Corsera 10-7-09. L'Aquila, le regole e le banche recidive In attesa delle norme anti-crisi i big del credito ci riprovano. Di M. Mucchetti

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il commento L'Aquila, le regole e le banche recidive In attesa delle norme anti-crisi i big del credito ci riprovano I lavori del G8 per la riforma della finanza sono stati introdotti da una notizia non richiesta: Goldman Sachs e Barclays Capital stanno ricominciando con la finanza ad alto ritorno delle cartolarizzazioni. Le investment banks ci riprovano. Questa volta, giurano, sarà tutto a regola d'arte. E nel resto del mondo le banche commerciali potrebbero accodarsi. La tentazione di cospargere di dolce panna montata i bilanci, resi amari dalle perdite sui crediti inflitte dalla recessione, è nell’ordine delle cose. Le cartolarizzazioni, del resto, non sono sempre e comunque un male. Le persone per bene usano il coltello per tagliare la torta. I delinquenti per minacciare i malcapitati e derubarli. Cartolarizzare crediti o immobili può ben servire quando il rischio sia allocato in modo sostenibile e trasparente presso le mani adatte. Il punto è chi, quando e come giudicherà le nuove cartolarizzazioni. Nel 2006, una simile domanda sarebbe stata bollata come un'eresia inutile. La concorrenza internazionale, alla quale i mercati finanziari si erano aperti, avrebbe corretto gli eccessi e bocciato le proposte incongrue meglio di qualsiasi Autorità di emanazione politica più o meno diretta. Il pragmatico susseguirsi dei contratti tra privati si sarebbe rivelato più efficiente delle maglie strette del diritto, dettato dai parlamenti. La finanza over the counter era diventata un multiplo di quella regolata e vigilata. Nel 2006 quella domanda sarebbe stata improponibile, perché la privatizzazione dell'economia e delle relazioni sociali, motrice e conseguenza della globalizzazione contemporanea, aveva confinato l'etica nei comportamenti individuali e aveva riservato la cura dell'interesse generale alla politica, ma con l'esplicita riserva di ridurne l'area d'intervento e i poteri. Nel 2009, abbiamo imparato che l'autosufficienza dei mercati era un'illusione non innocente, alimentata da potenti quanto ristretti interessi; che a pagare il conto sono stati i contribuenti e non i beneficiari delle speculazioni; che il cittadino viene prima dell'homo oeconomicus, e non dopo. E allora la bontà delle varie Goldman e Barclays non dovrebbe valutarsi solo nell’esoterico confronto con le consorelle. I Global legal standards e i nuovi criteri contabili del Financial Stability Board promettono un cambiamento. Ma per definirli in concreto e poi adottarli ci vorrà tempo e fatica. Il G8 imprime una spinta, ufficialmente si dice. Il prossimo G20 ne darà un’ultra. Ma la cosiddetta innovazione finanziaria non si ferma ad aspettare. E così tocca agli Stati la responsabilità di organizzare comunque lo scrutinio. E gli Stati, avendo diversamente pagato il conto della crisi, sono tentati di fare da sé. Anche per predeterminare un governo globale più favorevole. Obama tenta la sua riforma. La Merkel vara le sue bad banks . E ciascuno dovrà poi tirare le conseguenze. L'Italia, per dire, ha un'opinione sul limite minimo del 5% del rischio che una banca americana potrà trattenere sui suoi conti nel cartolarizzare proprie attività? Se reputasse che sia meglio il 10% o il 15%, e non sarebbe follia, che farebbe quando una banca nazionale si riempisse di carta americana promettente certo, ma tanto rischiosa? In teoria, certe obbligazioni potrebbero essere semplicemente proibite perché non abbastanza leggibili e altre, leggibili, andrebbero classificate fra gli investimenti che assorbono alte quote di capitale così da limitare, se non scoraggiare, certi azzardi. E in pratica? Negli anni ruggenti della globalizzazione che, non dimentichiamolo, aveva nel dollaro la moneta di riserva e nella debt economy anglosassone il modello sociale di riferimento, la responsabilità del giudizio vero era infine delegata all'America. L’Europa si fece bastare le scuse dello scandaloso Chuck Prince dopo che Citicorp aveva manipolato i titoli pubblici di vari Paesi. L'Italia, ritenendo di aver subito un danno sui derivati venduti da Jp Morgan a Poste, si è limitata a un'interminabile causa al foro di Londra invece di escludere la banca sospettata da ogni affare con la pubblica amministrazione. Con le 12 tavole dell’etica, sarebbe andata diversamente? Se i governi rinunceranno a quell'abdicazione, avrà fine la globalizzazione imperiale. Ma solo i sognatori no global possono pensare che si torni indietro. Basta vedere com’è cambiato l’atteggiamento dell’Italia verso la Cina, ieri minaccia e oggi speranza. Tutti hanno ancora bisogno di tutti, e però quella che oggi sembra prendere corpo è una globalizzazione basata sul ruvido scambio delle merci più che sui fluidi magheggi della tecnofinanza. Una globalizzazione senza più un re è una globalizzazione fatalmente oligarchica— poliarchica, scrive Mario Draghi sull’ Osservatore romano per essere politicamente corretto — e come tale in bilico tra l’ambizione illuminista di un nuovo ordine e la realpolitik degli interessi che scivola verso una dieta polacca su scala planetaria. Massimo Mucchetti 10 luglio 2009

10/07/2009

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