BANCHE: TREMONTI NON CI E' SIMPATICO ! MEGLIO LUI CHE I BANCHIERI RAPINATORI LEGALIZZATI DAL PROFUMO DI PASSERA IN DOPPIOPETTO

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L NOSTRO MICHAEL MOORE AMMAZZA-CAPITALISMO NON è GRILLO MA GIULIETTO TREMONTI (TRATTO DA WWW.DAGOSPIA.IT) 1 - IL NOSTRO MICHAEL MOORE AMMAZZA-CAPITALISMO NON è GRILLO MA GIULIETTO TREMONTI Mentre il regista americano Michael Moore presentava all'Excelsior di Venezia il suo film di denuncia contro il capitalismo, a Villa d'Este sul lago di Como il ministro Giulietto Tremonti proiettava una pellicola quasi simile. In quello che la rivista "Forbes" ha definito a giugno il migliore albergo del mondo con le camere a 900 euro per notte, l'ex-tributarista di Sondrio ha lanciato un acuto contro le banche che nemmeno Maria Callas e Madonna (ospiti dell'albergo costruito nel 1873) avrebbero saputo fare. I giornali dicono che nella seduta a porte chiuse Giulietto avrebbe usato toni più morbidi di quelli che ha utilizzato davanti ai giornalisti, ma il desiderio un po' peccaminoso di stupire è rimasto nella testa di chi lo ha ascoltato durante i lavori del Meeting. La genialità è merce rara e Giulietto che ama il paradosso e non usa le perifrasi, ha voluto distribuirne a piene mani per chiudere in bellezza un'estate di chiacchiere che fino al Meeting di Rimini lo aveva visto taciturno. Davanti alle ragazze di "Comunione & Confusione" la parte del leone l'aveva fatta Corradino Passera parlando di 'shock positivo' e sfottendo la Banca del Sud e i Tremonti Bond. In quell'occasione Giulietto gli aveva risposto con una replica di stampo operaista che si concludeva con l'urlo: "salvate il popolo, non le banche!". Nei saloni di Villa d'Este, che appartiene alla famiglia brianzola dei Fontana (imprenditori del bullone che hanno come socio anche la banca di Corradino Passera) Giulietto ha alzato il tiro e da ieri è diventato un enigma. Sono in molti a chiedersi chi sia veramente quest'uomo e in quali radici affondi il suo retroterra culturale che intima il silenzio agli economisti e prende di petto le banche, cioè i templi del capitalismo. Definirlo populista è banale perché nella sua genialità non c'è spazio per questo ingrediente demagogico. E nemmeno si può definirlo un marziano anche se fa finta di dimenticare (come gli ricorda oggi su "Repubblica" il professore fighetto della Bocconi, Tito Boeri) che le grandi banche sono nate quando lui stava dietro la scrivania di Quintino Sella. Ieri a Cernobbio dove il cardinal Ruini si muoveva in modo un po' boffo (pardon, goffo) tra Franchino Bernabè, l'irriducibile Bernheim e Fulvio Conti leggermente ingrassato, qualcuno sussurrava sottovoce che Giulietto è semplicemente diventato marxista. A conferma di questa tesi c'era anche chi faceva circolare sottobanco le prime copie di un volumetto delizioso che uscirà nelle librerie il 23 settembre a cura di Vladimiro Giacchè, un giovane studioso laureato alla Normale di Pisa, che ha per titolo "Il capitalismo e la crisi". La sua opera ha spigolato tra gli scritti di Marx e ha scoperto che già nel 1857, un mese prima dello scoppio della grande crisi economica, i banchieri si congratulavano reciprocamente per l'andamento fiorente e sano degli affari. Dopo di lui il tiro al banchiere è diventato uno sport di massa e sulla loro avidità perfino un uomo misurato come Guido Rossi ha scritto nel marzo di quest'anno che "senza alcun controllo hanno spinto l'economia mondiale sull'orlo del più grande disastro degli ultimi decenni". No!, tutto si può dire di Giulietto, ma non che sia marxista, e anche se ha stordito con la sua arringa Alessandro Profumo e Corradino Passera, i due banchieri ex-McKinsey, il ministro dell'Economia ha fatto un'operazione semplicemente tattica. In pratica, attaccando prima gli economisti, poi gli uomini delle banche ha cercato due risultati. Il primo è quello di allinearsi, dopo tanti inutili moralismi sulle regole etiche, al vento che tira tra i colleghi europei e americani in materia di bonus, un tema di aria fritta che è stato messo nelle mani di Mario Draghi. Il secondo risultato Giulietto lo ha ottenuto spostando il tiro dal grande macigno del debito pubblico, il vero mostro che attraversa i mercati del mondo e sul quale Romano Prodi ha scritto sabato per il "Messaggero" un articolo eloquente. L'esplosione del debito è un problema mondiale che comporta tagli al welfare e l'impossibilità delle riforme. Giulietto non è un populista da tre soldi e nemmeno il Mago di Oz. Vive alla giornata come vivono tutti, con un pizzico di genio in più. Mentre papi-Silvio mette la mordacchia ai giornalisti, lui si dedica agli economisti e ai banchieri che scalciano per non essere messi sotto tutela. Anche questa è tattica.

07/09/2009

Documento n.8152

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