BANCO DI SICILIA: PROFUMO AFFONDA NELLE ACQUE ITALIANE INFESTATE DI SQUALI

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TRATTO DA "DAGOSPIA" 1 - "FINANCIAL TIMES": "PROFUMO AFFONDA NELLE ACQUE ITALIANE INFESTATE DAGLI SQUALI” Lo scontro furibondo che è avvenuto ieri tra il presidente del Banco di Sicilia, Salvatore Mancuso (57 anni, nato a S. Agata Militello, quindi compaesano di Baudo) e il genovese Alessandro Profumo, il capo di Unicredit, non si può raccontare con la penna del giornalista perchè sconfina nella letteratura più alta, quella che attraverso scrittori come Tomasi di Lampedusa e Leonardo Sciascia, è riuscita a svelare l'anima della sicilianità. Per questa ragione la mossa di Mancuso che ieri mattina alle 11 ha riunito i quattro consiglieri della Regione e ha cacciato dalla direzione generale il banchiere di Saluzzo, Roberto Bertola (imposto da Profumo in agosto) è uno schiaffo che brucia sulla pelle del numero uno di Unicredit. Per raggiungere il numero legale Mancuso non ha esitato a collegarsi telefonicamente con la Patagonia dove si trova in vacanza l'amministratore delegato del Banco, Anselmi, e oggi spara cannonate in un'intervista sulla "Stampa" di Torino in difesa delle sue decisioni. "Si sa, io "sugno stortu", sono storto - dice Mancuso - e se c'è qualcosa che non mi va non ho paura di andare in fondo...anche Profumo era d'accordo con le nostre scelte. Se adesso se la prende è perchè secondo lui abbiamo commesso un reato di lesa maestà. Le voci sulla mia candidatura in politica sono spregevoli, e io non faccio il killer di Geronzi". Di fronte a queste dichiarazioni il commento di oggi di Paul Betts, l'editorialista del "Financial Times" (da sempre vicino a Matteo Arpe), è lapidario: "Profumo affonda nelle acque italiane infestate dagli squali - scrive il giornalista inglese con una chiara allusione al naufragio dell'amministratore delegato di Unicredit durante la sua vacanza nelle acque delle Maldive - l'acquisizione di Capitalia, sebbene abbia reso la sua banca più grande, rischia di rimpicciolire la reputazione di Profumo perchè è come se avesse stretto un patto faustiano con le negatività tipiche del sistema bancario italiano che aveva sempre tentato di fuggire". L'analisi è corretta, ma invece di evocare in questo scontro tra Nord europeo e Sud politicizzato, gli squali delle Maldive, sembra più appropriata una lettura di tipo letterario. A questo proposito le scene della guerra che si sta svolgendo tra Milano e Palermo sono le stesse che l'autore del Gattopardo ha descritto in modo magistrale nel suo capolavoro del 1957. Da una parte c'è un feudatario, il banchiere-principe di Salina, che rifiuta le lusinghe e gli onori in nome di un'indipendenza di sapore borbonico; dall'altra, c'è un uomo del Nord, nato a Genova, che dopo aver fatto il boyscout e la gavetta in Unicredit, ha conquistato le province di Capitalia che si estendono dalla Bipop di Brescia al Banco di Sicilia. E' molto probabile che quando nei mesi scorsi Profumo ha imposto al principe di Salina-Mancuso il suo direttore generale (nato a Saluzzo, Piemonte) e altri quattro dirigenti, il dialogo sia stato sin dall'inizio molto difficile. Probabilmente è avvenuto in una piccola stanza con ai muri alcune pernici imbalsamate, una libreria alta e stretta e una costellazione di miniature di famiglia dove al posto del ritratto di don Fabrizio e degli antenati del Principe, ci sono quelli di Gianfranco Miccichè, Renato Schifani e Totò Cuffaro. Alessandro Profumo si è seduto sulla grande poltrona come il cavaliere Aimone Chevalley di Monterzuolo, il piccolo burocrate piemontese e timido che arriva al Palazzo di Donnafugata con la sua valigetta di tela bigia per portare al Principe di Salina un'offerta di pace. "Adesso questo qui si immagina di venirmi a fare un grande onore - avrà pensato il 57enne Mancuso - a me che sono quel che sono, amico di Geronzi e nemico di Arpe, candidato del centrodestra (se Cuffaro dovesse dimettersi), e mi studia come un medico senza sapere che sono un uomo libero e indipendente". Il boyscout di Genova che ha scalato l'Est europeo non capisce il linguaggio del banchiere-principe di Salina che continua imperterrito: "noi siciliani siamo stati avvezzi da una lunghissima egemonia di governanti, che non parlavano la nostra lingua, a spaccare i capelli in quattro...siamo vecchi, caro Chevalley-Profumo, vecchissimi. Sono 25 secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi...il sonno, caro Alessandro, il sonno è ciò che i siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio...la nostra sensualità è desiderio di oblìo, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa...è tardi, caro Profumo, dobbiamo andare a vestirci per il pranzo. Debbo recitare per qualche ora la parte di un uomo civile". Così è andato - secondo Dagospia - il primo incontro tra Salvatore Mancuso di S. Agata Militello e Alessandro Profumo di Genova, uno scontro di culture e di civiltà dietro il quale si nascondono enormi interessi. I tempi della mediazione non ci sono più e anche il grande "facilitatore", Geronzi, non ha alcuna voglia di mettere le mani nel groviglio siciliano. Profumo potrebbe vendere la banca alla Regione e disfarsi di questo feudo sudista che come scrive oggi il "Financial Times" "rischia di rimpicciolire la sua reputazione". Non lo farà e in nome dei poteri che gli sono consentiti martedì prossimo caccerà il principe-banchiere di Palermo dalla sua poltrona. 2 – PASSERA UCCELLATO, TORNA A VOLARE MENGOZZI C'è un altro Miccichè di origini siciliane che vive ore di grande angoscia. E' Gaetano, fratello del deputato di Palermo che appoggia la battaglia di Salvatore Mancuso, e ricopre il ruolo di braccio destro di Corrado Passera in BancaIntesa. Anche la sua è una lotta disperata perchè la difesa di AirOne per l'Alitalia si sta riducendo al lumicino. Dopo aver sparato cannonate sul governo e in difesa dell'italianità, Corradino Passera si è nascosto dietro le quinte e il suo innamoramento per la compagnia di Carlo Toto e per l'italianità, lascia il posto al tentativo di creare intorno a Malpensa una Compagnia del Nord che soddisfi gli appetiti della Lega. E' inutile sottolineare l'incazzatura feroce di Abramo-Bazoli e Romano Prodi per le mosse incaute del 52enne Passera. E solo i vertici di BancaIntesa potrebbero dire qualcosa sui bilanci di AirOne e sull'esposizione della Banca nei confronti del costruttore di Chieti. In questo silenzio fragoroso si agita il povero Miccichè, mentre il capo di Air France Cyril Spinetta, ieri ha fatto il giro delle sette chiese, e nella suite dell'hotel Majestic di via Veneto ha mangiato un buon carpaccio sopra un "prato" di rughetta. Nel pellegrinaggio romano il manager francese era accompagnato da Francesco Mengozzi, un vecchio Iri-boy di 58 anni che adesso lavora per la banca d'affari Lehman Brothers. E' davvero curiosa la solerzia con cui Mengozzi si sta battendo per la soluzione Air France. Nel 2001 il Governo Amato e l'amico dell'Iri Enrico Micheli, lo hanno portato per mille giorni al vertice di Alitalia. La sua esperienza non è stata brillante anche se a sua discolpa ci furono gli attentati dell'11 settembre alle Twin Towers e la guerra in Iraq. Ma in quell'epoca Mengozzi concluse un accordo con la Compagnia di Parigi che portò allo scambio azionario del 2% e a una stretta amicizia con Cyril Spinetta. Da marzo a luglio dell'anno scorso è stato consulente di AirOne nella prima gara chiusa con un nulla di fatto. Poi in barba alle più elementari regole di etica finanziaria, si è rimesso sotto l'ala di AirFrance e dell'amico Spinetta per concepire un Piano industriale che prevede la metà degli esuberi rispetto a quello da lui stesso concepito nel 2001, quando la situazione di Alitalia era decisamente migliore di adesso. Qualcuno sostiene che il manager di Chiaravalle voglia tornare in vetta a quell'Alitalia dove fu cacciato cinque anni fa, e si porterebbe dietro come direttore della comunicazione il giornalista Gianni Dragoni del "Sole 24 Ore" che ogni settimana si attovaglia con Mengozzi, e che con i suoi pezzi ha causato molti mal di pancia al direttore del giornale Flebuccio De Bortoli. 3 – MONTEZEMOLONE: UN THINK-TANK ACCOMPAGNATO DA UN DRINK PER REALIZZARE UN DREAM Oggi la Roma del Palazzo e del Cafonal si è stretta intorno al presidente Napolitano per l'inaugurazione della grande mostra su Gianni Agnelli. A cinque anni dalla morte dell'Avvocato si aprono le sale del Vittoriano dove attraverso le immagini è possibile ripercorrere la vita del mitico presidente della Fiat. Nel parterre anche Luchino di Montezemolo, il personaggio al quale la Sacra Famiglia degli Agnelli ha dato il compito di rappresentare in modo fisico e ideale la continuità della dinastia. Per Montezemolone il modello dell'Avvocato è inavvicinabile e irripetibile, ma in qualche misura lui cerca con i gesti, lo stile e le parole di ripeterne la storia. In questo senso va interpretato l'annuncio che ha fatto ieri nella lunga intervista a Flebuccio De Bortoli sul "Sole 24 Ore" di costituire un think-tank per muoversi nella politica. Chi ha la memoria storica ricorda che all'inizio degli anni '60 l'Avvocato fece una scelta simile e diede vita alla Fondazione Agnelli che ancora vivacchia sulle rive del Po. L'idea originaria fu messa in piedi con l'aiuto di Vittorino Chiusano, Ubaldo Scassellati e di altri giovani pensatori. Poi la Fondazione prese a nuotare nella politica e combinò pasticci ideologici con Bartolo Ciccardini, Celso De Stefanis, Mariotto Segni e il prete-consigliori Gianni Baget-Bozzo. Il think-tank di Luchino ricorda molto quell'esperienza che fu creata con l'intento di dar vita a una lobby culturale in grado di condizionare il corso della politica democristiana e socialista. L'Avvocato non volle mai sporcarsi le mani con i partiti, li pagava e li disprezzava. Fu suo fratello Umberto nel 1976 a candidarsi senatore nelle file della Democrazia Cristiana, spinto dagli uomini della Fondazione Agnelli e aiutato proprio da Luchino di Montezemolo. Un'esperienza breve e infelice che l'attuale presidente della Fiat, Confindustria, Ferrari, Fondo Charme, Luiss, non ha intenzione di ripetere. Per adesso basta il think-tank accompagnato da un drink per realizzare un dream. Dagospia 10 Gennaio 2008

10/01/2008

Documento n.7069

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