di una sovrattassa speculativa enorme che "accende" l’inflazione reale e non quella virtuale dell’Istat». Parliamo del risparmio tradito. Anche a Catania ci sono tanti investitori di Parmalat, Argentina... «Il crak Parmalat - spiega Lanutti - ha bruciato venti miliardi di euro. Ma ci sono anche gli scandali Cirio, Argentina... Sono mancati i controlli. L’Adusbef ha alcune sentenze fresche dei tribunali che condannano le banche. Affermano che secondo regolamenti Consob gli istituti avevano il dovere di informare il cliente durante la gestione degli investimenti e non semplicemente fargli sottoscrivere le obbligazioni. Ora si apre la strada ai risarcimenti». Non teme che questi possano ripercuotersi ulteriormente sui costi bancari? «Le banche grazie agli aumenti hanno già messo "fieno in cascina" per far fronte alle eventuali uscite. Basta andare a vedere i bilanci. Oggi in Italia, in una congiuntura economica nerissima, le uniche aziende che fanno utili da capogiro sono istituti di credito e assicurazioni. Noi, per carità, non siamo contro queste crescite. Ma gli utili devono venire da comportamenti etici». Ritiene che sull’euro siano mancati i controlli? «Abbiamo calcolato che dall’avvento dell’euro, grazie alla mancanza di controlli, il 4% del pil (52 miliardi) dalle tasche dei consumatori è finito in quelle di coloro che fanno prezzi e tariffe. Però guai se non ci fosse stato l’euro. Dopo l’11 settembre saremmo stati peggio dell’Argentina».

11/04/2005

Documento n.2968

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