COSTUME E DAGOSPIA: ONORE AL GRANDE UMBERTO PIZZI DA ZAGAROLO

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PIZZI & FICHI - "BERLUSCONI FOTOGRAFATO A VILLA CERTOSA PERCHÉ QUALCUNO LO HA TRADITO. IL PREMIER È BLINDATO, PER ARRIVARE A LUI ZAPPADU SI È FATTO AMICO I SERVIZI O QUALCHE COLLABORATORE DEL CAVALIERE" - "COME EBBE ORIGINE CAFONAL? DAL MORALISMO DELLA LEGA. usciti dal Parlamento, la sera si sbracavano nei night dove andavano a spupazzarsi la fanciulla di turno" - "i fotografi alla Corona Sono ricattatori, estorsori, fanno un altro mestiere" - E A PROPOSITO DI CLAUDIA PANDOLFI... Barbara Romano per "Libero" tratto da www.dagospia.it Umberto Pizzi ha il marciapiede incorporato. Ha trascorso oltre mezzo secolo spiando le vite degli altri sotto i lampioni, sopra gli alberi, dietro i cassonetti. E ha immortalato con feroce realismo il volto Cafonal della Roma godona, famelica e siliconata, sbattendolo ogni giorno sull'homepage di Dagospia, il sito gossip di Roberto D'Agostino, che ha appena compiuto dieci anni. «Dagospia è la "Bibbia" del giornalismo », a sentire Pizzi, «chiedete a Paolo Mieli se non è così». È stato D'Agostino a lanciare Pizzi o viceversa? «Io sono nato molto prima di lui. Negli anni Settanta ero una star nei giornali gossip americani». Umberto Pizzi E com'è nata l'associazione a delinquere Pizzi-Dago? «Mi chiamò lui dieci anni fa, quando abitava a via Condotti. Aveva appena aperto il sito e mi disse: "Senti, perché non mi dai un po' di foto del tuo archivio?". Quando entrai in questo monolocale sommerso di libri capii che finalmente avevo trovato il posto dove pubblicare le foto che ho sempre sognato di fare». I supercafoni? Pizzi e Dago vy Francesco Micheli - Copyright Pizzi «Io ho sempre voluto raccontare la gente non per come vuole apparire, ma per quella che è. Purtroppo, però, gli editori e i direttori dei giornali hanno sempre filtrato la realtà, facendo sparire gli aspetti più imbarazzanti ». Chi è il cafone che le ha dato l'ispirazione? VALERIA MARINI«La Lega. Mi rodeva troppo, quando andavo in Veneto, leggere i cartelli: "Fora i romani" e sentir dire "Roma ladrona". Questo moralismo proprio non lo reggevo, perché ‘sti capetti leghisti, usciti dal Parlamento, la sera si sbracavano nei night dove andavano a spupazzarsi la fanciulla di turno. Una volta beccai vecchi leghisti e forzitalioti al compleanno di una ragazza nel privé del Gilda. Fu tolta la torta, al suo posto misero la festeggiata e le versarono champagne in bocca. A un certo punto ho finito il rullino». Che sfiga. Claudia Pandolfi «"Fermi tutti", ho detto "devo cambiare pellicola". Ci fu un fermo immagine. E quando misi il nuovo rullo ripartì la bolgia. Lì capii che non bisognava più fotografare l'attricetta o la star, ma questo nuovo mondo che si andava schiudendo. Allora lavoravo per l'Espresso, insieme a Maria Laura Rodotà che curava la rubrica "La fiera delle vanità", ma c'erano solo quattro foto. D'Agostino mi ha dato la libertà e lo spazio per far vedere la vera faccia della gente». Avete trasformato l'alta società in un carnaio ributtante. Di chi è stata l'idea? x24 liz taylor laurence harvey 1972 «Il coraggio è stato di Roberto, si rischiava molto. Ma l'idea l'ho avuta io, me la portavo appresso dalla nascita. La famelicità dei vip che si tuffano nei buffet per addentare la carne mi ha fatto sempre ribrezzo ». Non sarà che li maltrattate così perché vi fanno invidia? «Io non posso invidiare una Valeria Marini che ogni sera va a prendersi il suo obolo alla presentazione della minchiata del momento. E poi vogliamo parlare di Claudia Pandolfi?». Parliamone. «Ma insomma, sei un'attrice! Ti fotografano per strada e tu ti metti a prendere a pugni il fotografo? ». gardnerava 01 Veramente è stato lui a romperle due costole. «La verità e che quel fotografo viveva nel terrore da quando aveva preso le legnate dai guardaspalle di Gigi D'Alessio. Quello che è successo a Mauro Terranova è lo specchio della società di oggi. Quando io seguivo Liz Taylor o Sophia Loren non avevano mica i gorilla dietro. Il problema, oggi, è che sono tutti voyeur». Non è la vostra fortuna? «Devo ancora scoprire se è una fortuna o una croce. E pure se lo scopro, non me ne frega niente, perché io con le foto della Pandolfi onestamente che ce faccio? Se la metti in mezzo ad altre dieci ragazze non sai manco più chi è. La Taylor, la Gardner invece le avresti riconosciute tra centomila. Le divette di oggi non spiccano perché non hanno un'allure, non hanno niente». Dalla "Dolce Vita" a "Cafonal". Grazie a voi nessuno avrà nostalgia dei nostri tempi. «Io spero che Cafonal sia anche un po' educativo. Che non sia una panacea ma una medicina, uno specchio in cui uno si guarda e dice: "Ma che cavolo sto a fa'". Ho rivisto a una festa la diva che aveva fatto impazzire l'uomo più ricco d'America. Quasi non la riconoscevo: un mostro!». fellini mastroianni via allo spogliarello Il nome. «Niente nomi. Qui è tutta una galleria degli orrori, un ritorno a Neanderthal». Farà rivoltare Federico Fellini nella tomba. «Non me ne pò fregà de meno. Anche perché Fellini non ha mai visto di buon occhio i fotografi. Il nostro problema oggi è che non ci sono più le dive di una volta». E neanche più i fotografi di una volta. Cos'è cambiato di più, il paparazzo o la società? «La società. C'è stato un cambiamento antropologico ». Non sarà anche il vostro obiettivo a essersi incafonito? silvio sircana trans lastampa 02 «Non sono così presuntuoso da ritenere di aver incafonito io la realtà. Io mio limito a guardarla. Semmai, si è imbarbarito il modo di guardare le foto. Quelle fatte a Silvio Sircana hanno distrutto un uomo e in quelle foto non c'era assolutamente niente. Ma attraverso di lui si voleva colpire Prodi. Il fotografo è diventato anche uno strumento di lotta politica ». Come giudica i fotografi alla Corona? «Quelli non sono fotografi. Sono ricattatori, estorsori, fanno un altro mestiere». I fotografi dei tempi della Dolce Vita avrebbero mai zoomato dentro un décolleté? «Erano i personaggi ad essere meno smaliziati. Oggi certe dive, quando vedono che le punto, fanno subito debordare le tette. La volgarità ce l'hanno nel Dna». Voi no? «I fotografi di oggi sono più raffinati di quelli della Dolce vita, che venivano dalla fame. Stavano alla stazione Termini a fare gli scatti ai turisti quando Edilio Rusconi, l'allora direttore di Oggi, disse: "Ragazzi, ma che state a fa' qua? Andate a via Veneto che ce so' gli attori e guadagnate in un giorno quello che qua fate in una settimana"». TREMONTI A chi darebbe l'Oscar della cafonaggine? «A nessuno, sennò gli altri si offendono». La star che non ha ancora paparazzato? «Non me ne frega più niente delle star. Il mio sogno è che mi sia concesso di trascorrere una settimana in Parlamento». È più cafona la destra o la sinistra? jagger mick01 «Io sono di sinistra. Ma la cafonaggine è bipartisan ». Il fondoschiena della baronessa Francesca Von Thyssen è diventato di dominio pubblico grazie a un suo scatto. Quanti altri lati B ha consegnato ai rotocalchi? «Ormai si consegnano da soli, dietro lauto compenso. Ecco perché io ce l'ho un po'con ‘ste starlette de noantri. Sono tutte prezzolate». Come ha fatto a beccare Giulio Tremonti che si scaccola? «Mi sono messo di punta perché l'avevo già visto infilarsi le dita nel naso». La smorfia di cui va più fiero? «L'espressione di D'Alema a un pre-congresso del Pd al Capranichetta mentre parla Veltroni. Della serie: "Ma che sta a dì..."». Gianni Agnelli e Monica Guarritore a Piazza di spagna Roma 1976 - Copyright Pizzi L'appostamento più lungo della sua vita? «Nel 1970, a Ferragosto, un giorno intero davanti alla casa di Amintore Fanfani all'Isola d'Elba per beccarlo con la fotografa che poi sarebbe diventata sua moglie: Maria Pia Fanfani. Solo una bottiglietta d'acqua e manco ‘na sigaretta perché sennò mi fiutavano i cani. Non feci nemmeno una foto. La buca più clamorosa della mia vita». L'appostamento più scomodo? «Su un pino mediterraneo, a Capri, per fotografare Liz Taylor con Richard Burton. Quella volta feci delle foto clamorose di loro due a bordo piscina che bevevano gin già alle nove e mezza di mattina. Lei in bichini con tutti i rotoli di grasso». Quante volte le ha prese? «Ho avuto solo un paio di incidenti. Le guardie del corpo di Mick Jagger mi fecero cadere e sbattere la testa contro la portiera di un taxi. La seconda litigata fu con le guardie del corpo di John Wayne Bobbit, quello evirato dalla moglie, che mi vennero addosso ». Il personaggio che ha fatto arrabbiare di più? MONTEZEMOLO jpeg «La Taylor mi chiamava "rubber face", faccia di gomma. Roman Polanski s'infuriò quando lo fotografai in via della Croce, a Roma, con una ragazza, subito dopo l'omicidio della moglie, Sharon Tate, nel 1969. Mi strappò la macchina dalle mani, ma io, che sono alto il doppio, gli diedi una sgrullata. Gerard Depardieu da giovane provò a darmi un pugno quando inseguii lui e Sylvia Kristel, l'attrice con cui flirtava mentre girava un film a Roma. Lo schivai e gliene diedi uno io in pieno naso. Lui se ne andò dicendomi: "Me la pagherai"». Chi l'ha pagata di più per non pubblicare una foto? «I giornali della famiglia Agnelli». Le foto più scandalose che ha fatto a Gianni Agnelli? «Feci un bel servizio a Piazza di Spagna su lui e Monica Guerritore, che era una delle sue preferite. Memorabili anche le sue foto con Rossana Podestà che era una delle "bonone" del momento. Erano vicini di villa all'Argentario.Manon uscirono perché me le pagò uno dei giornali degli Agnelli». VILLA CERTOSA di BERLUSCONI La chiamava l'Avvocato in persona per intimarle di non divulgare le sue foto? «Lui mai. Mi telefonò due, tre volte Montezemolo ». Vero che le offrì una cifra spropositata quando lei pizzicò Agnelli con la modella americana Ramona Ridge? «Sì, fu la terza volta che lo beccai: era all'uscita dal Jackie ‘O con questa sventola. Lui era furioso». Che le disse? «Niente. Ma lo vedevo che je usciva er fumo dar naso ». BERLUSCONI-VILLA CERTOSA Berlusconi le ha mai offerto soldi per non far pubblicare sue foto? «No. Una delle foto più belle l'ho fatta a lui, alla sfilata del 2 giugno, che si gratta i suoi "gioielli". Quella foto non mi è stata mai chiesta indietro». Ha fatto mai appostamenti a Villa Certosa? «No.Lì, o godi della complicità di qualcuno, oppure non passi». La complicità di chi? «Della gente che bazzica la villa, dei carabinieri, dei Servizi segreti...». Anche lei pensa che negli scatti di Antonello Zappadu ci sia lo zampino dell'Intelligence? «Certo, sennò non avrebbe potuto fotografare la villa indisturbato per un anno. Chi fa quelle foto è uno che conosce tutti gli spostamenti del premier, sa a chi rivolgersi». A chi? BERLUSCONI-CERTOSA «Ai Servizi, ma non solo. Anche all'entourage di Berlusconi, al cameriere, alla donna di servizio. Io ho potuto seguire per anni Stefano Casiraghi e Carolina di Monaco perché avevo una spia dentro il palazzo, che pagavo per dirmi vita, morte e miracoli di chi ci abitava». Lei ha mai potuto contare sulla complicità dei Servizi? «Io sono per sistemi più terra-terra. Quando negli anni Settanta mi appostavo all'Elefante Bianco, la villa della regina Giuliana d'Olanda, le dritte me le dava il fruttarolo di Porto Ercole». È vero che lei era una spia del Kgb? «Qualcuno ha voluto mettere in giro la voce che Umberto Pizzi fosse al soldo dei Servizi segreti sovietici. Ma se lavoro ancora a 73 anni, vor dì che è ‘na cazzata». E come mai nel dossier Mitrokhin lei figura tra le fonti confidenziali del Kgb? «E che ne so? Domandassero a chi l'ha scritto. Io sono sempre stato "compagno" e lo sono anche adesso. Ma filosovietico mai». Caroline Di Monaco da ragazza Compagno Walter: è il nome in codice con cui lei fu reclutato dai servizi di intelligence sovietici, come risulta dal Rapporto 116 del dossier Mitrokhin. «Ma se ai tempi seguivo solo le star... Forse ai Servizi segreti potevo interessare perché sono sempre stato uno che si infila dappertutto». L'hanno mai contattata i Servizi? «Solo una volta. A piazza del Popolo ricevetti una proposta da un carabiniere in borghese che, sapendo che giravo molto di notte, mi disse: "Ma perché non ci dici dov'è il giro di droga tra la gente importante?". Gli risposi: "Io faccio il fotografo, se possono pure prende er carbone, non me ne frega proprio niente"». È mai stato in Russia? «Mai. Ma mi piacerebbe andarci per fare un servizio "cafonal" anche lì. Sono stato a Praga, nel 1969, dove mi espulsero, dopo avermi tenuto una notte in gattabuia con mia moglie, perché mi ero messo a fare foto a piazza San Venceslao». Senza spie come avrebbe fatto ad andare sempre a colpo sicuro davanti a casa Angiolillo? mitrokhin 01 «Infatti c'erano molti delatori». Tra gli ospiti o la servitù? «Avevo promesso di rivelarlo a Maria Angiolillo se lei mi avesse raccontato la sua storia». Ha fatto in tempo a dirglielo prima che morisse? «No». USCITA DA STAR DI MARIA ANGIOLILLO - copyright Pizzi Non è che la gola profonda era proprio la Angiolillo? «Lei mi telefonava spesso. Ma il più delle volte erano gli ospiti stessi a darmi la soffiata. E lei, in fondo lo sapeva, perché man mano escludeva dalle cene quelli che sospettava». È mai riuscito a entrare in casa Angiolillo? «Solo una volta, per fare una foto a lei, ma quando ancora non facevo le dagospiate». Ora che non c'è più la Angiolillo, qual è il salotto più vipparolo di Roma? «Ce ne sono tanti. Uno dei più frequentati è quella di Ludovica Purini Rossi, ai Parioli. Lei è una signora abbastanza deliziosa, con un seno enorme, rifatto ovviamente. Potrebbe essere lei la nuova Angiolillo. Ma se la batte con Melania Rizzoli». Milano è meno godona perché non ci sono salotti o perché manca un Pizzi? «Milano? Ammazza se è godona! Di recente sono andato a fare un "cafonal" a una festa caprese vicino al Duomo, con Gabriella Dompè e tutte le altre sciure parruccone botulinate che sembrano tante vetrine di Cartier. Il cafone è nazionale. Dopo "Cafonal", il prossimo libro che pubblicheremo con Roberto a novembre sarà "Cafonal d'Italy". Ma la trilogia sarà completa quando faremo "Cafonal nel mondo"». Che rapporto c'è tra lei e D'Agostino? LUDOVICA PURINI ROSSI «All'inizio mi stava enormemente sulle palle. Adesso per me Roberto è come un fratello minore. Non minorato, eh?». Avete mai scazzato? «Tutti i giorni, perché è un burbero. Ma è uno che lavora dalla mattina alla sera ed è un uomo di grande profondità». Lei com'è diventato paparazzo? «Ero un figlio del popolo che doveva lottare tutti i giorni per mettere un pezzo di pane sotto i denti. Negli anni Cinquanta ebbi l'opportunità di accudire il proprietario dell'Hotel Ambasciatori Palace di Via Veneto, al quale avevano amputato una gamba. E io lo accompagnavo ovunque con le sue due Rolls Royce: una Phantom e una Silver Shadow». E come finì tra i beduini del deserto della Giordania e dell'Arabia Saudita? «Ero ben pagato, ma mi rompevo. Il fisioterapista del mio capo mi presentò ai pezzi grossi della Fao che mi proposero di partecipare ad alcuni progetti per i morti di fame del Medio Oriente. Ma dopo tre anni mi resi conto che stavo facendo anch'io la loro fine e me ne tornai a Roma non appena l'americana Picture Editor mi propose di fare il paparazzo. In sei mesi capii tutto e cominciai a guadagnare un botto». Quando andrà in pensione? «È una parola che non sopporto, perché per me la pensione è l'anticamera dell'eterno». Lei ha un archivio di 1.300.000 foto tutelato dal ministero dei Beni culturali. Quella di cui va più fiero? «Quella che farò domani».

11/05/2010

Documento n.8600

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