Da La Repubblica 815.5.05). Banche, l’Italia è la cenerentola

in Articoli e studi
Da La Repubblica del 15 aprile 2005. Banche, l’Italia è la cenerentola MILANO - Si è sempre detto, anche nelle polemiche di questi giorni, che le banche italiane sono comunque troppo piccole, e anche un po’ scassate. Adesso arriva il consueto studio annuale di R&S Mediobanca sui maggiori istituti di credito e, purtroppo, tutto viene confermato: le nostre banche sono piccole e scassate. Anche se si considerano solo gli istituti di credito europei, lasciando quindi da parte i colossi americani e giapponesi, si incontra la prima banca italiana al 28esimo posto: l’Intesa. Poi abbiamo l’Unicredito (32esimo posti) e il Sanpaolo Imi (35esimo posto). E’ già questi pochi numeri dovrebbero dare da pensare. Ma c’è di peggio. Il primo istituto europeo, l’UBS, conta un attivo di 890 miliardi di euro. L’Intesa, che è la più grande banca italiana, arriva soltanto a 260 miliardi di euro, cioè circa un terzo rispetto ai valori di Ubs. . Può essere curioso notare che Ubs per amministrare tutti quei soldi impiega 67 mila persone, l’Intesa 62 mila. E più scende nella classifica, più le cose peggiorano. Ma, dimensioni a parte, ci sono anche varie inefficienze. E qui l’elenco potrebbe essere quasi infinito. Possiamo limitarsi a tre brevi flash: 1- Gli utili netti in percentuale sui ricavi. Nel 2004 le principali banche europe hanno messi insieme utili medi pari al 22,4 per cento dei loro ricavi. In Italia le cose sono andate (e la cosa dura da moltissimi anni) assai meno bene. Se consideriamo solo i tre nostri maggiori istituti (Intesa, Uni credit e Sanpaolo) gli utili netti del 2004 sono stati pari al 19,3 per cento rispetto ai ricavi (contro il 22,4 medio europeo, quindi tre punti percentuali sotto). Se invece consideriamo i dodici maggiori istituti italiani, allora la media degli utili (in percentuale sui ricavi) scende al 14,7 per cento. Cioè quasi dieci punti meno rispetto alla media europea. E questo è un confronto da brividi. 2- I risultati (scadenti) appena visti non nascono dal vuoto, ma dalla cattiva amministrazione. In Europa, mediamente, i costi operativi delle banche sono pari al 59,1 per cento dei ricavi. Per i nostri tre maggiori istituti di credito si arriva al 61,1 per cento e per le nostre dodici maggiori banche si sale al 62,8 per cento. Anche qui ci sono quasi 4 punti percentuali di costi in più. 3- Ma la voce che dovrebbe destare addirittura del panico è l’ultima, e cioè quella relativa alle perdite su crediti in percentuale sui ricavi. La media europea (maggiori istituti) è di una perdita patrio al 6,7 per cento rispetto ai ricavi. In Italia, i nostri tre maggiori istituti registrano una perdita dell’8,5 per cento (due punti percentuali i più). Ma nell’insieme delle dodici maggiori banche italiane le perdite su crediti arrivano all’11,1 per cento dei ricavi. Poco meno del doppio di quanto si registra in Europa. Le banche italiane, insomma, sono piccoline, hanno costi troppo alti e sono anche molto disinvolte nel trovarsi i clienti (che poi non pagano, in misura quasi doppia rispetto alla media europea). Ma, benchè non brillantissime, le banche italiane possono espandersi o fare investimenti significativi? Mica tanto. Se consideriamo il capitale libero, cioè non ancora impegnato, rispetto alla provvista da clientela, vediamo che esso è pari all’1,8 per cento nelle banche europee. Al 6,6 per cento nelle banche americane e al 2 nelle banche giapponesi. In Italia le dodici maggiori banche hanno un “free capital” (cioè soldi disponibili per nuovi investimenti) addirittura negativo: hanno già speso tutto e di più. Fra i maggiori istituti, l’Intesa ha un free capital negativo, l’Unicredit arriva all’1 per cento e il Sanpaolo Imi all’1,1 per cento. In sostanza, le banche italiane non possono fare niente, nemmeno comprarsi una banchetta locale in Transilvania. Possono comprare qualcosa, ma senza strafare, Unicredit e Sanpaolo. Proprio le due banche che il governatore Fazio, nella sua infinita lungimiranza, nel 1999 ha bloccato, impedendo loro di crescere. 15/04/2005 - 08:43 Altre news Vai a Lettera Finanziaria

15/04/2005

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